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John Montgomery, EVP per la Brand Safety di GroupM: «Vogliamo aiutare i clienti a gestire la tecnologia; bene l'Italia»

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Il top manager della holding di WPP in visita a Milano spiega a DailyNet le strategie intraprese per elevare il livello qualitativo della pubblicità, predice un comparto sempre più orientato al programmatic e chiede a Facebook di fare di più sul tema della trasparenza

Aumentare il livello qualitativo della pubblicità al fine di abilitare appieno le opportunità della comunicazione digitale. Un obiettivo ambizioso, finito in cima all’agenda di GroupM, la più grande holding media in Italia e nel mondo, ed emerso contestualmente allo sviluppo tecnologico del sistema advertising. Ma l’evoluzione può rivelarsi un’arma a doppio taglio, perché insieme alle infinite e senza dubbio positive possibilità si annidano una serie di rischi che la sigla di WPP vuole scongiurare mettendo in campo linee guide e strumenti utili non solo a supportare i propri partner, ma volti a contribuire a una sana crescita del settore nel suo complesso. I rischi già citati hanno un impatto sulla brand safety e sono perlopiù legati a temi quali viewability, frodi, ad blocking.

DailyNet ha approfondito la questione insieme a John Montgomery, Executive Vice President per la brand safety di GroupM. Montgomery è una delle personalità più riconosciute dell’industry nell’intero panorama mondiale tanto che nel 2013 AdWeek lo ha inserito nella lista delle 12 persone più ‘smart’ nel media. Il manager ha esordito in Ogilvy nel 1989, in Sud Africa, e quindi ha trascorso la sua carriera in WPP, dove si è mosso tra varie strutture operando in diversi Paesi, tra cui Olanda e Stati Uniti. Da luglio dell’anno scorso è stato nominato Global EVP per la brand safety, un ruolo che nessun concorrente ha ancora istituito e appositamente creato per accompagnare i clienti di GroupM ad affrontare le sfide più critiche del momento.

Cosa significa, in concreto, essere responsabile per la brand safety di GroupM?

Il concetto di brand safety è in continua trasformazione. Ricordo, poco meno di dieci anni fa, quando si è cominciato a parlare anche presso il congresso americano della relazione tra privacy e cookie pubblicitari. Da allora le cose sono mutate rapidamente e al tema della privacy se ne sono affiancati altri, come l’ad blocking, la viewability, le frodi, e la misurazione di terze parti. Oggi GroupM considera in totale nove categorie di brand safety, la più importante delle quali è il contextual brand safety, vale a dire riguardante i contesti in cui appaiono gli annunci, seguita da viewability e frodi.

John Montgomery

Alla luce di quanto detto, come evolve il ruolo dei centri media?

Il nostro compito è aiutare, accompagnare e supportare i clienti a gestire le numerose e diverse tecnologie all’interno di un panorama che si fa via via più complesso. L’obiettivo finale è fare in modo di poter comprare annunci di qualità, visualizzati da un pubblico umano e profilato efficacemente, riducendo così gli sprechi e aumentando il grado di percezione della pubblicità.

Tra le molte evoluzioni del digital advertising, c’è la pubblicità programmatic.

Credo che, se utilizzata la giusta tecnologia, il programmatic risulti migliore e in grado di apportare maggiori benefici rispetto alla vendita diretta. Tutto sarà programmatic e anche altri media, in particolare radio e televisione, saranno progressivamente contaminati da questa metodologia di pianificazione. Uno sviluppo che è anche più rapido di quanto ci aspettassimo, ma occorre mantenere alta la guardia perché i rischi per la sicurezza dei brand sono concreti e nemmeno il programmatic advertising ne è indenne.

Com’è possibile ridurli al minimo se non addirittura azzerarli?

Come GroupM operiamo prevalentemente tramite private auction, private deal o direct integration. Un’altra strategia è quella di attivare delle whitelist e delle blacklist. O ancora fare leva su operatori di terze parti per certificare la qualità dell’inventory. La nostra volontà è appunto creare un ambiente più sicuro, specialmente nel contesto, per gli inserzionisti.

Quali sono le conseguenze di questi sforzi in termini commerciali?

Le discussioni si stanno spostando da un tema di costi a uno di qualità. La qualità deve essere riconosciuta: gli spazi che valgono di più, hanno anche un valore maggiore.

Dove sono invece i pericoli maggiori?

È molto difficile controllare i contenuti che circolano sui social media. Per esempio, sul web siamo in grado di riconoscere la tipologia di contenuti dei siti attraverso una tecnologia ad hoc. Tutto questo non è possibile sui social network, alimentati da contenuti user-generated e quindi meno semplici da monitorare.

A proposito di industry, quali sono le iniziative avviate per sensibilizzare sulla brand safety a cui partecipate?

