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Header bidding: la diffusione del first price è rapida, per Pubmatic serve cambiare le strategie

Autore: Redazione


Come spiega la società, cresce la disponibilità di strumenti ibridi per il passaggio a wrapper server-to-server e aste in first price, utili agli editori per un maggior controllo degli spazi automatizzati e una migliore monetizzazione. Intanto, la società entra nel network Google Exchange Bidding

La metamorfosi tecnologica è in continua accelerazione, ma è in particolare l’ad tech a rinnovarsi a un ritmo forsennato. Gli algoritmi e le piattaforme che offrono agli editori opportunità per monetizzare al meglio i propri asset  sono spesso in prima battuta di difficile comprensione per i sales dei publisher. Ma allo stesso tempo è una fatica dovuta all’inseguimento di prospettive più vantaggiose in un segmento che sta incontrando qualche ostacolo nel percorso che porta ai ricavi. Il programmatic è nato per la valorizzazione della coda lunga delle inventory, ma poi si è evoluto attraverso dinamiche d’asta che portano rinnovato valore agli spazi, mettendo in competizione tutte le SSP e promuovendo l’offerta migliore tra diverse aste attraverso una pratica che prende il nome di header bidding.

I trend del programmatic

Proprio l’header bidding ha segnato una fortissima crescita nel primo trimestre del 2018. Comparato allo stesso periodo dell’anno precedente, a livello mondiale ha registrato un aumento di volume del 70%, con il mobile che guida il trend con un +110%. (dati Quarterly Mobile Index di Pubmatic). «L’utilizzo dell’header bidding sta diventando omogeneo nelle diverse aree analizzate. L’EMEA rappresentava solo l’8% del volume mondiale, ma a un anno di distanza ha raggiunto il 36% superando le Americhe (32%) e l’APAC, che grazie al suo +1395% è passata da controllare l’1% del mercato al 32%», ha commentato Roger Williams, vp international marketing di Pubmatic. Grandi performance sono state ottenute anche dalle mobile app, che hanno monetizzato un volume di impression dell’84% più ampio rispetto al trimestre di riferimento del 2017. Un risultato migliore rispetto al 28% del mobile web. Mobile protagonista anche nella crescita delle impression monetizzate in open exchange, con un +23% generale che diventa +56% dei top 5 verticali. In US queste saranno protagoniste di un investimento da 7,4 miliardi di dollari. Grazie a partnership più strette con gli editori, anche i private marketplace mobile seguiranno il trend positivo, segnando un +37% che porterà gli investimenti (in USA) a 5,2 miliardi di dollari entro la fine dell’anno. L’ultimo dei trend. L’ultima evidenza è legata al mobile video, che nel primo trimestre di quest’anno ha raccolto il 37% delle impression totali su mobile (un anno fa era solo il 15%). Nonostante i timori legati all’ad fraud, gli investimenti continueranno a salire anche quest’anno, toccando i 7,14 miliardi di dollari (in USA) e una crescita globale del 33,5%.

L’evoluzione dell’header bidding

Ma facciamo un passo indietro. Da dove viene questo header bidding? Il primo stage del programmatic seguiva il modello “waterfall”, ovvero un’inventory seguiva un percorso di aste verticale, e veniva contesa in sequenza, all’interno della lista di SSP (e delle DSP al loro interno), fino a quando un’offerta non esaudisse i requisiti minimi. La prima offerta utile vinceva lo spazio. L’avvento dell’header bidding è servito a far competere diverse SSP per lo stesso spazio - o meglio, le offerte migliori di tutte le SSP tra loro – strappando un prezzo più alto e un sorriso agli editori. Questo nuovo livello di competizione avveniva all’interno della pagina, con i cosiddetti client-wrapper, ma a causa della latenza elevata nel processo di attribuzione dello spazio, ci si è spostati verso i wrapper server-to-server, che sviluppano le operazioni direttamente, appunto, sui server. «Esiste una terza via, una soluzione ibrida, operwrap, che permette di gestire entrambe le chiamate, client-side e server-side. Ci si sta spostando verso logiche server-to-server, e questa soluzione è molto utile a favorire il cambiamento», ha spiegato Stefano Minerva, Customer Success Operations Manager, Southern Europe di PubMatic. «L’header bidding ha aiutato i publisher a riprendere in mano le redini della situazione, dopo essersi affidati a full stack, più comode per inquadrare lo scenario complessivo delle campagne. Ora il 75% degli editori con cui lavoriamo ha scelto l’header bidding, su cui è disponibile l’80% dell’inventory offerta da Pubmatic», ha aggiunto Diana Zighetti, Customer Success Manager, Southern Europe di PubMatic.

