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Open Influence racconta il rapporto tra Influencer e i big della rete

Autore: Redazione


Torniamo a parlare di Influencer Marketing insieme a Karim De Martino, che ricopre il ruolo di VP Business Development Europe a Open Influence

di  Karim De Martino    Karim@openinfluence.com   
Twitter, il pioniere

Dei grandi player del mondo social, Twitter è stato il primo a fare una mossa, acquisendo nel 2015 il network di Influencer Niche per circa 30 milioni di dollari. La società, fondata un paio d’anni prima (2013) raccoglieva al suo interno 6.000 influencer, prevalentemente attivi su Twitter e Vine, che in quegli anni era sulla cresta dell’onda. Successivamente alla chiusura di Vine, Niche ha allargato il suo spettro a tutti gli altri social, reclutando influencer di YouTube, Facebook e Instagram. Lo scorso anno, a marzo, gli influencer erano oltre 45.000. Nel luglio 2017 il co-founder Darren Lachtman ha lasciato Twitter-Niche e, stando ai media, in 4 anni Niche avrebbe generato oltre 200 milioni di revenue. Di fatto Niche è considerato negli States uno dei primi e principali player di questo settore, ma c’è da dire che la sua attività in Italia è stata praticamente nulla, soprattutto a seguito della chiusura degli uffici nel nostro Paese, nel novembre 2016.

YouTube, il partner

La piattaforma di video sharing di proprietà di Google ha da sempre puntato tutto sui contenuti generati dagli utenti e quindi sui creator stessi. YouTube ha offerto fin dall’inizio programmi di partnership per Influencer, offrendo un modello di business basato sulla monetizzazione delle views pagate dagli inserzionisti. I creator dunque possono avere una revenue da ogni dollaro incassato da Google e il modello simbiotico ha permesso uno sviluppo importante dell’influencer marketing su questa piattaforma. L’idillio è durato anni, fino ai primi mesi del 2018, quando YouTube ha aggiornato i propri algoritmi facendo registrare a molti influencer un crollo fino al 75% nei profitti. Molti hanno quindi ripiegato su modelli di monetizzazione differente, come l’inserimento di contenuti all’interno di video co-branded con le aziende. Questo sta spostando i budget delle aziende dagli MCN (Multi-Channel Network) ad agenzie multi-piattaforma come Open Influence, che lavorano a progetti di influencer marketing a 360 gradi.

Snapchat, lo snob

Il rapporto tra Snapchat e gli influencer non è mai stato roseo. Molti avranno sentito di quanto è successo a febbraio: Kylie Jenner ha scritto un Tweet che diceva “Sooo does anyone else not open Snapchat anymore? Or is it just me... ugh this is so sad” e le azioni di Snap hanno perso il 6% del valore in borsa, bruciando 1,3 miliardi di dollari. Sicuramente questa è la punta dell’iceberg di una relazione difficile a causa delle posizioni che Snapchat ha sempre assunto nei confronti degli influencer. Il founder Evan Spiegel ha sempre sostenuto che Snapchat è un'app che punta sugli utenti e i loro amici, non sugli influencer. Dopo il lancio di Instagram Stories dunque, molti influencer hanno abbandonato il social network snob, per gettarsi nelle braccia di Mark Zuckerberg, che è stato bravissimo a prevedere le loro esigenze e affinare gli strumenti a loro disposizione, trasformandoli in star. Solo di recente, a inizio 2018, la politica di Snapchat è cambiata e l’azienda ha messo a disposizione degli influencer un sistema di analytics con l’obiettivo di riconquistarli. Ci riuscirà?

Facebook, il regolatore

Facebook (e di conseguenza Instagram che rientra sotto lo stesso cappello) si stanno muovendo sul mondo influencer in maniera molto interessante. Da una parte il social network sta inasprendo le sue policy per creare una netta distinzione tra quello che i brand possono fare con gli influencer e quello che invece deve ricadere nel media (la fonte di revenue di Facebook). Dal 1 marzo ad esempio c’è il divieto per gli influencer di farsi pagare per il re-post di contenuti forniti dal brand (ad esempio il trailer di un film o il flyer di un’offerta commerciale). Nello specifico Facebook chiede agli influencer di “Non accettare beni di valore per la pubblicazione di contenuti che non hai creato o dei quali non hai partecipato alla creazione oppure che non ti comprendono”. Questo significa che gli influencer che vorranno collaborare con le aziende dovranno pubblicare solo contenuti originali e non “markette”. Una buona notizia per le agenzie che come Open Influence fanno nella componente creativa e del processo di gestione delle campagne il loro punto di forza. Per i clienti interessati solo a distribuire un loro contenuto pre-confezionato rimane invece la strada dei post sponsorizzati. A questa “chiusura” si va però ad aggiungere l’apertura in un'altra direzione: a fine 2017 Facebook ha lanciato negli USA un tool per cercare Influencer, utilizzando i dati proprietari per analizzare le audience (sesso, età, interessi, reddito, posizione geografica). Il test è stato limitato agli influencer del mondo food e una volta che il cliente aveva individuato gli influencer poteva scegliere se contattarli direttamente o affidarsi a una serie di agenzie partner. Insomma, l’approccio rimanda a quello avuto con le agenzie che gestiscono pagine Facebook: non si tratta di un modello di business scalabile quindi Mark Zuckerberg non è interessato a entraci direttamente, ma piuttosto ad individuare dei partner con l’obiettivo che questo poi si trasformi in revenue, grazie alla sponsorizzazione dei contenuti prodotti dagli influencer.

