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Il giorno in cui Google porterà via il pallone

Autore: Redazione

Massimo Pattano


Dalla Coockieland alla Coockieless, da un linguaggio comune e condiviso a un cambio di rotta ancora non chiaro che potrebbe portare a conseguenze drammatiche nel campo della pubblicità e non solo

di Massimo Pattano, Marketing Manager at 4wMarketplace

 

Da quando esiste il gioco del calcio, l’incubo peggiore dei bambini di qualsiasi epoca è che il proprietario della magica sfera si ritiri e porti via il pallone. Ecco, sul terreno dei cookie ci ritroviamo in una condizione analoga, anzi peggiore: ci tolgono il campetto! Sì, perché quel proprietario gentile e disponibile che fino a ieri ci aveva dato libero accesso al quel bel campetto, aperto a tutte le ore e sempre ben curato, un giorno ci fa sapere che prossimamente il campo chiuderà. La data è imprecisata, non ci sono informazioni particolari, sappiamo solo che il campo sul quale ci siamo divertiti, abbiamo fatto nuove amicizie, abbiamo sudato, abbiamo imparato a perdere e a vincere, chiuderà. A meno che non ci si adegui a qualche nuova regola, che ancora non si sa … Il signore del campetto getta briciole di speranza, e mentre giochiamo, ancora senza limiti di tempo, sappiamo che prima o poi arriverà la fine.

Cambiare il linguaggio comune

Ma andiamo oltre la metafora. Il tema supera di gran lunga anche il perimetro strettamente correlato alle dinamiche del digital advertising, riguarda tutto il digitale, il mondo attorno a noi, l’ampia sfera dell’etica prima ancora che quella di mercato. Dovrebbe decisamente entrare nell’orbita della politica che sembra invece voler ignorare la questione. Peccando forse di ingenuità potrei pensare che il digitale non è ancora entrato nella prospettiva dei politici magari semplicemente per una questione generazionale, non è considerato un tema cruciale in un mondo abituato a guardare al brevissimo termine. A essere più realista, condivido l’opinione dei molti che pensano che da lungo tempo faccia decisamente parte del disegno della politica mondiale, la quale utilizza l’enorme potenziale del digitale a vantaggio di una o dell’altra parte. Tornando a occuparci del nostro “campetto”, questo “patto non dichiarato” produce un effetto collaterale devastante per il nostro settore. Il sistema basato sui cookie di terza parte è un modello di gestione condiviso da tutti gli operatori della filiera, un linguaggio comune per pianificare e misurare targeting e performance delle campagne, opportunamente regolamentato per garantire la privacy degli utenti. Con la dismissione di questo sistema viene a mancare l’intera struttura sulla quale si è sviluppato il digital advertising fino a oggi.

Una tendenza preoccupante

Tra i browser, in Italia, Chrome detiene una quota di mercato pari al 67%. Poi ci sono Firefox col 13%, Safari col 9% e Edge con il 7% (fonte StatCounter, Gennaio 2021). Siamo in una situazione nella quale lasciando a un unico soggetto la possibilità di determinare le regole del mercato, gli diamo la possibilità di condizionarlo a proprio esclusivo vantaggio. Nel caso dell’eliminazione dei cookie di terza parte, il pretesto è quello della protezione della privacy degli utenti. Indiscutibilmente importante, tanto che sono state create normative specifiche in tutto il mondo proprio per regolamentare un aspetto così delicato come quello del trattamento dei dati personali. Ebbene, i browser hanno deciso di fare diversamente, di fatto imponendo il proprio sistema. Nel caso specifico di Chrome questo significa che tutti gli operatori del settore, per poter continuare a utilizzare tecniche di targeting comportamentale su circa il 70% degli utenti italiani, dovranno adottare nuove soluzioni, meglio se quelle di Google. Il browser dovrebbe essere solo una porta d’accesso alla rete, per i brand o per gli editori o per chiunque voglia comunicare con gli utenti e per gli utenti che vogliono informarsi, fare acquisti online, passare il proprio tempo libero, ecc. Ora, lo scenario che si sta delineando è che con le limitazioni imposte da Google su Chrome, un solo player avrà l’accesso ai dati di una parte molto rilevante dell’utenza di internet. Col pretesto della necessità di proteggere la privacy degli utenti, il browser e non più l’intero mercato fatto di inserzionisti, editori, piattaforme, operatori, ecc. potrà selezionare e indirizzare la comunicazione. Quella pubblicitaria, ma anche l’informazione nel suo complesso. La tendenza mi sembra chiara e molto preoccupante.

