Il settore continua a crescere, favorito dalle condizioni di vita determinate dalla pandemia. Una buona notizia, soprattutto per gli investitori pubblicitari di prodotti e servizi per il largo consumo
di Pietro Castagna
Gli eSports, ossia il gaming competitivo - individuale o a squadre – sta vivendo una fase di notevole espansione, con la promessa di cristallizzare un mercato multimiliardario a livello globale nel volgere di una manciata di anni. A fargli da apripista, per ogni intuibile analogia, sono stati i videogiochi, che nel nostro Paese hanno avuto grande fortuna fin dalle loro ormai lontane origini. Stando a quanto reso noto qualche mese fa da IIDEA, l’Associazione delle industrie che operano nel settore in Italia, da noi il valore di questo mercato sfiora 1,8 miliardi di euro, pur essendo entrato in una fase matura del ciclo di vita, soprattutto sul versante dell’hardware, con PlayStation 4 e Xbox One che non realizzano più performance entusiasmanti, in attesa di una nuova generazione di dispositivi che però, data la crisi mondiale causata dalla pandemia da Covid-19, probabilmente tarderà a vedere la luce. Lato software, invece, il bilancio si mantiene ancora in attivo, grazie a una crescita che lo scorso anno è stata ancora superiore al 7% e che, complessivamente, ha generato un valore di mercato di 1,4 miliardi. Se la bolla pandemica che avvolge i mercati e le nostre vite, da un punto di vista strettamente industriale, ha nuociuto a tutta la galassia dell’entertainment – con il cinema a lasciare sul terreno quasi l’80% del proprio valore e, al polo opposto, ogni forma di streaming a pagamento spinto a livelli incredibili – sembra però avere risparmiato i videogiochi, che secondo la società di ricerca Newzoo anche in questo dannato 2020 continueranno a crescere, fino a lambire il valore di 160 miliardi di dollari a livello globale. Va quindi da sé che i videogame competitivi, professionistici e amatoriali, stiano traendo notevoli benefici da questa situazione, trascinati per un verso dal trend positivo dei videogame e, per l’altro, dalla minore propensione a vivere liberamente la propria socialità analogica dettata dai comportamenti di distanziamento raccomandati dai Governi e dalla prudenza, quando non la paura, che condiziona il generale approccio con il mondo esterno di ciascuno di noi.
I più entusiasti
Insomma, paradossalmente la pandemia ha di fatto creato condizioni favorevoli all’accelerazione degli eSports, così come sta facendo la fortuna dell’e-commerce e dei tanti servizi che, declinati al digitale, hanno supportato la vita delle famiglie, della didattica e della scuola, dello svago, spesso forzato, alla costante ricerca di proposte gratificanti e coinvolgenti. Nel nostro Paese, inoltre, al vertice delle passioni personali più diffuse ci sono proprio lo sport, a partire dal calcio, l’amore per la sfida e la competizione, il tifo sportivo, l’identificazione con una maglia e i suoi colori, il campanile. E un mondo esterno fattosi traumaticamente minaccioso, con annessa la necessità di centellinare i contatti sociali e lavorativi, non fa altro che creare dilaganti spazi alla tendenza a proteggere sé stessi anche attraverso la sublimazione sportiva di una libertà personale al momento diminuita. Italia e Spagna sono i Paesi europei dove il gaming sportivo ha fatto registrare gli incrementi più stimolanti nel corso dell’ultimo anno. Il 38% del campione internazionale individuato da Newzoo asserisce di essere entrato in contatto con contenuti attinenti gli eSport, con spagnoli (55%) e italiani (53%) in testa. Anche le cifre dell’analisi “Let's Play 2020 - The European Esport Market”, realizzata dalla società di consulenza e ricerca Deloitte, confermano il quadro appena delineato e, di fatto, fanno emergere che il gaming competitivo è uno dei comparti della galassia entertainment dimostratisi capaci dell’affermazione più esplosiva nel corso degli ultimi vent’anni. Tant’è vero che i ricavi diretti generati dal mercato degli eSports, a fine anno, dovrebbero tracimare oltre il miliardo di dollari a livello mondiale, facendo segnare un incremento del 15% rispetto al 2019. Un valore cui partecipano, nell’ordine, Cina (35%), Usa (23%) ed Europa (18%). E ancora, la fetta più grande della torta dei ricavi 2020 sarà prodotta dalle sponsorizzazioni delle aziende, per cui si parla di oltre 630 milioni di dollari, da diritti e royalty, per ulteriori 185 milioni, e dai montepremi dei tornei, pari a circa 167 milioni di dollari. Dai biglietti per gli eventi – voce che sta risentendo pesantemente delle misure restrittive dovute all’emergenza sanitaria – sono stati invece ricavati solo 56 milioni di dollari. Secondo l’opinione dei più accreditati analisti è probabile che il settore faccia registrare incrementi a doppia cifra fino a tutto il 2023.
