Autore: Redazione
06/07/2016

Cosa sono e in che modo funzionano gli ad server

L’analisi di Paolo Serra con vantaggi e svantaggi delle varie metodologie, inizia con Direct Orders e Programmatic Direct

Cosa sono e in che modo funzionano gli ad server

Il programmatic advertising è diventato un elemento imprescindibile per chi opera nell’industry della pubblicità digitale. E non solo in questa: l’ecosistema attorno all’advertising sta diventando sempre più complesso ma i dati e gli strumenti forniti da questa modalità di compravendita offrono una opportunità unica per aumentare la qualità della comunicazione, erogare annunci a target interessati, diminuire la dispersione e rendere così più efficienti le proprie campagne. Per questo DailyNet ha deciso di lanciare Paolommatic, la rubrica a cura dell’esperto sul tema Paolo Serra che indaga i vari trend del programmatic advertising. Buona lettura con il settimo episodio Cosa sono e in che modo funzionano gli ad server.   Clicca qui per leggere la prima uscita Cinque consigli per vincere nel programmatic video Clicca qui per leggere la seconda uscita Il futuro è nelle app con il programmatic mobile Clicca qui per leggere la terza uscita Programmatic, la risposta è cross device Clicca qui per leggere la quarta uscita DMP, quali servizi propongono e come si differenziano Clicca qui per leggere la quinta uscita Le Frodi adv nel Programmatic, una panoramica Clicca qui per leggere la sesta uscita Cos’è e come funziona il Cookie Syncing, la magia delle DMP    

Paolo Serra

Appassionato di nuove sfide per far crescere le imprese con l’obiettivo di contribuire ad aumentarne i ricavi. Si dedica al serach engine marketing dal 1999 lavorando con le principali agenzie internazionali. In seguito allarga le conoscenze al mondo del programmatic advertising diventandone uno dei maggiori esperti italiani tanto da aver aperto un sito dedicato all’argomento ormai punto di riferimento per tutti gli addetti ai lavori.    

Cosa sono e in che modo funzionano gli ad server

Articolo a cura di Paolo Serra
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Paolo Serra

Tradizionalmente, il processo di vendita dell’inventory da parte degli editori è sempre avvenuto in modo diretto. Negli ultimi anni a questo metodo si sono aggiunti sistemi automatizzati che sgravano l’editore dal cercare inserzionisti per gli spazi di minor interesse. Grazie all’avvento del programmatic, però, queste metodologie sono in procinto di diventare un ricordo del passato. Perché un editore dovrebbe cambiare? L’analisi nel dettaglio delle metodologie, con vantaggi e svantaggi, parte con Direct Orders e Programmatic Direct.

Direct Orders

“Gli ordini diretti”, come dice il nome, sono gli acquisti di spazi pubblicitari effettuati da un inserzionista direttamente dalla forza vendita di un editore. Circa il 50% della pubblicità sui giornali online a livello mondiale viene ancora transata così; di questi, la maggior parte sono ancora scambiati manualmente utilizzando il processo di “ordine di inserimento”. Un ordine di inserimento è un contratto tra l’inserzionista e l’editore. è il modo più antico di compravendita dei media online.

Benefici

1) Priorità ad serving: nella gerarchia della pubblicazione degli annunci, gli ordini diretti ricevono la massima priorità. Ciò significa che se un utente visita un sito, gli inserzionisti che passano attraverso i canali diretti verranno visualizzati per primi, consentendo ai loro annunci di aver maggior visibilità.

2) Inventario garantito: vendite e visibilità garantita sia per l’editore sia per l’inserzionista.

3) Maggiore personalizzazione e creatività: ci sono alcuni tipi di campagne creative (chiamiamoli “ad alto impatto”) che possono essere realizzate solo tramite ordini diretti.

4) Relazione umana: la vendita diretta ha ancora il fascino del rapporto umano uno-a-uno tra gli inserzionisti e gli editori. è la sensazione di sapere che non sei solo un numero, o una semplice transazione.

Svantaggi

1) Processo manuale: il flusso di lavoro necessario per realizzare una campagna in modo tradizionale richiede una grande quantità di lavoro d’ufficio. Numerose chiamate telefoniche, email, negoziazione contrattuale, lavoro amministrativo con fogli di calcolo, e tanto altro ancora. è un processo altamente inefficiente, sia operativamente sia economicamente. Per gli ordini diretti, un editore deve inserire manualmente la campagna nei server per ogni inserzionista con cui lavora, insieme a un mucchio di altre e diverse minuzie amministrative.