Soluzioni percorribili

Nella Risoluzione del 20 ottobre 2020 (https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/A-9-2020-0186_EN.html) il Parlamento Europeo rileva che “… l'analisi dei dati e l'IA influenzano sempre di più le informazioni rese accessibili ai cittadini; che tali tecnologie, se utilizzate impropriamente, possono mettere in pericolo i diritti fondamentali alla libertà di espressione e all'informazione, nonché la libertà e il pluralismo dei mezzi di comunicazione …”. Nella speranza che il tema venga presto riportato all’attenzione dei tavoli istituzionali e che vengano prese misure concrete a livello sistemico globale, vediamo alcune delle strade che il mercato può intraprendere nell’ambito della pubblicità.

Identification

I dati di prima parte offrono sicuramente un vantaggio competitivo importante per gli inserzionisti come per gli editori ma, specialmente per questi ultimi, risulta molto difficile portare gli utenti alla registrazione. Conosciamo bene le difficoltà degli editori premium che hanno adottato il modello paywall e possiamo immaginare che per gli editori minori sarebbe improponibile. Inoltre, il tema degli unique identifier presenta un problema ancora più grande che riguarda l’inter-operabilità cioè l’impossibilità per tutti gli operatori della filiera di collaborare per mancanza di un “linguaggio” comune. Una direzione praticabile potrebbe essere l’Universal Id ovvero una serie di sistemi che attraverso più fonti creano profili non basati sul cookie sync. 4w partecipa al progetto Nessi, promosso da UPA, un data-lake in cui i brand inserzionisti mettono a fattor comune i loro dati di prima parte in modalità aggregata e anonimizzata, nel rispetto della privacy degli utenti. Con la dismissione dei cookie di terza parte sarà necessaria un’evoluzione anche in questo senso e da parte nostra pensiamo di rilanciare la sfida con l’obiettivo di creare un ecosistema che possa garantire una giusta ridistribuzione del valore agli editori.

Contextual targeting

Oggi più che mai il contesto torna ad assumere un ruolo fondamentale per l’individuazione del target ma rispetto al passato il dato relativo al semplice contesto si è arricchito di numerose, ulteriori informazioni grazie all’intelligenza artificiale che sfrutta algoritmi di apprendimento automatico e metodi di calcolo più veloci. Oltre a garantire la protezione della privacy dell’utente, il principale vantaggio strategico del targeting contestuale è senza dubbio il fatto che consente all’inserzionista di raggiungere l’utente nella situazione di maggior ricettività. Un network come 4w, per la sua ampiezza e la varietà dei siti che lo compongono, è il terreno ideale sul quale basare attività di contextual targeting. Di base la grande numerosità di url ci dà la possibilità di verticalizzare per contesti anche molto specifici. Inoltre, nel corso dell'anno abbiamo sviluppato un motore di classificazione di pagine web contestuali che ci permette di analizzare il contenuto di siti considerati generici come quelli di news, andando così ad individuare gli elementi-chiave che ci permettono di desumere l’interesse specifico degli utenti.

… e poi c’è Google

Come abbiamo visto in passato nell’ambito degli ad-server o degli analytics, naturalmente Google andrà a proporre la sua soluzione anche per risolvere la questione dei cookie. Al momento si tratta ancora di una sandbox di servizi di cui non si sa ancora molto, tranne che si chiama FLOC “Federated Learning of Cohorts”, una sorta di “Ho chiuso il campetto, ma qua a fianco ho dello spazio libero, sistematevi lì”.