Amazon, il commerciale

Il colosso dell’ecommerce ha da poco lanciato un programma di affiliazione dedicato esclusivamente a Influencer. Per accedere bisogna avere un certo numero di follower su Facebook, Instagram, YouTube o Twitter. Gli iscritti possono cercare, scegliere e promuovere una selezione di prodotti in vendita su Amazon e ricevere una provvigione sulle vendite. Un modello di business molto semplice e chiaro, che punta su gli influencer capaci di portare conversioni, piuttosto che sull’awareness che sono in grado di generare, senza la necessità di includere intermediari.


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incarichi e gare

Autore: Redazione - 24/04/2024


KFC Italia sceglie KIWI come nuovo partner per la gestione dei social

Si arricchisce di una collaborazione di grande valore il 2024 di KIWI che, a partire da questo mese, è ufficialmente il nuovo partner per la gestione dei canali social di Kentucky Fried Chicken Italia, l’iconica e leggendaria catena di fast food specializzata in pollo fritto. La unit di Uniting Group, scelta da KFC a seguito di una gara, assume l’ownership dei canali Meta (Facebook e Instagram, con l’obiettivo di aprire anche Threads), LinkedIn e TikTok del brand. “La vittoria parte innanzitutto da una ricerca approfondita sul tone of voice. Abbiamo identificato nell’autenticità, nella schiettezza e nella boldness, che da sempre appartengono al brand, degli ottimi punti di partenza per rivolgerci alla GenZ e ai Millennial che sono il pubblico per eccellenza di KFC. Si tratta di un brand unico e amatissimo in tutto il mondo, con un prodotto e degli asset di comunicazione inconfondibili e potenzialità social ancora parzialmente inespresse in Italia”, afferma Andrea Stanich, Direttore Creativo Esecutivo di KIWI, Part of Uniting Group.  La strategia L’attenzione di KIWI sarà molto concentrata sulla crescita e sul coinvolgimento sempre maggiore della community. Anche i lanci, le promo, le aperture, i servizi e le innovazioni tecnologiche saranno comunicate senza perdere di vista l’intrattenimento. Una gestione del community management informale e diretta contribuirà ad alimentare il dialogo quotidiano con gli utenti. “Una parte rilevante del piano social di KFC - prosegue Federica Pasqual, COO di KIWI e Freshhh, Part of Uniting Group - sarà costituita da contenuti video originali agili e veloci, che ci piace definire ‘snackable’. Oggi più che mai è fondamentale affiancare i nostri brand partner intercettando le opportunità di comunicazione e i trend in modo istantaneo; questo, nel day by day, viene facilitato dalla collaborazione con la unit Freshhh, nata inizialmente come spin-off di KIWI, realtà che può contare, dall’ultimo quarter del 2023, su uno spazio produttivo dedicato”.  Dieci anni di pollo fritto in Italia KFC, società del gruppo Yum! Brands, è leader mondiale nel settore dei ristoranti che servono pollo fritto. Nato oltre 70 anni fa e presente in Italia da 10 anni, il brand ha avuto nel nostro Paese una crescita che l’ha portato oggi a 87 ristoranti in 15 regioni, con l’obiettivo di arrivare a 100 locali entro la fine dell’anno. Il gusto unico del pollo fritto di KFC si deve al Colonnello Sanders, fondatore del brand e inventore dell’Original Recipe, la ricetta che contiene un inimitabile mix segreto di erbe e spezie e che ancora oggi viene preparata come una volta nei ristoranti di Kentucky Fried Chicken. “Cercare ogni giorno di costruire una relazione sincera e coinvolgente con il nostro target di riferimento rappresenta uno degli obiettivi principali per i prossimi anni, forse la chiamerei una missione. La GenZ è la nostra audience, vogliamo rivolgerci loro in maniera diretta e convincente - afferma Marzia Farè, Chief Marketing Officer di KFC in Italia -. La scelta dei temi, dei canali, del linguaggio e il tono di voce da adottare diventano pertanto ogni giorno più cruciali; vorremmo esser riconosciuti come contemporanei e autentici e credo che la collaborazione con KIWI possa davvero esser l’occasione giusta per far un passo ulteriore di crescita in questa direzione. Il team KIWI che ci affiancherà è pieno di energia e voglia di fare, abbiamo le premesse migliori per far bene e divertirci”.

