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Stati Uniti: ricavi editoriali da piattaforme terze al 14% di quelli totali

Autore: Redazione


A confermarlo è uno studio di DCN condotto su alcuni dei suoi premium publisher, tra cui Bloomberg , Financial Times e NYT: YouTube la più remunerativa, ma i costi sono troppo alti. E non ci sono ancora sufficienti e adeguate soluzioni per monetizzare la presenza esterna

Sono ormai sempre di più gli editori che hanno adottato un approccio multi-piattaforma, veicolando i propri contenuti all’interno di piattaforme terze come Facebook, Google e Snapchat. Tuttavia questa modalità non sarebbe sufficientemente remunerativa: secondo uno studio di Digital Content Next (DCN), nel corso dei primi sei mesi dell’anno passato 17 dei suoi publisher hanno generato ricavi ‘medi’ per 7,7 milioni di dollari dalla voce “piattaforme terze”, il 14% di quanto sono riusciti a portare a casa. E il rapporto con queste piattaforme è ambivalente: se, infatti, YouTube è riuscito a mettere in piedi un sistema in grado di accontentare i creators, spesso su Facebook e Snapchat gli editori non hanno trovato modelli soddisfacenti.

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Editori davanti a una dicotomia

Certo, prodotti come Accelerated Mobile Pages, Instant Articles o la sezione Discover di Snapchat consentono di allargare il proprio bacino di utenti, eppure la cessione di parte degli introiti è un’ulteriore questione da affrontare per gli editori di oggi. Secondo Business Insider, che è riuscita a ottenere una copia di questo report condotto per utilizzo interno, gli editori si trovano davanti a una dicotomia: da una parte l’obbligo di essere presenti all’esterno, entrando in contatto con il proprio pubblico e stimolandolo a visitare il proprio sito o iscriversi a una newsletter; dall’altra la cessione del pieno controllo della monetizzazione e soprattutto dei dati di comportamento, utili per potenziare i propri sistemi di targeting.

Come riflesso dell’attuale soluzione troviamo un comparto editoriale in sofferenza non solo sulla carta stampata, ma anche su internet. In America nei primi sei mesi dell’anno scorso Facebook (+43%) e Google (+60%) hanno portato a casa rispettivamente 5,7 e 17,4 miliardi di dollari mentre il giro d’affari riconducibile alla restante raccolta pubblicitaria è calato da 9,9 a 9,7 miliardi (fonte PWC per IAB).

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La situazione nel BelPaese

Nel nostro Paese, la presenza di Facebook e Google ha addirittura un’influenza positiva sul mercato pubblicitario nel suo complesso, e non solo in quello internet che, relativamente al perimetro monitorato da FCP-Assointernet, negli undici mesi ha registrato una contrazione della spesa del 2,5% a circa 406 milioni. In Italia le entrate mobile delle concessionarie di FCP-Assointernet si attestano attorno ai 38 milioni di euro, con un balzo in avanti del 110%. Considerando le stime social e search di Nielsen, il -2,5% si ribalta e si trasforma in un + 8,2%. L’impressione è che nel breve periodo non sia possibile contrastare il duopolio di Facebook e Google, specialmente quando si parla di mobile, il media in cui le audience trascorrono la maggior parte del tempo.

YouTube è la piattaforma più remunerativa

Tornando allo studio, risulta particolarmente interessante osservare le performance di ogni singola piattaforma. In testa si piazza YouTube, che nella prima metà del 2016 è valso 773mia dollari per ciascun premium publisher. Seguono Facebook, con una media di 560mila dollari, Twitter (482mila) e Snapchat (192mila). L’analisi è stata commissionata da DCN a Powers Media & Entertainment Consulting per raccogliere informazioni dai suoi  membri, tra cui Bloomberg, Business Insider, ESPN, Financial Times, NBC, New York Times e Washington Post, con l’obiettivo di fare chiarezza sulle strategie di monetizzazione dei contenuti su piattaforme terze. E non contiene informazioni finanziare relative al singolo editore ma soltanto delle stime “medie” per ciascuna delle realtà esaminate. Il report è stato condotto per uso interno, ma Bloomberg e Business Insider sono riusciti a ottenerne una copia.