Facciamo parte del Trustworth Accountability Group, realtà che si occupa di promuovere la trasparenza nel settore attraverso azioni concrete per combattere le frodi. Abbiamo anche aderito alla Coalition for Better Ads, organizzazione nata lo scorso settembre allo scopo di contribuire a elevare l’advertising sul piano qualitativo. E poi abbiamo sviluppato il programma Ad Choices all’interno della Digital Advertising Alliance. Occorre, infatti, aprire un dibattito sul tema: siamo responsabili nei confronti non solo dei clienti ma anche di tutto il mercato. Vogliamo arrivare a individuare uno standard comune e poter garantire metodi e metodologie di misurazione condivisi, agendo sull’intera supply chain.

Negli ultimi mesi Facebook ha commesso diversi errori di misurazione per una serie di metriche chiave e lo stesso Martin Sorrell si è espresso chiedendo maggiore apertura e enti terzi. Le cose stanno migliorando?

La frustrazione di Sorrell è comprensibile: quello che chiediamo a Facebook sono maggiori garanzie per la viewability e la verifica di terze parti perché non si può pensare di misurare se stessi. Apprezziamo gli ultimi annunci della società e pensiamo che siano un primo passo di un percorso più ampio. Vogliamo di più. E siamo convinti che media come Facebook, Snapchat, YouTube abbiano, al pari di tutti gli altri, la responsabilità di contribuire a rendere più sicuro il mercato pubblicitario online.

L’anno scorso ha dichiarato che la richiesta degli editori agli utenti di disattivare i software per l’ad blocking è una strategia a breve termine.

Torniamo a parlare ancora di un tema molto caldo. Le ultime stime sul fenomeno ci dicono che è stabile, ma la realtà è che dobbiamo domandarci: perché gli utenti bloccano la pubblicità? Perché molti formati sono invadenti e la qualità della user experience non sempre sufficiente. L’unica via è partire proprio dalla user experience e continuare a investire in questo senso per migliorare la qualità offerta agli utenti.

Infine, qual è la situazione in Italia?

I dati di GroupM Italia mostrano come l’Italia sia uno dei Paesi più in salute in tutto il mondo quando si parla di brand safety. E lo stesso si può dire per la disciplina del programmatic in cui i tassi di traffico non umano di GroupM sono allineati a quelli della vendita diretta. Il contesto è generalmente sicuro, l’inventory ha un elevato livello qualitativo e ciò si riflette positivamente anche su fronti come viewability e frodi pubblicitarie che restituiscono valori spesso migliori rispetto ad altri Paesi. In Italia GroupM continua a impegnarsi per un programmatic in grado di fornire al cliente piena capacità di controllo grazie anche a regole di ingombro e frequenza che rispettino la user experience.

GroupM e il programmatic

GroupM ha rilasciato una nota in cui spiega la sua strategia programmatic, dove afferma di acquistare inventory di qualità operando soprattutto tramite private auction, private deal o direct integration. Operare in un ambiente protetto, infatti, permette di conoscere esattamente quali sono i siti coinvolti e di ridurre notevolmente il rischio di frode, ottenendo così il miglioramento della qualità e della viewability degli spazi pianificati. Inoltre, le Demand Side Platform impiegate da GroupM hanno intrapreso, nell’ultimo anno, una verifica puntuale dell’inventory per bloccare a priori il traffico giudicato non idoneo. Come ulteriore garanzia di qualità, GroupM attua un costante controllo su tutta l’inventory, ottenendo così il più completo database di domini “a rischio” o “idonei” da inserire rispettivamente in blacklist e in whitelist, per definire il contesto di erogazione più affine a ciascun brand.

GroupM ha raggiunto questi risultati grazie all’adozione di pratiche e tecnologie volte a garantire la qualità dell’inventory, agendo su diversi fronti, quali:

  • L’utilizzo delle potenzialità del programmatic prevalentemente su acquisti effettuati in private deal e mediante accordi diretti con editori, con utilizzo puntuale di blacklist e whitelist, limitando la quota di open market;   
  • L’adozione di tecnologie, quali Integral Ad Science (IAS), Doubleverify e Moat, per la misurazione e certificazione della qualità dell’inventory messo a disposizione dei suoi clienti;
  • Lo sviluppo di Trusted Market Place “proprietari”, che assicurano accesso a spazi media di publisher di qualità;
  • La promozione di pratiche e formati pubblicitari non invasivi

In ottica di brand safety, anche Xaxis, la programmatic media company del gruppo WPP, ha da tempo intrapreso un percorso di controllo della qualità dell’inventory attivando la certificazione da parte di sistemi di verifica terze parti dello spazio media acquistato, garanzia che va ad aggiungersi all’integrazione diretta coi publisher e al controllo ferreo delle Whitelist e Blacklist.

A tal fine Xaxis Italia ha investito sul monitoraggio delle campagne dei clienti attivando dal 2016 una collaborazione con un ente terzo, Integral Ad Science (IAS).  In questo modo ogni impression servita viene monitorata salvaguardando la brand safety e migliorando tutte le metriche e i KPI di qualità richiesti dai clienti.