2) Targeting limitato: il target di pubblico è inevitabilmente abbastanza generico, con poche variabili, un sistema simile alla tv dove si spara nel mucchio.

3) Effetto massa: non essendoci una personalizzazione, la stessa pubblicità può essere vista e rivista fino alla noia e da persone non interessate, creando un effetto contrario a quello cercato.

4) Prezzi: i costi normalmente sono di gran lunga maggiori.

Gli ordini diretti sono preferiti dagli editori, ma sono altamente inefficienti per gli inserzionisti che quindi sono spinti a cercare altre soluzioni per valorizzare meglio il proprio investimento. Non è un caso che  negli ultimi anni gli editori abbiano progressivamente e costantemente perso volumi di vendita pubblicitaria.

Programmatic Direct

Sono “pacchetti” di inventory acquistati direttamente dall’editore. Si possono immaginare questi pacchetti, come ordini di inserimento pre-configurati. È essenzialmente un bypassare qualsiasi tipo di asta, o qualsiasi tipo di trattativa diretta con il venditore, e acquistare subito il prodotto (in questo caso, l’inventario dell’editore). Una volta acquistato il “pacchetto”, tramite API, la campagna viene configurata sul server dell’editore, il che significa che nessuna email, nessuna telefonata e nessuna configurazione manuale dovrà essere fatta.

Benefici

1) Processo automatizzato: il vantaggio principale per gli inserzionisti è l’aumento di efficienza. Con l’introduzione di un sistema automatizzato con il server dell’editore, il lavoro d’ufficio manuale è drasticamente ridotto, così come i costi operativi.

2) Il targeting migliora: un altro vantaggio nell’utilizzare questo sistema è la possibilità di affinare il targeting. Anche se il pacchetto creato dall’editore non è particolarmente dettagliato, le piattaforme che gestiscono il programmatic direct consentono di aumentare i parametri di targeting.

3) Priorità: come per gli ordini diretti tradizionali, anche a loro viene normalmente data priorità. Questo perché, l’editore ha quasi gli stessi vantaggi degli ordini diretti e con minor costi.

4) Volume inventario garantito: un altro vantaggio è la possibilità di garantire una quantità di visualizzazioni costante per l’inserzionista e una vendita sostenuta in termini di prezzi all’editore.

Svantaggi

1) Rapporto indipendente: con l’automazione del flusso di lavoro o del processo di acquisto e di vendita di ordini diretti, tramite una piattaforma terza, il rapporto tra inserzionista ed editore viene a mancare. Di conseguenza, c’è poco spazio per la negoziazione e la possibilità di avere una maggior creatività nelle campagne.

2) Adozione limitata: in questo momento, è una metodologia ancora poco usata.

3) Prezzi: anche se i prezzi sono più bassi degli ordini diretti, grazie alle efficienze operative, sono ancora significativamente più elevati rispetto alle aste RTB aperte.

Tutto sommato il programmatic direct è ancora un sistema troppo sbilanciato a favore degli editori e quindi rappresenta un ostacolo per ottimizzare gli investimenti da parte di un inserzionista.

Private Marketplace

Sono resi possibili dalla tecnologia OpenRTB, nota anche come "ID Deal", che consente all'editore di vendere la propria inventory non in un asta aperta a tutti, ma solo a degli inserzionisti selezionati tramite invito. Dato che l'ID Deal è una componente standard di tutte le SSP, gli editori che già ne hanno una possono sfruttare questa tecnologia senza dover introdurre un nuovo fornitore.

Nei private marketplace ci sono generalmente due tipi di offerte a cui un inserzionista può partecipare: private auctions e preferred deals. Un preferred deal è quando un singolo acquirente fa un accordo con un editore bypassando qualsiasi tipo di asta per battere la concorrenza, prima che l'asta venga aperta. Alcuni inserzionisti preferiscono questo tipo di acquisto per garantirsi visibilità e un prezzo fisso. Nel private auction invece si concorre con altri inserzionisti all'acquisto della stessa inventory, con tutto ciò che questo comporta.

Vantaggi

1) Inventory "Premium": per l'editore rappresenta un modo per valorizzare meglio i propri spazi premium sia in termini di prezzi sia come inserzionisti selezionati.

2) Targeting potente: Si può usare tutta la potenza delle campagne in programmatic con targeting e personalizzazioni forniti dalle DMP.

