Il CEO della centrale di GroupM ne ha delineato ieri i risultati e le prospettive, legate alla consulenza in area content, tech e dell’e-commerce che, ormai, “pesano” per il 50% sul totale delle revenues
In un mercato dei media che, al di là dei decimali, è in continua contrazione, Wavemaker si appresta a chiudere in positivo il 2019, con una crescita, sul fronte delle revenues, del 5% rispetto al 2018. Lo ha detto ieri il CEO della centrale di GroupM, Luca Vergani, in occasione di un incontro con i giornalisti. A livello di amministrato, la sigla dovrebbe sempre essere leader di mercato (nel 2018, RECMA l’ha accreditata di un gestito di 1,776 miliardi di euro, pari al 18,3% di market share), ma lo stesso Vergani ha fatto capire che quello del billing è un parametro ormai abbastanza relativo o, comunque, sempre più parziale, per capire lo stato di salute di una struttura che, ormai, unisce sempre di più le attività “tradizionali” di planning e buying a quelle di erogazione di servizi a valore aggiunto che, almeno per quanto riguarda appunto Wavemaker, la posizionano sempre di più come società di consulenza in un’area, del media, in via di continuo allargamento. Restando al billing, la sigla sconta la perdita di Vodafone, anche se, con acquisizioni e gare vinte, ha comunque recuperato metà dell’investimento della compagnia telefonica, pari a una settantina di milioni, che non gestisce più. Tra gli ultimi nuovi clienti acquisiti e che ancora non erano stati ufficializzati, ci sono Febal Casa, che si può stimare spenda circa 4 milioni di euro, BacktoWork24, la piattaforma di equity crowdfunding che favorisce l’investimento in startup, pmi e progetti real estate da parte di investitori privati e professionali, e Imetec, che si può stimare investa 1,5 milioni di euro.
Approccio consulenziale
Ma proprio la gestione del brand di Tenacta è funzionale a Vergani per dire come un cliente, che non fa grandi investimenti, sia poi comunque importante per la centrale per tutti i servizi aggiuntivi che le vengono richiesti e che vengono remunerati in logica consulenziale. «L’apporto di questi servizi sul totale dei nostri ricavi è ormai del 50% e, a tendere, crescerà ulteriormente – dice -anche perché le attività di media classiche non solo risentono dei tagli ai budget, significativamente quest’anno da parte delle tlc ma, anche, delle conseguenze delle tantissime gare indette dai big player del mercato in una logica sempre più di saving e, quindi, contraria alla qualità, determinata dalla gestione che di esse fanno gli uffici di procurement. Una “moda” che ci auguriamo faccia il suo ciclo, anche se conferma la tendenza alla “commoditizzazione” del planning, e che si affianca alla riscoperta della gestione in-house delle pianificazioni, sulla cui costruzione per altro paradossalmente talvolta siamo noi stessi a fornire una consulenza strategica alle aziende; e, infine, al sempre più frequente utilizzo degli advisor, che pongono il problema di “chi controlla il controllore” e, al di là di questo, ci inducono spesso a “normalizzare” le pianificazioni per non esporci a contestazioni su break con costi per grp’s troppo alti, con l’effetto di ridurre l’efficienza della tv in termini di ROI. Tra l’altro, i grossi spender fanno gare di default ogni 3 anni, il che vuol dire che quasi un terzo delle nostre risorse è assorbito dai pitch, a ovvio discapito della qualità che eroghiamo, con la conseguenza che capita sempre più spesso che decidiamo di non parteciparvi».
Le gare
Proprio oggi tra l’altro, UNA, UPA e FCP presentano il loro documento sulle gare media e, a titolo del tutto personale, Vergani auspica non solo che vengano suggerite delle regole condivise ma che, soprattutto, si cerchi di fare qualcosa per farle rispettare, così come va chiarito il ruolo degli advisor. Da parte sua, Wavemaker preferisce semmai aderire a iniziative come gli “Innovation Days” del Sole 24 Ore per contattare direttamente sul territorio le PMI. Del resto, Wavemaker opera attraverso 5 sedi ed è già molto orientata a coltivare la crescita degli investitori più piccoli che, però, possono avvalersi dei citati servizi a valore aggiunto che la centrale eroga per crescere nel loro business. Non a caso, la sigla di GroupM non riesce nemmeno ad adeguare le proprie risorse – già attualmente 60 su un totale di 400 – alla crescente richiesta nelle aree content e tech, dove ci sono già una quindicina di talenti dedicati a siti, data visualization e, ora, anche CRM ed ecommerce: partecipando spesso a gare specifiche o acquisendo clienti e incarichi solo per queste competenze. «La tendenza di fondo da parte delle aziende - conclude per altro sempre Vergani - è comunque quella di “semplificare la complessità” e avere un unico interlocutore su quelle che sono le nostre aree di competenza. Talvolta anche avvalendosi di nostri talenti al loro interno, ciò che ci pone problemi di formazione ma che ha il vantaggio di fidelizzare i clienti: in ogni caso, il pensiero strategico è da sempre un nostro plus, alimentato da un reparto forte di una trentina di talenti che, spesso, vanno in gara anche con gli Istituti di Ricerca».