L’incontro, che si terrà al Politecnico di Milano il prossimo 28 giugno, avrà come tema portante gli AI Pattern, percorsi esperienziali attivati dai consumatori attraverso prodotti e servizi che utilizzano l’artificial intelligence. Un’anteprima con Giovanni Pola, Ceo e Founder di GreatPixel
La materia è di quelle complicate. L’Intelligenza Artificiale terrorizza e allo stesso tempo accende entusiasmi, è vista come un mostro e come un angelo che ci porterà nel futuro. Ma cosa diavolo è? La cosiddetta AI è una serie di algoritmi capaci di svolgere in autonomia funzioni che richiederebbero un intervento umano, come ad esempio tradurre un testo, riconoscere oggetti nelle foto, trascrivere un discorso orale, e così via. In realtà «è usata come un’etichetta unica per un fenomeno di grande portata, che si studierà per anni», ci spiega Giovanni Pola, Ceo & Founder di GreatPixel. La tecnologia è molto duttile, e già oggi è utilizzata per un’infinità di funzioni, specialmente nel digitale. Una di queste è il miglioramento della user expierience, grazie alla capacità di interpretare i comportamenti dei consumatori ed erogare contenuti, creatività e servizi personalizzati per ogni singolo utente. Saranno proprio gli AI Pattern la chiave di volta della seconda edizione dell’evento Experience Matters, che si terrà a Milano il prossimo 28 giugno (dalle ore 9 presso il Politecnico di Milano - Via Candiani 72, aula F.lli Castiglioni, Edificio B1, 3° piano). Gli organizzatori saranno POLI.design, rappresentato dal professore Venanzio Arquilla, Personalive guidato da Andrea Boaretto e la stessa GreatPixel, e proprio con Giovanni Pola DailyNet ha approfondito il tema dell’artificial intelligence.
Dopo la prima edizione sui Dark Pattern, Experience Matters torna riproponendo un nuovo tema: gli AI Pattern. Che percorso state seguendo? E cosa si intende per AI Pattern?
Insieme ai nostri partner, abbiamo deciso di creare questa serie di eventi per parlare di marketing e design. Nel primo appuntamento ci siamo concentrati sul design utilizzato in modo inopportuno per guidare acquisti in modo occulto, ovvero attraverso Dark Pattern, quest’anno invece abbiamo provato ad indagare la faccia buona della medaglia. Gli AI Pattern sono i percorsi esperienziali attivati dai consumatori attraverso prodotti e servizi che utilizzano l’artificial intelligence. In pochi si sono mossi per scoprire quale sia effettivamente il rapporto degli utenti con la tecnologia, noi ce lo siamo chiesti e abbiamo fatto una survey su un campione che rappresenta ben13,5 milioni di shopper digitali italiani. Abbiamo raccolto i loro pareri in due modi, lasciandoli liberi di esprimersi e mettendoli davanti a una serie di servizi che utilizzano l’AI, chiedendo poi loro se sapessero da che tecnologia fossero alimentati. Raccolti i dati, abbiamo poi chiamato degli esperti per analizzarli. I risultati saranno rivelati durante l’evento.
L’AI ha portato a un cambiamento nell’approccio al dato?
Quando un essere umano si trova davanti a una montagna di dati e li deve analizzare, crea delle sovrastrutture che ne diano un ordine utile a raggiungere un obiettivo. L’AI invece utilizza un processo inverso, apprende direttamente dai dati e ne estrae degli insight. Insomma, non parte cercando qualcosa nei dati, ma legge tutti i dati e ne estrae il senso.
Quanto ne sanno i consumatori di questa tecnologia? E che livello di cultura hanno raggiunto invece le aziende?
Stiamo iniziando a capire che ci vuole un po’ di cultura per comprenderla appieno. Ma chi ne ha compreso le logiche pretende più qualità che in passato. Oggi, una raccomandazione sbagliata incide molto di più rispetto a un anno fa. Dal mio punto di vista, poi, sono già disponibili prodotti e servizi che possono sbloccare potenziale, ma le aziende non hanno raggiunto un grado di informazione molto più alto dei consumatori, e questo rappresenta un blocco sia per l’implementazione sia per il miglioramento della tecnologia. Addirittura, c’è molta più domanda relativa agli ecommerce rispetto all’offerta, e all’interno degli ecommerce non è ancora chiaro come utilizzare l’AI.
Qual è invece il contributo dell’Italia allo sviluppo?
I colossi del digitale mettono a disposizione interi sistemi di AI, ma anche alcuni pezzi, in modo da coinvolgere le aziende in progetti completi o per operazioni singole. In questo modo si alimenta l’economia di scala, in cui più questi attori sono grossi e più guadagnano. Possiedono tecnologie, dati e budget. Diventa difficile quindi competerci. Ma l’Italia è un’eccellenza a livello mondiale su robotica e automazione, che è il passo immediatamente successivo all’AI. Grazie proprio all’industria 4.0 diventa opportuno concentrarsi di più su queste sfide invece di lasciare spazio alla retorica sui big del settore. Abbiamo le potenzialità non solo per resistere all’impatto che avrà l’AI sull’economia, ma addirittura per cavalcarlo. E infatti durante l’evento abbiamo invitato aziende del calibro di Fastweb e Candy Hoover per avere un punto di vista delle imprese.