Nel suo consueto rendiconto al Parlamento, il presidente dell’Autorità garante, Marcello Cardani, ha evidenziato ieri il peso crescente di Facebook, Google e Apple, la concentrazione dei broadcaster e la continua inarrestabile crisi della stampa
Lo scenario dei big data presenta molti “rischi” e necessita di “soluzioni”. Lo ha sottolineato ieri il presidente dell’AgCom, Angelo Cardani, nella Relazione annuale riferita al 2017, inserendo tra i primi “l’esistenza di un ecosistema governato da poche grandi multinazionali, con la possibile alterazione del flusso informativo planetario”. Le soluzioni corrono lungo tre direttrici: disciplina dei mercati, neutralità e trasparenza degli algoritmi e proprietà dei dati. Per dare un’idea della tendenza in atto al monopolio, Cardani ha ricordato che “sono 6 le app installate da più di un miliardo di utenti nel mondo e 3 imprese ne detengono 8 delle 10 più scaricate: Facebook, Google e Apple”. Cardani ha poi parlato del fenomeno fake news: “L’informazione è un valore fondante della convivenza democratica e della libera manifestazione delle opinioni e, per questo, va utilizzata, costruita e diffusa con estremo rigore e cautela”.
Il copyright
Un passaggio anche sul copyright: “Nel corso del 2017 ha mosso passi importanti il processo di parziale liberalizzazione del mercato dell’intermediazione dei diritti d’autore, che si affianca alla realizzata liberalizzazione di quello dell’intermediazione dei diritti connessi”. Sempre Cardani ha spiegato che, lo scorso anno, sono raddoppiati gli accessi alla banda ultralarga, passati da 2,3 a 4,5 milioni. “La crescente domanda di contenuti video online su rete fissa - ha proseguito - è alla base del sensibile incremento del consumo di banda e traffico dati (+30%). Il consumo-dati da parte degli utenti è cresciuto in misura ancora maggiore (+48%) nella telefonia mobile. Tanto che, proprio nella telefonia mobile, per la prima volta, la spesa in servizi-dati ha superato quella in servizi-voce”.
Editoria a -5,2%
Continua inarrestabile, invece, la crisi dell’editoria: sempre nel 2017 – all’interno della macro-area della comunicazione, ammontata a 52,4 miliardi di euro - “il valore economico del settore di quotidiani e periodici registra una ulteriore flessione: 3,6 miliardi di ricavi complessivi, ossia il -5,2%. Tanto che il comparto, nell’ultimo decennio, ha perso all’incirca metà del suo peso economico”. Alla presentazione è intervenuto anche il presidente della Camera, Roberto Fico, che ha lanciato l’appello al Parlamento perchè affronti il conflitto d’interessi in questa legislatura. “Le soglie di concentrazione nel sistema delle comunicazioni - ha detto - dovrebbero costituire per il legislatore il presupposto di un ragionamento non più rinviabile. Un corretto funzionamento del settore delle comunicazioni è un obiettivo da raggiungere anche attraverso il completamento del mercato unico digitale e la promozione della competitività delle imprese europee del settore”.
La televisione
Secondo i dati della relazione, i ricavi del settore delle comunicazioni sono stati in crescita dell’1,2% sull’anno precedente. Quello televisivo resta molto concentrato, con il 90% delle risorse detenute da Fox-Sky con il 33% (in crescita di 1 punto), Rai con oltre il 28%, pur in contrazione (-1,5 punti rispetto al 2016) e Mediaset con un peso pari (sostanzialmente invariato): ma il 2017 è stato l’anno della definitiva consacrazione della “televisione liquida”, con circa 3 milioni di cittadini che la guardano abitualmente in streaming, e in numero 3/4 volte superiore che scaricano abitualmente contenuti televisivi sui propri device. La tv tradizionale manifesta comunque importanti segni di tenuta, sia in termini di risorse sia di ascolti, con 25 milioni di contatti medi nel prime time. Tra i “big”, svettano Netflix, con 125 milioni di sottoscrittori a livello mondiale, di cui diverse migliaia in Italia dove è presente fin dall’ottobre 2015, e Amazon che, nei primi mesi del 2017, ha fatto il proprio ingresso nell’offerta di contenuti audiovisivi a pagamento con il servizio “Amazon Prime Video”. La televisione perde un 2% di ricavi, ma con una significativa differenza tendenziale tra free (-3,5%) e pay (-0,2%). Nel 2016 i primi 9 gruppi del Sic - 21st Century Fox (Sky Italia, Nuova Società Televisiva Italiana e Fox Networks Group Italy), Fininvest (Mediaset, Arnoldo Mondadori Editore e Mediamond), Rai, Cairo Communication/RCS Media Group, Google, GEDI, Facebook, Italiaonline e Gruppo 24 Ore - rappresentano congiuntamente, con quasi 11 miliardi di euro, il 61%.
Le tlc
Per il solo settore delle telecomunicazioni, dice AgCom, il fatturato è salito a oltre 32 miliardi, con un incremento dello 0,9% rispetto al 2016. Segno meno per il settore media, il cui fatturato è sceso dello 0,9% a 14,6 miliardi, e l’aumento della raccolta pubblicitaria è dovuto esclusivamente all’online, che cresce ancora a due cifre e vale ora 2,2 miliardi (quella di quotidiani, periodici e radio assieme non arriva a 1,9 miliardi), mentre quasi tutti i mezzi tradizionali registrano un andamento negativo. Sul fronte degli investimenti nelle tlc torna il segno positivo degli investimenti infrastrutturali (+1,6%), grazie al trend di ripresa degli investimenti sulla rete fissa che compensa la fisiologica decrescita di quelli sulla rete mobile dopo i balzi in avanti degli anni passati. Detti investimenti ammontano nel complesso a 7 miliardi. Crescono più di tutti, infine, i ricavi dei servizi postali, in aumento del 6,6% a 7,4 miliardi.