In un’intervista al Corriere della Sera, l’amministratore delegato della compagnia ha spiegato che Wind e 3 lavoreranno su segmenti di mercato diversi, ma non ha ancora rivelato il nome del marchio con cui il gruppo opererà sul segmento business
Ha svelato alcune importanti novità anche sul fronte del marketing e della comunicazione di Wind Tre l’intervista che il suo a.d., Maximo Ibarra, ha rilasciato domenica scorsa a Daniela Manca sul Corriere della Sera. Il ceo della società controllata dalla russa Veon (ex Vimpelcom) e dai cinesi di CK Hutchison, e che conta circa 34 milioni di clienti - dopo aver annunciato che entro fine anno saranno 2,2 milioni le famiglie che avranno a disposizione l’internet superveloce, destinate a diventare 3,8 a fine 2018 e che, sul mobile, la compagnia avrà presto un unico network con 21.000 impianti di trasmissione 4g - ha ribadito infatti che Wind e 3 resteranno autonomi: “due brand forti ma complementari, che lavoreranno su segmenti di mercato diversi. Il primo orientato alle famiglie e alla convergenza fisso-mobile, il secondo concentrato sui millennials, il mobile e la digital innovation”. E ha anticipato che, per le aziende, Wind Tre, invece, avrà un unico marchio, anche se ancora non ne ha svelato il nome. “Oggi – ha detto - copriamo il 70% della popolazione con l’Adsl. Grazie alla collaborazione con Open Fiber, stiamo sviluppando la rete in Fiber To The Home, l’unica in grado di garantire un vero salto di qualità per velocità e stabilità. Marciamo velocemente per connettere la maggior parte delle famiglie italiane. Quattro città - Milano, Torino, Bologna e Perugia - sono già coperte”.
E ha aggiunto, parlando del contesto generale: “L’occasione è da non perdere. Per il Paese e per le aziende. I cittadini, ma soprattutto la grande ragnatela di piccole e medie imprese, possono superare gli ostacoli dovuti a dimensione e vincoli burocratici grazie alle enormi potenzialità della tecnologia. Certo, servono forti investimenti in formazione e infrastrutture – ha continuato -. Ci vorrebbe una sorta di Piano Marshall della scuola italiana che, a partire dal merito, riesca a far emergere le migliori energie che possano fare da traino e dare spazio all’innovazione. C’è bisogno di un approccio multidisciplinare che spinga i giovani a cogliere il cambiamento in corso, non a subirlo. Questi ultimi, con adeguate skills digitali, possono lavorare per le aziende e, soprattutto, costruirne di proprie. C’è un cambio di paradigma, con un ruolo centrale dell’open innovation. Basta guardare a quello che avviene negli USA, dove giovani e start up indicano la strada dell’innovazione alle grandi company”. E, in conclusione, Ibarra ha anche riaffermato l’interesse della compagnia a stringere forti alleanze con chi produce contenuti, ovvero i broadcaster, anche se ha escluso un interesse a partecipare alle prossime aste per i diritti del calcio.