Il Chief Executive Officer dell’agenzia media che fa capo al gruppo Wpp commenta le tendenze che si stanno affermando nella industria della comunicazione a seguito dell’emergenza Covid-19
In linea con il nuovo posizionamento lanciato pochi giorni fa, nello spirito della “Positive Provocation” Wavemaker continua a sollecitare i propri clienti a non lasciare un posto vuoto nella memoria dei consumatori rallentando troppo, o magari cancellando investimenti in comunicazione in questo periodo di emergenza da coronavirus. «È vero che ogni crisi è diversa dall’altra - commenta il Chief Executive Officer Luca Vergani – ma in tutte le congiunture di questo genere i brand che sono riusciti a mantenere la pressione pubblicitaria nel momento della ripartenza hanno guadagnato quote». L’agenzia media che fa capo al gruppo WPP è vicina ai propri clienti mettendo a disposizione tutti gli strumenti e gli studi «in modo da provocare opportunità di business - continua Vergani -, sempre nel rispetto della sensibilità del consumatore» che in questo momento è, ovviamente, molto sensibile.
Il nuovo consumatore
Una delle priorità delle aziende è capire come sta evolvendo il consumatore: «Un dato importante è l’esplosione delle audience televisive e in generale di tutte le piattaforme video, mercato in cui si registra anche il lancio di Disney+, con un incremento dell’ascolto giornaliero del 20-25% che nel caso dei bambini sale al 40%. Inoltre, si sono create delle opportunità con l’affermarsi di nuove forme di socialità come le cene e gli aperitivi in video chat e la ginnastica online. Una delle “provocazioni” che stiamo suggerendo è proprio quella di provare a creare delle occasioni di comunicazione legate a queste nuove abitudini. Quello che conta, però, è essere molto coerenti, in primo luogo con il messaggio che si è sempre trasmesso, in secondo luogo con lo spirito del momento contingente. «I consumatori – continua Vergani - si aspettano che i brand si comportino in maniera pertinente. Sono talmente consapevoli delle regole del gioco da rendersi subito conto se un’azienda sta portando avanti pratiche consuete o invece sta approfittando della situazione per cambiare tono di voce, il che si trasformerebbe immediatamente in un boomerang».
Come cambia il tono di voce
Ci sono dei marchi che si stanno rapidamente adattando alla situazione, «ma c’è un’oggettiva difficoltà ad andare in onda in questo momento, per alcuni settori comunicare può essere un problema. Per esempio, se si tratta di prodotti che hanno a che fare con la vita all’aria aperta è complicato capire come parlare al consumatore costretto a stare in casa senza provocare una reazione negativa». Alcune campagne sono state fermate anche perché il materiale creativo non è più utilizzabile nelle circostanze attuali: «Tante creatività dovranno essere riviste in funzione della mutata sensibilità dei consumatori e anche delle condizioni in cui viviamo. Questo è uno dei grandi temi che dovremo affrontare nel momento della ripresa, anche perché il processo di normalizzazione della vita sociale sarà progressivo, non torneremo a uscire di punto in bianco e non potremo mostrare immagini distoniche con la realtà». Con il digitale i brand più flessibili possono attivare comunicazioni coerenti, lo fanno per esempio i marchi di beverage e in particolare la birra. L’automotive, a parte chi ha già in corso comunicazioni legate alla sostenibilità o a tematiche sociali, fa più fatica: «Hyundai ha lanciato una campagna in cui invita a configurare online l’auto che comprerà in futuro. Un’idea interessante di cui però a noi mancano i dati sulla conversione effettiva in acquisti, non essendo nostro cliente».
La reazione degli investitori
Intanto, le aziende hanno cominciato a tirare i remi in barca. «Nella prima fase, ancora prima del lockdown, settori come il lusso e i viaggi hanno tagliato da subito i budget di comunicazione. Poi in questa direzione anche l’automotive, a parte chi ha lanciato campagne valoriali come quella di Bmw con Alex Zanardi (#InsiemePerRipartire, ndr) o Toyota con “Unbreakable”, e il retail, tranne chi ha servizi di ecommerce funzionanti». Chi corre invece sono la grande distribuzione, il largo consumo, finanza, banche e assicurazioni sia con campagne di prodotto, sia con comunicazioni che riguardano iniziative sociali o donazioni. Sul fronte dei mezzi «si sono rafforzati video e digitale che erano già una caratteristica del nostro mercato, nel momento della ripresa. Mi aspetto che quando potremo circolare più liberamente staremo più all’aperto e in quel momento le affissioni potranno entrare in gioco con un ruolo importante, magari con campagne in real time e addressable».
Prospettive per i prossimi mesi
Sulle reali prospettive per il mercato è prematuro sbilanciarsi, viste anche le incertezze sui tempi per una seppur progressiva ripresa delle attività. «Il mondo della comunicazione viene toccato pesantemente. Con la riduzione delle entrate è necessario ridurre le uscite e una delle prime spese che vengono ritoccate sono quelle in comunicazione. Stiamo inoltre assistendo all’azzeramento di molte attività, per esempio gli eventi, tra cui appuntamenti importanti che iniziano a venire annullati tipo il Salone del Mobile, e non è pensabile recuperare il tempo perduto nei mesi autunnali» anche al netto di eventuali problemi di salute pubblica che probabilmente dovranno ancora essere risolti. «Alla luce di questa situazione – conclude Vergani – forme di aiuto al nostro settore si renderanno necessarie».