Un ambito della comunicazione che la fa da padrone al punto tale che viene dato per assodato. Davide Provenzi e Davide Panzini, CEO e Direttore commerciale dell’agenzia di Influencer e Content Marketing verticale sul calcio, ci spiegano come ci si agisce, tra creatività, costanza e ROI
Chi non ricorda il compagno di scuola ammirato, riverito, invidiato, una vera e propria star cui tutto sembrava dovuto e che tutto pareva muovere, magari con un semplice gesto della mano, o una smorfia, per poi convincere “i sudditi” a credere alla bontà assoluta di quel paio di jeans, di quella camicia, di quelle calzature assolutamente improbabili, eppure bellissime. I prodromi della psicologia pubblicitaria? Può darsi. Il carisma, la capacità di farsi trovare pronto al momento e nel luogo giusto ha fatto sempre la differenza. L’autorevolezza, maturata sul proprio terreno di gioco, corroborata da un certo fascino arrivato di conseguenza hanno poi contributo a edificare la figura del testimonial: come non fidarsi del giudizio dell’attore sulla bontà del caffè? Ti sembrava quasi di sentirne il gusto. Oggi, nel 2020, ma accadeva già anche un paio di anni orsono, si è venuto a creare una sorta di crossover tra il compagno di cui sopra e la celebrità con la moka: l’influencer. In che senso, vi starete chiedendo? Nel senso che l’amico è diventato celebre anche al di fuori del cortile della scuola. Come ci è riuscito? Come funziona il mondo dell’influencer marketing? Che prospettive ci sono? Abbiamo chiesto lumi a Davide Provenzi e Davide Panzini, rispettivamente CEO e Direttore commerciale di 21.B.E., agenzia di Influencer e Content Marketing verticale sul calcio che consente alle aziende di realizzare campagne di brand awareness, product placement e digital p.r. sui canali social dei calciatori professionisti.
Il team dell'agenzia
In quali settori operate maggiormente, e quali tipologie di azienda vi chiamano con una certa costanza?
«Dal nostro debutto abbiamo lavorato e continuiamo a farlo, tra gli altri, con Automotive, Gaming, Banking, Sport, Kids/Baby, Beauty, Food. La nostra è una struttura verticale sul gioco preferito dagli italiani, ossia il pallone, e può contrare su un roster di talenti molto trasversale».
Chi è un influencer? Come si diventa tale?
«È una persona capace di ritagliarsi uno spazio credibile, grazie alle proprie conoscenze, capacità. È una figura che anche prima si muoveva nel mondo della comunicazione ma che oggi ha assunto differenti spoglie. La rete e i social hanno aperto, spalancato molte porte, di fatto democratizzando tutto. Il che ha provocato anche qualche disguido non da poco, facendo credere che si tratti di un lavoro facile, sia per chi lo interpreta sia per chi lo gestisce. Ovviamente non è così».
Ma un influencer avrà sicuramente qualche qualità particolare, o no?
«Un influencer deve essere se stesso, avere la capacità di crearsi un fan base, ossia una serie di ammiratori che lo seguono perché è capace di fare qualcosa di unico, di riconoscibile, di credibile. Il numero dei follower, che fino a poco tempo era considerato determinante, è solo indicativo, la differenza infatti la fa capire quanti dei tifosi siano disposti ad acquistare qualcosa che l’influencer promuove, consiglia, vive».
Come si costruisce e come si evolve una strategia di influencer marketing?
«In due modi: nel primo caso, il brand intende comunicare un determinato progetto, pensiero, valore e noi selezioniamo il possibile influencer; oppure, analizziamo la figura di un influencer, al quale magari piace il basket, contattiamo l’azienda che sta per lanciare un game legato a quello sport e uniamo le due realtà»
Avete qualche esempio concreto?
«Il Papu Gomez, giocatore immagine dell’Atalanta che ha affascinato l’Europa del pallone. Lui è come appare: sorridente, disponibile, molto legato alla sua famiglia ed è per questo che è possibile legarlo, come avvenuto, a marchi che richiamino il nucleo famigliare, il focolare domestico, e quindi Nintendo e i suoi giochi, McDonald’s e o Old Wild West, ma anche Morellato e i suoi gioielli, tutti marchi legati a un’idea di serenità e condivisione familiare. Un altro esempio, differente ma complementare, riguarda un altro campo in cui ci muoviamo, ossia quello media: qualche tempo fa abbiamo incrociato una realtà media digitale, Cronache di Spogliatoio, e ci siamo accorti che copriva un buco di mercato piuttosto unico, ossia il lato tecnico-emozionale, magari legato anche ai campi di provincia e ne abbiamo sposato progetto e valori. Un sito che oggi vanta 4,5 milioni di page views al mese, una pagina Facebook con 263.000 seguaci, 95.000 iscritti su YouTube, 669.000 su Instagram e, soprattutto, un engagement rate oltre il 15%, sinonimo di un alto tasso di fidelizzazione e credibilità del media. Una realtà di cui siamo soci di minoranza e sul quale vogliamo investire molto nei prossimi mesi».
Che percentuale deve avere un livello di engagement per poter sfondare?
«La media è intorno al 3-4%, un dato che inizia a essere interessante, ovviamente in relazione alla fan base di riferimento. Ci sono dei picchi e dei cali, conta la costanza, la continua attenzione ai risultati, la qualità del contenuto».
Come si struttura la vostra offerta?
«C’è stato un prima in cui si lavorava dietro le quinte a supporto di altre agenzie, limitandoci alla fase di talent management. Oggi, ci siamo strutturati in una maniera più profonda e composita., in un processo partito lo scorso anno e arrivato a compimento durante il lockdown: una prima fase consulenziale-creativa; una produttiva; una di delivery, di talent management; una finale, legata alla reportistica. Si tratta di un pacchetto completo, che può essere anche scorporato, per poter usufruire anche solo di una delle 4 voci. Oggi le misurazioni hanno raggiunto ottimi livelli, occorre sempre fare riferimento al ROI. Noi ci troviamo in mezzo, tra il cliente che deve essere soddisfatto e il talent che deve essere tutelato».
Dove volete crescere?
«Ci siamo posti un tempo di cinque anni per rafforzare tutta la unit di lavoro, l’ambito della ricerca e dello sviluppo, per poter essere sempre pronti con un’idea precisa e arrivare a gestire in un mese, per fare un esempio, molti più progetti contemporaneamente, senza perdere di qualità. Ci attendiamo un 2021 importante».
Papu Gomez con i blaster Nerf di Hasbro
Papu Gomez e blaster Nerf, l’influencer che si diverte
Papu Gomez, proprio lui, l’attaccante argentino dell’Atalanta, sfrutta le poche pause a disposizione e si diverte con i giocattoli preferiti da milioni di bambini, compresi i suoi figli: i blaster Nerf di Hasbro. E così non deve sorprendere che diventi virale, con migliaia di visualizzazioni, il video pubblicato sul suo profilo Instagram che mostra le sue abilità anche al di fuori del campo di calcio: E da vero numero 10, non può che farlo con i blaster top di gamma, cioè quelli della nuova ed linea Nerf Ultra, i più prestanti e performanti in assoluto, gli unici in grado di coprire distanze mai viste prima, fino a 36 metri: E, dato che ormai va tanto di moda, Papu Gomez ha lanciato una sfida a tutti gli effetti sia ai suoi milioni di follower su Instagram, sia ad altri amici sportivi. Tutti potranno raccogliere la sua sfida con l’hashtag #NerfUltraChampion.