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Monetizzazione insufficiente

In sintesi, l’indagine indica che, nonostante la gran parte dei publisher sia impegnata a rafforzare la propria presenza al di fuori del proprio sito, le piattaforme di distribuzione spesso non forniscono sufficienti possibilità di monetizzazione per coprire la produzione degli stessi contenuti di qualità di cui hanno bisogno per avere credibilità e successo tra utenti e inserzionisti. E anche il tema del coinvolgimento del pubblico è cambiato: le piattaforme terze fanno da ponte e disintermediano i rapporti con l’audience.

Il report ha individuato, poi, le criticità più importanti da affrontare in ciascuna piattaforma

  • Facebook non offre prodotti pubblicitari video per le televisioni né l’abilità di integrare le capacità di ad serving e strumenti di misurazione di terze parti. Stando a voci sempre più insistenti la società dovrebbe presto aprire ai mid-roll, permettendo a publisher e creators un ritorno sugli investimenti nella produzione di contenuti. Contenuti che però dovranno essere più lunghi e quindi ancora più impegnativi da impacchettare e servire all’enorme platea del social. Il discorso è valido anche per Facebook Live, ancora impossibile da monetizzare se non attraverso gli attuali e ristretti test. A Live viene anche contestato di non creare larghe audience in concomitanza dei grandi eventi.
  • Instant Articles ha diverse restrizioni sul numero e la tipologia di annunci, regole più severe rispetto ai siti proprietari, dove si guadagna naturalmente di più e si raccolgono più informazioni sull’audience. Inoltre Instant Articles è stato oggetto di alcuni degli errori di misurazione riscontrati nei sistemi di reportistica di Facebook.
  • Bisogna riconoscere che Facebook è stata l’azienda che negli ultimi mesi ha provato a stringere legami più solidi con il mondo editoriale. Prova ne sono la nomina di Campbell Brown a head of news partnerships e gli sforzi nello sperimentare possibilità come i mid-roll. Anche sul campo delle bufale, Facebook ha intrapreso le prime importanti azioni, aprendo a sistemi di verifica esterni e impegnandosi a segnalare con tempestività le notizie false.
  • Google AMP sta guadagnando il favore degli editori della carta stampata, ma non è terreno fertile per i broadcaster. Il motore di ricerca, tra tensioni e veri e propri scontri con l’ecosistema media, ha finanziato progetti editoriali anche italiani attraverso Digital News Initiative. Il problema delle bufale ha riguardato anche Google, che dal giorno dell’elezione di Trump, ha bannato circa 200 siti dal proprio network pubblicitario.
  • Sempre in casa Big G, YouTube sta rafforzando le relazioni con agenzie creative, brand e influencer ed è attiva nell’elevare la qualità dei contenuti. Nonostante ciò, in passato il rapporto con i partner si è complicato in materia di monetizzazione.
  • Twitter non ha avuto un 2016 semplice. La società ha perso quota in Borsa e anche il programma Amplify non è riuscito a dare i risultati sperati. Negli Stati Uniti, però, l’uccellino ha ampliato la soluzione introducendo la possibilità di transare inventory preroll in programmatic con oltre 300 partner.
  • Infine Snapchat ha recentemente introdotto alcuni publisher francesi a bordo di Discover e rinnovato le linee guida in ottica restrittiva in tema di contenuti espliciti e di bufale. Ma per gli editori non c’è controllo nel processo di monetizzazione: Snapchat è passata da un modello revenue share a un altro prestabilito su licenza. E sul breve termine la remunerazione degli investimenti sull’app sembra non essere esaustiva.