La manna
Nel 2019, quando sui mercati regnava il perimetro costante della “normalità”, il pubblico globale degli eSports era stato valutato intorno ai 443 milioni di persone, pari a un aumento del 12% rispetto all’anno precedente. Di più, prima dell’epidemia quasi l’80% dei player attivi nel settore aveva archiviato un aumento dei ricavi; per il 45% di loro si trattava di passi avanti superiori al 20%. Ma il buon andamento del consumo di contenuti di gaming sportivo verificatosi durante la pandemia ha portato alla ribalta l’elemento di marketing forse più cruciale legato a questo mondo: il target. Gli addicted degli eSports sono soprattutto individui giovani e ben istruiti, inseriti in contesti familiari alto spendenti. Quasi il 30% dei giovani italiani tra i 18 ed i 34 anni che conoscono gli eSports esprime interesse nei loro confronti, sia in veste di spettatore che di giocatore. Un dato significativo, che mostra quanto pervasivo sia il fenomeno del gaming nella nostra società. E una manna, per le aziende di prodotti e servizi di largo consumo, che per intercettare questo target sono il più delle volte costrette a pianificare investimenti multicanale puntando su complessi e articolati portafogli mediatici. Mentre gran parte dei futuri responsabili degli acquisti sono già oggi fruitori emotivamente coinvolti di “League of Legends” piuttosto che di “Counter Strike: Global Offensive”. La ragione che fa degli eSports una miniera d’oro è tutta qua, ossia nel pubblico che essi sono in grado di servire ai brand alla costante ricerca di touchpoint qualificati per entrare in contatto con il loro mercato potenziale: i primi 100 investitori pubblicitari rubricati dal ranking Nielsen, per fare un esempio. Senza trascurare alcune ricchissime nicchie luxury, visto che Ferrari un anno fa sponsorizzò la nascita del primo campionato digitale targato con il cavallino.
La convergenza
Inoltre, come si diceva più sopra, il 95% della popolazione “esportiva” italiana è appassionata di qualche disciplina sportiva, a partire da calcio (60%) e tennis (36%), segno che una convergenza tra i due mondi – quello reale e quello virtuale - non solo sia possibile, ma auspicabile per creare armonia tra due facce di una medaglia socialmente e culturalmente così impattanti. Durante il lockdown di primavera, per chiudere, gli italiani hanno manifestato attaccamento soprattutto per calcio e motori. Fra i primi 5 giochi più praticati durante quel periodo 4 appartengono a queste due categorie: FIFA (41%), Call of Duty (33%) di preferenze, PES (31%), Gran Turismo (28%) e MotoGp (27%).
Il CIO chiude a GEF e IeSF e va avanti con gli eSports
Il CIO non intende riconoscere nessuna federazione internazionale e dichiara di proseguire solo attività consultive con i due soggetti che si erano proposti come organi di governo del mondo esportivo. Perché è una buona notizia? Perché contemporaneamente viene confermata la volontà di proseguire nell'avvicinare gli e-Sports alle Federazioni. Il CIO ha scelto di perseguire una strada diversa da quella proposta dai due contendenti che, probabilmente, non portavano in dote un importante valore aggiunto. In effetti le guerre per prevalere hanno visto attività più di contrasto che costruttive, anche in Italia ne sappiamo qualcosa. Ovviamente il CIO è interessato a modelli inclusivi e trasversali di cooperazione fra il mondo dello Sport rappresentato dalle Federazioni Sportive Internazionali e chi si occupa di E-Sports. È esattamente quello che sta facendo Federesports in Italia: modello inclusivo, cooperazione con le Federazioni Sportive e con le Discipline Sportive Associate e autonomia nel rapporto con le Federazioni che non possono gestire direttamente il settore. Certamente ogni Comitato Olimpico Nazionale (in Italia il CONI) dovrà avere una Federazione che racchiuda tutti gli Sport Elettronici, riteniamo che lo farà solo con chi ha fatto del CONI e CIO un punto di riferimento.