Teads e Crowdemotion spiegano in che modo la tecnologia può rivelarsi un formidabile strumento di empowerment per le agenzie. Dai formati del futuro, che però sono già disponibili, all’analisi delle emozioni suscitate da un video ad, gli algoritmi possono rappresentare un sostegno davvero importante per rendere più efficaci gli sforzi creativi
Come una enorme roccia in riva al mare, l’artificial intelligence è l’elemento solido e concreto su cui il futuro dell’advertising si deve arrampicare per evitare le onde sempre più frequenti. Un algoritmo, una tecnologia in grado di aumentare le capacità umane, “empower” dicono gli ospiti del Festival of Media di Roma. E applicabile a tutti i campi: creatività e investigazione, analisi e ottimizzazione. Ma non ha ancora assunto la sua forma definitiva. Anzi, ne è ben lontana.
La creatività del presente
Le metriche legate alle performance delle campagne possono dare un’idea dell’efficacia pubblicitaria, ma si portano dietro due problemi. Il primo è la difficoltà nell’interpretare dove sta l’errore, se è stato poco efficace il canale su cui è stato raggiunto l’utente, se è l’esagerata pressione, o se è la creatività a non aver colpito nel segno. Un modo per escludere l’ultima possibilità, o almeno ridurla drasticamente, esiste, e consiste nello studio delle reazioni. Il cervello umano porta le tracce dell’evoluzione della specie. Si compone, infatti, di una parte rettile, che contiene riflessi e sensi, una comune ai mammiferi, responsabile dei processi sociali, delle emozioni e dell’apprendimento - queste due formano il “cervello antico” - e un’ultima parte prettamente umana, alla quale si imputano le capacità computazionali, predittive e logiche. «Ma la parte relativa alla coscienza corrisponde allo 0,0004% della massa del cervello umano», spiega Joe Wheller, Managing Director di Crowdemotion. Molte delle reazioni sono quindi spontanee, frutto di un’eredità antica, e allo stesso tempo sono misurabili attraverso una serie di tecnologie e conseguenti misurazioni.
Emozioni
«Le tecnologie che permettono di interpretare le emozioni indagano su diversi campi. L’eye tracking è il più famoso, controlla il punto dello schermo in cui si dirige lo sguardo quando uno spettatore guarda un video, e si pone come un aiuto molto utile per dirigere lo storytelling senza disperdere l’attenzione. Il facial coding parte dall’idea che sì, alcune espressioni facciali sono un’eredità culturale, ma alcune sono basilari, insite nella parte animale e individuabili. Attraverso gli algoritmi sono state analizzate migliaia di espressioni e sono state associate a uno stato d’animo. Combinando questi due aspetti nell’analisi di un video possiamo dire in anticipo quali reazioni suscita sul pubblico e aiutare i creativi a massimizzarne l’efficacia», afferma Wheller. A questi due parametri, nelle analisi delle emozioni, si aggiungono la «logical response, che si palesa nei comportamenti e nelle decisioni ma non influenza lo stato d’animo», ciò che si dice, ossia il messaggio espresso, e il tono con cui lo si dice, che invece lascia intravedere l’umore. Riuscire a sapere in anticipo quale punto dello schermo attrae l’attenzione e quale emozione suggerisce una scena di un filmato è un grande vantaggio per chi investe sulla creatività, permette di produrre contenuti personalizzati su un target preciso e di ottimizzare le inserzioni. Perché «le emozioni, quando entrano in conflitto con le idee, vincono», conclude Wheller.
La creatività del futuro
Imparare, insegnare a se stessa, avere accesso ai dati. Sono queste le caratteristiche dell’artificial intelligence disponibile ai giorni nostri. Ma le capacità computazionali dei processori stanno aumentando a ritmo vertiginoso, aprendo nuove possibilità di sviluppo degli algoritmi. «Oggi disponiamo di quella che si chiama Narrow AI, vale a dire un’intelligenza artificiale capace di svolgere funzioni definite. Ci sono però altri due gradi di evoluzione: la General AI, che simula le capacità umane, probabilmente disponibile intorno al 2025, e la Super AI, prevista per il 2060-80», racconta Emi Gal, Ceo di Teads Studio. Nel 2025 nel mondo troveranno posto 100 miliardi di smart device, le macchine non si muoveranno più per le strade, i frigoriferi verranno riempiti direttamente dal fattorino di Amazon e la merce verrà ordinata automaticamente da una pillola che capterà i nutrimenti mancanti nel corpo del consumatore. Uno scenario inquietante, ma in qualche modo verosimile. Molto meno difficile da immaginare è invece il riflesso del futuro sull’advertising. «Le ads saranno personalizzate per ogni singolo utente, grazie all’AI, che sarà in grado di cambiare le creatività in base allo spettatore. I brand dovranno solo creare delle storyline che cambieranno in base al target», ha continuato Gal, mostrando un video ad di PlayStation in cui per un amante dello sport e un gamer la narrazione si è completata automaticamente con prodotti affini.
L'AI potenzia il lavoro delle persone
Ma non è finita qui. Le novità tecnologiche come VR, AR e voice triggered sono già sulla soglia. Con le ads si potrà parlare e ottenere risposte, chiederanno di quale argomento deve trattare il video, se del meteo, o del pranzo imminente, ma potranno anche tagliare lo spazio con inserti digitali, porte nelle quali entrare virtualmente per visitare un luogo distante. O semplicemente averne un assaggio. Quasi tutte queste opportunità sono già percorribili, «sono disponibili sul mercato ma ancora poco adottate. In 7-10 anni potremmo dare il benvenuto alla General AI, una tecnologia in grado di imparare tutto. Non solo una disciplina. Sarà una rivoluzione di grande portata», commenta Gal a DailyNet. La Narrow AI non può essere creativa, è capace di trascrivere un discorso orale, ma questo non significa che lo comprenda. La General AI invece «può incorporare più dati e crearne un contesto». Molti lavori di agenzia saranno automatizzati, «ma quelli creativi continueranno a necessitare di persone, che l’AI non farà che potenziare». Per quanto riguarda Teads, invece, è stato creato «il buying engine, un algoritmo di AI che crea un profilo completo dell’utente per prevedere con grande precisione se può essere interessato a un certo brand». Il focus dell’applicazione dell’intelligenza artificiale è su tre aree: «Trovare le persone giuste a cui far vedere le ads, creare nuove esperienze adv grazie a formati innovativi, ottimizzare le campagne in tempo reale». «Crediamo che l’AI sia in grado di migliorare l’intero mondo dell’advertising. La pubblicità coinvolgerà di più i consumatori, sarà più pertinente, otterrà performance migliori e costerà meno per gli spender», conclude Emi Gal.