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incarichi e gare

Autore: Redazione - 24/04/2024


KFC Italia sceglie KIWI come nuovo partner per la gestione dei social

Si arricchisce di una collaborazione di grande valore il 2024 di KIWI che, a partire da questo mese, è ufficialmente il nuovo partner per la gestione dei canali social di Kentucky Fried Chicken Italia, l’iconica e leggendaria catena di fast food specializzata in pollo fritto. La unit di Uniting Group, scelta da KFC a seguito di una gara, assume l’ownership dei canali Meta (Facebook e Instagram, con l’obiettivo di aprire anche Threads), LinkedIn e TikTok del brand. “La vittoria parte innanzitutto da una ricerca approfondita sul tone of voice. Abbiamo identificato nell’autenticità, nella schiettezza e nella boldness, che da sempre appartengono al brand, degli ottimi punti di partenza per rivolgerci alla GenZ e ai Millennial che sono il pubblico per eccellenza di KFC. Si tratta di un brand unico e amatissimo in tutto il mondo, con un prodotto e degli asset di comunicazione inconfondibili e potenzialità social ancora parzialmente inespresse in Italia”, afferma Andrea Stanich, Direttore Creativo Esecutivo di KIWI, Part of Uniting Group.  La strategia L’attenzione di KIWI sarà molto concentrata sulla crescita e sul coinvolgimento sempre maggiore della community. Anche i lanci, le promo, le aperture, i servizi e le innovazioni tecnologiche saranno comunicate senza perdere di vista l’intrattenimento. Una gestione del community management informale e diretta contribuirà ad alimentare il dialogo quotidiano con gli utenti. “Una parte rilevante del piano social di KFC - prosegue Federica Pasqual, COO di KIWI e Freshhh, Part of Uniting Group - sarà costituita da contenuti video originali agili e veloci, che ci piace definire ‘snackable’. Oggi più che mai è fondamentale affiancare i nostri brand partner intercettando le opportunità di comunicazione e i trend in modo istantaneo; questo, nel day by day, viene facilitato dalla collaborazione con la unit Freshhh, nata inizialmente come spin-off di KIWI, realtà che può contare, dall’ultimo quarter del 2023, su uno spazio produttivo dedicato”.  Dieci anni di pollo fritto in Italia KFC, società del gruppo Yum! Brands, è leader mondiale nel settore dei ristoranti che servono pollo fritto. Nato oltre 70 anni fa e presente in Italia da 10 anni, il brand ha avuto nel nostro Paese una crescita che l’ha portato oggi a 87 ristoranti in 15 regioni, con l’obiettivo di arrivare a 100 locali entro la fine dell’anno. Il gusto unico del pollo fritto di KFC si deve al Colonnello Sanders, fondatore del brand e inventore dell’Original Recipe, la ricetta che contiene un inimitabile mix segreto di erbe e spezie e che ancora oggi viene preparata come una volta nei ristoranti di Kentucky Fried Chicken. “Cercare ogni giorno di costruire una relazione sincera e coinvolgente con il nostro target di riferimento rappresenta uno degli obiettivi principali per i prossimi anni, forse la chiamerei una missione. La GenZ è la nostra audience, vogliamo rivolgerci loro in maniera diretta e convincente - afferma Marzia Farè, Chief Marketing Officer di KFC in Italia -. La scelta dei temi, dei canali, del linguaggio e il tono di voce da adottare diventano pertanto ogni giorno più cruciali; vorremmo esser riconosciuti come contemporanei e autentici e credo che la collaborazione con KIWI possa davvero esser l’occasione giusta per far un passo ulteriore di crescita in questa direzione. Il team KIWI che ci affiancherà è pieno di energia e voglia di fare, abbiamo le premesse migliori per far bene e divertirci”.