Auction Dynamics: da second a first price

Se quelle sopracitate sono le dinamiche per aggiudicarsi un’inventory, anche all’interno della preparazione dello stesso bid ci sono dei cambiamenti in corso. L’asta all’olandese, anche nota come second price, sta lasciando il posto all’asta classica, ovvero al first price. Il modello adottato tipicamente, in cui l’offerta maggiore non corrisponde all’importo da pagare, che invece si costituirà nel prezzo della seconda offerta in graduatoria maggiorato di un centesimo, sta lentamente lasciando il posto alla corrispondenza effettiva di quanto “puntato” in sede d’asta. «Dallo scorso dicembre al maggio di quest’anno, le aste in first price sono aumentate dal 5,8% del totale al 43,3%. Lo shift verso il first price ha tre principali implicazioni: i clearing price - ovvero il prezzo effettivamente pagato per l’inventory - potranno inizialmente subire modifiche verso l’alto o il basso, ma poi torneranno allo status quo, consegnando però maggior controllo e valore strategico sui bid, ora corrispondenti alla valutazione effettiva di un’inventory. Ma allo stesso tempo, il first price toglie agli editori la possibilità di inquadrare il perimetro reale della domanda. E le DSP hanno meno raggio d’azione, in quanto la competizione si svolge offerte concrete», ha approfondito Mohsin Pervez, Director, Platfrom Solutions, EMEA di PubMatic. Alla luce di questo shift, probabilmente cambierà anche il sistema in cui l’header bidding assegnerà gli spazi. «In futuro, l’header bidding farà competere le DSP in una logica di first price, in cui l’offerta più alta è effettiva e si aggiudica la possibilità di competere con le altre offerte nelle SSP. Il confronto con le altre SSP avverrà in second price». I buyer dovranno smettere di puntare chiedendosi “quanto sono disposto a pagare?”, ma dovranno domandarsi “qual è l’importo minimo che dovrei puntare per portarmi a casa l’inventory?”.


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incarichi e gare

Autore: Redazione - 24/04/2024


KFC Italia sceglie KIWI come nuovo partner per la gestione dei social

Si arricchisce di una collaborazione di grande valore il 2024 di KIWI che, a partire da questo mese, è ufficialmente il nuovo partner per la gestione dei canali social di Kentucky Fried Chicken Italia, l’iconica e leggendaria catena di fast food specializzata in pollo fritto. La unit di Uniting Group, scelta da KFC a seguito di una gara, assume l’ownership dei canali Meta (Facebook e Instagram, con l’obiettivo di aprire anche Threads), LinkedIn e TikTok del brand. “La vittoria parte innanzitutto da una ricerca approfondita sul tone of voice. Abbiamo identificato nell’autenticità, nella schiettezza e nella boldness, che da sempre appartengono al brand, degli ottimi punti di partenza per rivolgerci alla GenZ e ai Millennial che sono il pubblico per eccellenza di KFC. Si tratta di un brand unico e amatissimo in tutto il mondo, con un prodotto e degli asset di comunicazione inconfondibili e potenzialità social ancora parzialmente inespresse in Italia”, afferma Andrea Stanich, Direttore Creativo Esecutivo di KIWI, Part of Uniting Group.  La strategia L’attenzione di KIWI sarà molto concentrata sulla crescita e sul coinvolgimento sempre maggiore della community. Anche i lanci, le promo, le aperture, i servizi e le innovazioni tecnologiche saranno comunicate senza perdere di vista l’intrattenimento. Una gestione del community management informale e diretta contribuirà ad alimentare il dialogo quotidiano con gli utenti. “Una parte rilevante del piano social di KFC - prosegue Federica Pasqual, COO di KIWI e Freshhh, Part of Uniting Group - sarà costituita da contenuti video originali agili e veloci, che ci piace definire ‘snackable’. Oggi più che mai è fondamentale affiancare i nostri brand partner intercettando le opportunità di comunicazione e i trend in modo istantaneo; questo, nel day by day, viene facilitato dalla collaborazione con la unit Freshhh, nata inizialmente come spin-off di KIWI, realtà che può contare, dall’ultimo quarter del 2023, su uno spazio produttivo dedicato”.  Dieci anni di pollo fritto in Italia KFC, società del gruppo Yum! Brands, è leader mondiale nel settore dei ristoranti che servono pollo fritto. Nato oltre 70 anni fa e presente in Italia da 10 anni, il brand ha avuto nel nostro Paese una crescita che l’ha portato oggi a 87 ristoranti in 15 regioni, con l’obiettivo di arrivare a 100 locali entro la fine dell’anno. Il gusto unico del pollo fritto di KFC si deve al Colonnello Sanders, fondatore del brand e inventore dell’Original Recipe, la ricetta che contiene un inimitabile mix segreto di erbe e spezie e che ancora oggi viene preparata come una volta nei ristoranti di Kentucky Fried Chicken. “Cercare ogni giorno di costruire una relazione sincera e coinvolgente con il nostro target di riferimento rappresenta uno degli obiettivi principali per i prossimi anni, forse la chiamerei una missione. La GenZ è la nostra audience, vogliamo rivolgerci loro in maniera diretta e convincente - afferma Marzia Farè, Chief Marketing Officer di KFC in Italia -. La scelta dei temi, dei canali, del linguaggio e il tono di voce da adottare diventano pertanto ogni giorno più cruciali; vorremmo esser riconosciuti come contemporanei e autentici e credo che la collaborazione con KIWI possa davvero esser l’occasione giusta per far un passo ulteriore di crescita in questa direzione. Il team KIWI che ci affiancherà è pieno di energia e voglia di fare, abbiamo le premesse migliori per far bene e divertirci”.