3) Relazione umana: per certi versi si mantiene un rapporto umano uno-a-uno fra inserzionisti ed editori, la costruzione di un tale rapporto può rivelarsi vantaggiosa nel tempo.

Svantaggi

1) Quasi-automatizzata: benché si eviti molto lavoro manuale, si ha però bisogno del contatto fra le parti per partecipare all'asta e negoziare.

2) Non garantito: un grave inconveniente è l'impossibilità di garantire realmente la prenotazione degli spazi dell'inventario in anticipo. Questo è dovuto al fatto che le campagne non vengono eseguite direttamente dal server dell'editore, ma dalla SSP. Di conseguenza, i volumi di impression non possono essere riservati.

3) Adozione limitata: proprio come nel programmatic direct, è una metodologia poco diffusa.

4) Prezzi: i prezzi sono più alti che nell'asta aperta, ma abbastanza ragionevoli, e avrebbe senso se gli editori utilizzassero di più questa modalità di vendita.

Grazie ai private marketplace, gli editori hanno un maggior grado di controllo sulla qualità degli inserzionisti che acquistano il loro inventario e possono non svendere gli spazi a prezzi stracciati, mentre gli inserzionisti possono godere dei vantaggi del programmatic.

Open Auction (RTB)

Come suggerisce il nome, l'open market è alimentato dal protocollo OpenRTB ed è stato il caso d'uso originale su cui è stato sviluppato lo standard. Permette agli editori di vendere l'invenduto in un'asta pubblica, dando accesso praticamente a qualsiasi inserzionista per fare delle offerte. Questo permette agli editori di tappare i buchi.

Il sistema si basa sul second-price auction, cioè il miglior offerente paga solo 0,01 dollari più del secondo più alto offerente. Questo crea un mercato molto efficiente, in quanto gli inserzionisti sono liberi di fare un'offerta, basandosi sui propri conti, e verificare se è sufficiente per superare le altre. Ma aggiunge anche una grande incertezza per tutte le parti, dal momento che molte cose diventano imprevedibili in un ambiente così dinamico. Molti editori per questo motivo collegano l'inventory venduta in questo modo agli spazi peggiori della pagina o come ultima scelta dell'ad server.

Vantaggi

1) Automazione completa: la forza dell'open market è che non richiede alcuna interazione umana per lanciare una campagna. Un inserzionista può creare e lanciare una campagna utilizzando una DSP e, salvo eventuali complicazioni tecniche, non avrà bisogno di parlare con un essere umano.

2) Massima reach: un'altra caratteristica è che si può raggiungere migliaia di editori con un solo click.

3) Targeting su dati: Si può sfruttare alla massima potenza il programmatic grazie alla più ampia possibilità di visibilità mai realizzata.

4) Prezzi: una delle differenze più notevoli tra RTB e altri sistemi è il passaggio da prezzi all'ingrosso (CPM) all'acquisto di singole impression (eCPM). Dal momento che gli inserzionisti pagano solo per le impression che corrispondono ai loro criteri specifici, come target di riferimento o spesa pubblicitaria, lo spreco è ridotto al minimo.

5) Altamente accessibile: nel mondo dei media buying, può essere difficile ottenere l'attenzione di un editore senza avere "peso" e tasche profonde. Con l’RTB, tuttavia, gli editori possono effettivamente soddisfare gli inserzionisti più piccoli, in sostanza, consentendo a quelli di tutte le dimensioni di partecipare all'acquisto della loro inventory.

Svantaggi

1) Nessun contatto umano: avere rapporti diretti con gli editori fa parte di una strategia vantaggiosa per molte aziende. Ma con RTB, non c'è praticamente alcun contatto tra l'inserzionista e l'editore.

2) Priorità più bassa: a causa del modo in cui la maggior parte degli editori implementano la tecnologia RTB nei loro ad serving, le campagne che vengono servite hanno quasi sempre la priorità più bassa.

3) Visibilità imprevedibile: avere la priorità più bassa ha un'altra conseguenza, quella dell’imprevedibilità. A causa della struttura dell'asta di RTB, vi è la possibilità di essere superati da un inserzionista concorrente o comunque che gli spazi siano occupati da pubblicità acquistate con altri sistemi che hanno una priorità maggiore.

Non c'è dubbio che l'asta aperta in open market sia stata una manna per gli inserzionisti negli ultimi anni, ma si porta dietro anche una bassa valorizzazione dell'inventory. Sarà la sfida del futuro saper combinare i vari sistemi per offrire il miglior servizio al giusto prezzo.