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spot

Autore: V Parazzoli - 09/04/2024


Lorenzo Marini Group firma “Il divino quotidiano” di Amica Chips, con una versione più “rispettosa” in tv e una più trasgressiva sui social

È on air la nuova campagna tv Amica Chips, realizzata, dopo aver vinto la relativa gara, da Lorenzo Marini Group, che propone una comunicazione fuori dagli schemi tradizionali con un linguaggio ironico, forte e trasgressivo, destinato a colpire un target giovane non abituato a messaggi “televisivi tradizionali” ma a stilemi narrativi social. Non a caso, dello spot sono state approntate una versione più “provocante” appunto per i social e una più rispettosa di un target tradizionale per la tv, con planning sempre di Media Club. Il film Le protagoniste dello spot sono delle novizie, riprese in fila sotto al chiostro del monastero mentre si apprestano ad entrare in chiesa. In sottofondo si sente la musica dell’“Ave Maria” di Schubert, eseguita con l’organo che accompagna questo ingresso. Le novizie sono in fila verso l’altare e la prima sta per ricevere la comunione dal prete celebrante…In quel momento si sente il suono della croccantezza della patatina, un “crunch” amplificato in perfetto sincrono con il momento in cui la prima novizia ha ricevuto l’ostia. Le altre in fila, al sentire il “crunch”, sorridono divertite e guardano nella direzione da cui proviene il rumore “appetitoso e goloso” della patatina croccante. La Madre Superiora infatti è seduta in sagrestia e, rilassata in un momento di pausa, sta mangiando con gusto le Amica Chips prendendole da un sacchetto che tiene in mano. Pack shot con le patatine Amica Chips e in super appaiono logo e claim di campagna “Il divino quotidiano”. Obiettivi e target L’obiettivo principale della comunicazione è quello di riaffermare il ruolo da protagonista di Amica Chips in comunicazione, da sempre protagonista di campagne forti e distintive con un tono da leader, per aumentare la percezione del suo valore di marca e consolidare la sua brand awareness. La campagna, che vuole sottolineare l’irresistibilità del prodotto ed esaltare la sua croccantezza superiore, sarà sviluppata con un sistema di comunicazione integrato teso a massimizzare l’impatto e la copertura di un target 18–54 anni, con particolare focus per la parte più giovane (18-35) sui canali digital e social. Un target che, in chiave psicografica viene descritto come composto da persone che nella loro vita ricercano ironia, divertimento e simpatia e che hanno un atteggiamento sociale aperto ed evoluto, con una ricerca continua di uscita dagli schemi convenzionali. Il messaggio vuole esprimere, con forte ironia “british”, un contenuto di prodotto legato al momento dello snack e, attraverso una descrizione iperbolica e provocante, esprimere il valore della croccantezza irresistibile della patatina Amica Chips. Si vuole rappresentare, in modo palese e senza fraintendimenti di tipo religioso, una situazione “chiaramente teatrale e da fiction”, tratta da citazioni del mondo ecclesiastico già abbondantemente trattate nella cinematografia mondiale, nelle rappresentazioni teatrali e nella pubblicità. Lo spot 30” verrà programmato sulle reti Mediaset, Cairo e sulle CTV, oltre che sui canali digitali. Il commento «Le patatine sono una categoria mentale compensativa e divertente – spiega Marini a Dailyonline -.. Hanno bisogno di comunicazioni ironiche, giovani e impattanti. L’area semantica della serietà è noiosa, funziona per prodotti assicurativi o farmaceutici. L’area del divertimento e della giocosità si sposa benissimo invece con questo settore». Credits Direzione creativa: Lorenzo Marini Copywriter: Artemisa Sakaj  Planning strategico e direzione generale: Ezio Campellone Account service: Elma Golloshi Casa di produzione: Film Good Executive producer: Pierangelo Spina Regia: Dario Piana Direttore fotografia: Stefano Morcaldo Producer: Sara Aina Musica: “Ave Maria” di Schubert – esecuzione di Alessandro Magri  

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