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spot

Autore: V Parazzoli - 09/04/2024


Lorenzo Marini Group firma “Il divino quotidiano” di Amica Chips, con una versione più “rispettosa” in tv e una più trasgressiva sui social

È on air la nuova campagna tv Amica Chips, realizzata, dopo aver vinto la relativa gara, da Lorenzo Marini Group, che propone una comunicazione fuori dagli schemi tradizionali con un linguaggio ironico, forte e trasgressivo, destinato a colpire un target giovane non abituato a messaggi “televisivi tradizionali” ma a stilemi narrativi social. Non a caso, dello spot sono state approntate una versione più “provocante” appunto per i social e una più rispettosa di un target tradizionale per la tv, con planning sempre di Media Club. Il film Le protagoniste dello spot sono delle novizie, riprese in fila sotto al chiostro del monastero mentre si apprestano ad entrare in chiesa. In sottofondo si sente la musica dell’“Ave Maria” di Schubert, eseguita con l’organo che accompagna questo ingresso. Le novizie sono in fila verso l’altare e la prima sta per ricevere la comunione dal prete celebrante…In quel momento si sente il suono della croccantezza della patatina, un “crunch” amplificato in perfetto sincrono con il momento in cui la prima novizia ha ricevuto l’ostia. Le altre in fila, al sentire il “crunch”, sorridono divertite e guardano nella direzione da cui proviene il rumore “appetitoso e goloso” della patatina croccante. La Madre Superiora infatti è seduta in sagrestia e, rilassata in un momento di pausa, sta mangiando con gusto le Amica Chips prendendole da un sacchetto che tiene in mano. Pack shot con le patatine Amica Chips e in super appaiono logo e claim di campagna “Il divino quotidiano”. Obiettivi e target L’obiettivo principale della comunicazione è quello di riaffermare il ruolo da protagonista di Amica Chips in comunicazione, da sempre protagonista di campagne forti e distintive con un tono da leader, per aumentare la percezione del suo valore di marca e consolidare la sua brand awareness. La campagna, che vuole sottolineare l’irresistibilità del prodotto ed esaltare la sua croccantezza superiore, sarà sviluppata con un sistema di comunicazione integrato teso a massimizzare l’impatto e la copertura di un target 18–54 anni, con particolare focus per la parte più giovane (18-35) sui canali digital e social. Un target che, in chiave psicografica viene descritto come composto da persone che nella loro vita ricercano ironia, divertimento e simpatia e che hanno un atteggiamento sociale aperto ed evoluto, con una ricerca continua di uscita dagli schemi convenzionali. Il messaggio vuole esprimere, con forte ironia “british”, un contenuto di prodotto legato al momento dello snack e, attraverso una descrizione iperbolica e provocante, esprimere il valore della croccantezza irresistibile della patatina Amica Chips. Si vuole rappresentare, in modo palese e senza fraintendimenti di tipo religioso, una situazione “chiaramente teatrale e da fiction”, tratta da citazioni del mondo ecclesiastico già abbondantemente trattate nella cinematografia mondiale, nelle rappresentazioni teatrali e nella pubblicità. Lo spot 30” verrà programmato sulle reti Mediaset, Cairo e sulle CTV, oltre che sui canali digitali. Il commento «Le patatine sono una categoria mentale compensativa e divertente – spiega Marini a Dailyonline -.. Hanno bisogno di comunicazioni ironiche, giovani e impattanti. L’area semantica della serietà è noiosa, funziona per prodotti assicurativi o farmaceutici. L’area del divertimento e della giocosità si sposa benissimo invece con questo settore». Credits Direzione creativa: Lorenzo Marini Copywriter: Artemisa Sakaj  Planning strategico e direzione generale: Ezio Campellone Account service: Elma Golloshi Casa di produzione: Film Good Executive producer: Pierangelo Spina Regia: Dario Piana Direttore fotografia: Stefano Morcaldo Producer: Sara Aina Musica: “Ave Maria” di Schubert – esecuzione di Alessandro Magri  

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