Autore: Redazione
24/05/2018

GroupM illustra il suo impegno per la brand safety e per una pubblicità di qualità

A Milano sono intervenuti Fides Tosoni, Chief Digital Transformation Officer, Federica Setti, Chief Research Officer, e John Montgomery, EVP Brand Safety di GroupM Global, per aggiornare il mercato sulle mosse della holding media e l’impegno per affrontare le sfide del settore

GroupM illustra il suo impegno per la brand safety e per una pubblicità di qualità

A Milano per moderare un panel di IAB Interact in programma nella giornata di oggi, John Montgomery, EVP Brand Safety di GroupM Global, è intervenuto ieri per discutere con la stampa delle ultime evoluzioni del mercato pubblicitario e della strategia intrapresa dalla holding media parte di WPP. A introdurre i lavori è stata Fides Tosoni, Chief Digital Transformation Officer di GroupM Italia.

Partendo dalla constatazione che il segmento dell’advertising digitale è in una fase di consolidamento anche nel nostro Paese - è arrivato al 28% del market share, per un giro d’affari di circa 2,2 miliardi di euro -, Fides Tosoni ha sottolineato la necessità di affrontare con consapevolezza le sfide che questa evoluzione porta con sé. «GroupM - ha detto - è impegnata nello sviluppo di linee guida per promuovere il livello qualitativo dell’advertising».

Una proposizione che non si limita alla sola relazione con i clienti, ma che si traduce in un lavoro quotidiano di educazione al settore. «Oggi non siamo a un punto di arrivo, ma stiamo affrontando un percorso in divenire, per questo abbiamo deciso di dedicare un momento di confronto con John Montgomery». La presenza del manager nella nostra città, infatti, è stata utile per allargare il dibattito a una visione internazionale più ampia riguardante i grandi temi del digitali.

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Fides Tosoni, Chief Digital Trasformation Officer di GroupM
Italia, la prospettiva è positiva

Quindi ha preso la parola Federica Setti, Chief Research Officer di GroupM Italia, la quale ha dato un’interpretazione positiva del nostro mercato: «La crescita è spinta da driver come mobile, social e video. E anche la search mantiene una traiettoria favorevole», ha precisato. Ma il mercato è maturo e, come già detto, affiorano nuove sfide, su tutte l’importanza di garantire un ambiente pubblicitario “clean e safe”.

Un concetto che è divisibile in tre macro-aree. La prima è quella della user experience, minacciata da formati pubblicitari talvolta troppo invasivi che hanno portato gli utenti ad adottare filtri per bloccare la pubblicità. La seconda area è quella del coinvolgimento dell’utente: in questo caso le persone tendono a “skippare” i video troppo lunghi, mentre diviene preferibile adottare formati più brevi in grado di catturare l’attenzione, senza però annoiare. La terza è riconducibile ai contesti safe. E qui la prospettiva è benevola: «Secondo nostri benchmark 2017 misurati con tool di ad verification IAS e Moat, l’ad fraud è pari allo 0,7% e la brand safety, ovvero annunci inseriti in contesti particolarmente sensibili come contenuti per adulti, violenti, sulle droghe, su download illegali, raggiunge il 3,6% delle impressions», ha aggiunto.

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Federica Setti, Chief Research Officer di GroupM

In questo contesto s’inserisce il sostegno attivo di GroupM alla Coalition for Better Ads, di cui la sigla fa parte. L’organizzazione ha riportato in auge anche il tema della creatività, che va ripensata e riadattata a nuove logiche che, come già visto, privilegino video brevi ed emozionali e non infastidiscano i consumatori. Il contesto safe è connesso, invece, alla viewability, che richiede standard sempre più stringenti e in linea con gli obiettivi, e alle già citate ad fraud e brand safety. Per validare il tutto diventa fondamentale la misurazione di terze parti, in questo senso GroupM collabora con quattro partner. Questo spostamento nel settore della pubblicità ha degli effetti: oltre all’adozione di nuovi formati, si registra un aumento dei costi perché l’inventory di qualità tende a scarseggiare, mentre la transizione verso soluzioni qualitative richiederà uno sforzo più importante nei deal in reservation, con il programmatic che è già compliant. La decisione finale spetterà poi ai clienti, i quali dovranno fissare il rischio di tolleranza.

GroupM punta sul nuovo parametro della qualità
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John Montgomery, EVP Brand Safety di GroupM Global

«La preoccupazione più urgente dei clienti a livello globale riguarda la garanzia di inserimento del marchio in contesti appropriati e non sconvenienti. Per quanto ci si applichi per garantire continuamente che l’intero ecosistema digitale rimanga il più sicuro possibile, l’enorme scala e la velocità con cui gli annunci vengono serviti e consumati rendono inevitabile una certa misura di rischio», ha esordito John Montgomery.

Per rispondere a questa situazione GroupM ha varato una strategia che copre tutti gli aspetti capaci di mitigare il rischio. Tra i principali ci sono la viewability e le frodi, che hanno un impatto finanziario, il tema del contesto e della user experience, connessi alla reputazione e, infine, il GDPR, relazionabile al tema legale. «Ora disponiamo di un team global specializzato in brand safety in Asia, in Europa e in America, con una rete di “ambassador” locali presenti in ogni agenzia e in tutti i Paesi in cui operiamo», ha proseguito Montgomery.

Il manager ha affrontato l’argomento della qualità, strettamente correlato alla safety e all’impegno di GroupM per un miglioramento di tutto l’ecosistema. La holding è consapevole che le grandi piattaforme come Facebook e Google (YouTube), alimentate da user generated content, non potranno mai essere del tutto verificabili manualmente. «La tecnologia può essere d’aiuto, ma non è perfetta».

In questo senso i due OTT hanno aumentato l’organico assumendo migliaia di nuove risorse per controllare le miriadi di contenuti che vengono caricate ogni minuto, ogni ora, ogni giorno. Tuttavia queste piattaforme portano via una fetta consistente del mercato digitale, solamente ridistribuendo contenuti. Contenuti che sono prodotti da redazioni ed editori attraverso importanti sforzi economici. Tornando nuovamente sulla qualità, Montgomery ha evidenziato come sia necessario riconsiderare la logica del CPM, per abbracciare con forza quella della qualità. «Educhiamo i clienti e l’industry per introdurre questa dimensione, specialmente nelle modalità di misurazione delle campagne».

Ma cosa significa qualità? «Significa che un annuncio sia fruito da un essere umano, veicolato al giusto target, in un ambiente sicuro». Una trasformazione che coinvolge tutti: le agenzie, che devono educare, fornire standard, investire in tecnologia «e soprattutto premiare i publisher», che a loro volta devono garantire una user experience il più elevata possibile. E, infine, i clienti, che devono guidare questo passaggio. Perché per Montgomery: «You get what you pay for».