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incarichi e gare

Autore: Redazione - 24/04/2024


KFC Italia sceglie KIWI come nuovo partner per la gestione dei social

Si arricchisce di una collaborazione di grande valore il 2024 di KIWI che, a partire da questo mese, è ufficialmente il nuovo partner per la gestione dei canali social di Kentucky Fried Chicken Italia, l’iconica e leggendaria catena di fast food specializzata in pollo fritto. La unit di Uniting Group, scelta da KFC a seguito di una gara, assume l’ownership dei canali Meta (Facebook e Instagram, con l’obiettivo di aprire anche Threads), LinkedIn e TikTok del brand. “La vittoria parte innanzitutto da una ricerca approfondita sul tone of voice. Abbiamo identificato nell’autenticità, nella schiettezza e nella boldness, che da sempre appartengono al brand, degli ottimi punti di partenza per rivolgerci alla GenZ e ai Millennial che sono il pubblico per eccellenza di KFC. Si tratta di un brand unico e amatissimo in tutto il mondo, con un prodotto e degli asset di comunicazione inconfondibili e potenzialità social ancora parzialmente inespresse in Italia”, afferma Andrea Stanich, Direttore Creativo Esecutivo di KIWI, Part of Uniting Group.  La strategia L’attenzione di KIWI sarà molto concentrata sulla crescita e sul coinvolgimento sempre maggiore della community. Anche i lanci, le promo, le aperture, i servizi e le innovazioni tecnologiche saranno comunicate senza perdere di vista l’intrattenimento. Una gestione del community management informale e diretta contribuirà ad alimentare il dialogo quotidiano con gli utenti. “Una parte rilevante del piano social di KFC - prosegue Federica Pasqual, COO di KIWI e Freshhh, Part of Uniting Group - sarà costituita da contenuti video originali agili e veloci, che ci piace definire ‘snackable’. Oggi più che mai è fondamentale affiancare i nostri brand partner intercettando le opportunità di comunicazione e i trend in modo istantaneo; questo, nel day by day, viene facilitato dalla collaborazione con la unit Freshhh, nata inizialmente come spin-off di KIWI, realtà che può contare, dall’ultimo quarter del 2023, su uno spazio produttivo dedicato”.  Dieci anni di pollo fritto in Italia KFC, società del gruppo Yum! Brands, è leader mondiale nel settore dei ristoranti che servono pollo fritto. Nato oltre 70 anni fa e presente in Italia da 10 anni, il brand ha avuto nel nostro Paese una crescita che l’ha portato oggi a 87 ristoranti in 15 regioni, con l’obiettivo di arrivare a 100 locali entro la fine dell’anno. Il gusto unico del pollo fritto di KFC si deve al Colonnello Sanders, fondatore del brand e inventore dell’Original Recipe, la ricetta che contiene un inimitabile mix segreto di erbe e spezie e che ancora oggi viene preparata come una volta nei ristoranti di Kentucky Fried Chicken. “Cercare ogni giorno di costruire una relazione sincera e coinvolgente con il nostro target di riferimento rappresenta uno degli obiettivi principali per i prossimi anni, forse la chiamerei una missione. La GenZ è la nostra audience, vogliamo rivolgerci loro in maniera diretta e convincente - afferma Marzia Farè, Chief Marketing Officer di KFC in Italia -. La scelta dei temi, dei canali, del linguaggio e il tono di voce da adottare diventano pertanto ogni giorno più cruciali; vorremmo esser riconosciuti come contemporanei e autentici e credo che la collaborazione con KIWI possa davvero esser l’occasione giusta per far un passo ulteriore di crescita in questa direzione. Il team KIWI che ci affiancherà è pieno di energia e voglia di fare, abbiamo le premesse migliori per far bene e divertirci”.