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spot

Autore: V Parazzoli - 09/04/2024


Lorenzo Marini Group firma “Il divino quotidiano” di Amica Chips, con una versione più “rispettosa” in tv e una più trasgressiva sui social

È on air la nuova campagna tv Amica Chips, realizzata, dopo aver vinto la relativa gara, da Lorenzo Marini Group, che propone una comunicazione fuori dagli schemi tradizionali con un linguaggio ironico, forte e trasgressivo, destinato a colpire un target giovane non abituato a messaggi “televisivi tradizionali” ma a stilemi narrativi social. Non a caso, dello spot sono state approntate una versione più “provocante” appunto per i social e una più rispettosa di un target tradizionale per la tv, con planning sempre di Media Club. Il film Le protagoniste dello spot sono delle novizie, riprese in fila sotto al chiostro del monastero mentre si apprestano ad entrare in chiesa. In sottofondo si sente la musica dell’“Ave Maria” di Schubert, eseguita con l’organo che accompagna questo ingresso. Le novizie sono in fila verso l’altare e la prima sta per ricevere la comunione dal prete celebrante…In quel momento si sente il suono della croccantezza della patatina, un “crunch” amplificato in perfetto sincrono con il momento in cui la prima novizia ha ricevuto l’ostia. Le altre in fila, al sentire il “crunch”, sorridono divertite e guardano nella direzione da cui proviene il rumore “appetitoso e goloso” della patatina croccante. La Madre Superiora infatti è seduta in sagrestia e, rilassata in un momento di pausa, sta mangiando con gusto le Amica Chips prendendole da un sacchetto che tiene in mano. Pack shot con le patatine Amica Chips e in super appaiono logo e claim di campagna “Il divino quotidiano”. Obiettivi e target L’obiettivo principale della comunicazione è quello di riaffermare il ruolo da protagonista di Amica Chips in comunicazione, da sempre protagonista di campagne forti e distintive con un tono da leader, per aumentare la percezione del suo valore di marca e consolidare la sua brand awareness. La campagna, che vuole sottolineare l’irresistibilità del prodotto ed esaltare la sua croccantezza superiore, sarà sviluppata con un sistema di comunicazione integrato teso a massimizzare l’impatto e la copertura di un target 18–54 anni, con particolare focus per la parte più giovane (18-35) sui canali digital e social. Un target che, in chiave psicografica viene descritto come composto da persone che nella loro vita ricercano ironia, divertimento e simpatia e che hanno un atteggiamento sociale aperto ed evoluto, con una ricerca continua di uscita dagli schemi convenzionali. Il messaggio vuole esprimere, con forte ironia “british”, un contenuto di prodotto legato al momento dello snack e, attraverso una descrizione iperbolica e provocante, esprimere il valore della croccantezza irresistibile della patatina Amica Chips. Si vuole rappresentare, in modo palese e senza fraintendimenti di tipo religioso, una situazione “chiaramente teatrale e da fiction”, tratta da citazioni del mondo ecclesiastico già abbondantemente trattate nella cinematografia mondiale, nelle rappresentazioni teatrali e nella pubblicità. Lo spot 30” verrà programmato sulle reti Mediaset, Cairo e sulle CTV, oltre che sui canali digitali. Il commento «Le patatine sono una categoria mentale compensativa e divertente – spiega Marini a Dailyonline -.. Hanno bisogno di comunicazioni ironiche, giovani e impattanti. L’area semantica della serietà è noiosa, funziona per prodotti assicurativi o farmaceutici. L’area del divertimento e della giocosità si sposa benissimo invece con questo settore». Credits Direzione creativa: Lorenzo Marini Copywriter: Artemisa Sakaj  Planning strategico e direzione generale: Ezio Campellone Account service: Elma Golloshi Casa di produzione: Film Good Executive producer: Pierangelo Spina Regia: Dario Piana Direttore fotografia: Stefano Morcaldo Producer: Sara Aina Musica: “Ave Maria” di Schubert – esecuzione di Alessandro Magri  

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