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spot

Autore: V Parazzoli - 09/04/2024


Lorenzo Marini Group firma “Il divino quotidiano” di Amica Chips, con una versione più “rispettosa” in tv e una più trasgressiva sui social

È on air la nuova campagna tv Amica Chips, realizzata, dopo aver vinto la relativa gara, da Lorenzo Marini Group, che propone una comunicazione fuori dagli schemi tradizionali con un linguaggio ironico, forte e trasgressivo, destinato a colpire un target giovane non abituato a messaggi “televisivi tradizionali” ma a stilemi narrativi social. Non a caso, dello spot sono state approntate una versione più “provocante” appunto per i social e una più rispettosa di un target tradizionale per la tv, con planning sempre di Media Club. Il film Le protagoniste dello spot sono delle novizie, riprese in fila sotto al chiostro del monastero mentre si apprestano ad entrare in chiesa. In sottofondo si sente la musica dell’“Ave Maria” di Schubert, eseguita con l’organo che accompagna questo ingresso. Le novizie sono in fila verso l’altare e la prima sta per ricevere la comunione dal prete celebrante…In quel momento si sente il suono della croccantezza della patatina, un “crunch” amplificato in perfetto sincrono con il momento in cui la prima novizia ha ricevuto l’ostia. Le altre in fila, al sentire il “crunch”, sorridono divertite e guardano nella direzione da cui proviene il rumore “appetitoso e goloso” della patatina croccante. La Madre Superiora infatti è seduta in sagrestia e, rilassata in un momento di pausa, sta mangiando con gusto le Amica Chips prendendole da un sacchetto che tiene in mano. Pack shot con le patatine Amica Chips e in super appaiono logo e claim di campagna “Il divino quotidiano”. Obiettivi e target L’obiettivo principale della comunicazione è quello di riaffermare il ruolo da protagonista di Amica Chips in comunicazione, da sempre protagonista di campagne forti e distintive con un tono da leader, per aumentare la percezione del suo valore di marca e consolidare la sua brand awareness. La campagna, che vuole sottolineare l’irresistibilità del prodotto ed esaltare la sua croccantezza superiore, sarà sviluppata con un sistema di comunicazione integrato teso a massimizzare l’impatto e la copertura di un target 18–54 anni, con particolare focus per la parte più giovane (18-35) sui canali digital e social. Un target che, in chiave psicografica viene descritto come composto da persone che nella loro vita ricercano ironia, divertimento e simpatia e che hanno un atteggiamento sociale aperto ed evoluto, con una ricerca continua di uscita dagli schemi convenzionali. Il messaggio vuole esprimere, con forte ironia “british”, un contenuto di prodotto legato al momento dello snack e, attraverso una descrizione iperbolica e provocante, esprimere il valore della croccantezza irresistibile della patatina Amica Chips. Si vuole rappresentare, in modo palese e senza fraintendimenti di tipo religioso, una situazione “chiaramente teatrale e da fiction”, tratta da citazioni del mondo ecclesiastico già abbondantemente trattate nella cinematografia mondiale, nelle rappresentazioni teatrali e nella pubblicità. Lo spot 30” verrà programmato sulle reti Mediaset, Cairo e sulle CTV, oltre che sui canali digitali. Il commento «Le patatine sono una categoria mentale compensativa e divertente – spiega Marini a Dailyonline -.. Hanno bisogno di comunicazioni ironiche, giovani e impattanti. L’area semantica della serietà è noiosa, funziona per prodotti assicurativi o farmaceutici. L’area del divertimento e della giocosità si sposa benissimo invece con questo settore». Credits Direzione creativa: Lorenzo Marini Copywriter: Artemisa Sakaj  Planning strategico e direzione generale: Ezio Campellone Account service: Elma Golloshi Casa di produzione: Film Good Executive producer: Pierangelo Spina Regia: Dario Piana Direttore fotografia: Stefano Morcaldo Producer: Sara Aina Musica: “Ave Maria” di Schubert – esecuzione di Alessandro Magri  

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