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incarichi e gare

Autore: Redazione - 24/04/2024


KFC Italia sceglie KIWI come nuovo partner per la gestione dei social

Si arricchisce di una collaborazione di grande valore il 2024 di KIWI che, a partire da questo mese, è ufficialmente il nuovo partner per la gestione dei canali social di Kentucky Fried Chicken Italia, l’iconica e leggendaria catena di fast food specializzata in pollo fritto. La unit di Uniting Group, scelta da KFC a seguito di una gara, assume l’ownership dei canali Meta (Facebook e Instagram, con l’obiettivo di aprire anche Threads), LinkedIn e TikTok del brand. “La vittoria parte innanzitutto da una ricerca approfondita sul tone of voice. Abbiamo identificato nell’autenticità, nella schiettezza e nella boldness, che da sempre appartengono al brand, degli ottimi punti di partenza per rivolgerci alla GenZ e ai Millennial che sono il pubblico per eccellenza di KFC. Si tratta di un brand unico e amatissimo in tutto il mondo, con un prodotto e degli asset di comunicazione inconfondibili e potenzialità social ancora parzialmente inespresse in Italia”, afferma Andrea Stanich, Direttore Creativo Esecutivo di KIWI, Part of Uniting Group.  La strategia L’attenzione di KIWI sarà molto concentrata sulla crescita e sul coinvolgimento sempre maggiore della community. Anche i lanci, le promo, le aperture, i servizi e le innovazioni tecnologiche saranno comunicate senza perdere di vista l’intrattenimento. Una gestione del community management informale e diretta contribuirà ad alimentare il dialogo quotidiano con gli utenti. “Una parte rilevante del piano social di KFC - prosegue Federica Pasqual, COO di KIWI e Freshhh, Part of Uniting Group - sarà costituita da contenuti video originali agili e veloci, che ci piace definire ‘snackable’. Oggi più che mai è fondamentale affiancare i nostri brand partner intercettando le opportunità di comunicazione e i trend in modo istantaneo; questo, nel day by day, viene facilitato dalla collaborazione con la unit Freshhh, nata inizialmente come spin-off di KIWI, realtà che può contare, dall’ultimo quarter del 2023, su uno spazio produttivo dedicato”.  Dieci anni di pollo fritto in Italia KFC, società del gruppo Yum! Brands, è leader mondiale nel settore dei ristoranti che servono pollo fritto. Nato oltre 70 anni fa e presente in Italia da 10 anni, il brand ha avuto nel nostro Paese una crescita che l’ha portato oggi a 87 ristoranti in 15 regioni, con l’obiettivo di arrivare a 100 locali entro la fine dell’anno. Il gusto unico del pollo fritto di KFC si deve al Colonnello Sanders, fondatore del brand e inventore dell’Original Recipe, la ricetta che contiene un inimitabile mix segreto di erbe e spezie e che ancora oggi viene preparata come una volta nei ristoranti di Kentucky Fried Chicken. “Cercare ogni giorno di costruire una relazione sincera e coinvolgente con il nostro target di riferimento rappresenta uno degli obiettivi principali per i prossimi anni, forse la chiamerei una missione. La GenZ è la nostra audience, vogliamo rivolgerci loro in maniera diretta e convincente - afferma Marzia Farè, Chief Marketing Officer di KFC in Italia -. La scelta dei temi, dei canali, del linguaggio e il tono di voce da adottare diventano pertanto ogni giorno più cruciali; vorremmo esser riconosciuti come contemporanei e autentici e credo che la collaborazione con KIWI possa davvero esser l’occasione giusta per far un passo ulteriore di crescita in questa direzione. Il team KIWI che ci affiancherà è pieno di energia e voglia di fare, abbiamo le premesse migliori per far bene e divertirci”.

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spot

Autore: V Parazzoli - 09/04/2024


Lorenzo Marini Group firma “Il divino quotidiano” di Amica Chips, con una versione più “rispettosa” in tv e una più trasgressiva sui social

È on air la nuova campagna tv Amica Chips, realizzata, dopo aver vinto la relativa gara, da Lorenzo Marini Group, che propone una comunicazione fuori dagli schemi tradizionali con un linguaggio ironico, forte e trasgressivo, destinato a colpire un target giovane non abituato a messaggi “televisivi tradizionali” ma a stilemi narrativi social. Non a caso, dello spot sono state approntate una versione più “provocante” appunto per i social e una più rispettosa di un target tradizionale per la tv, con planning sempre di Media Club. Il film Le protagoniste dello spot sono delle novizie, riprese in fila sotto al chiostro del monastero mentre si apprestano ad entrare in chiesa. In sottofondo si sente la musica dell’“Ave Maria” di Schubert, eseguita con l’organo che accompagna questo ingresso. Le novizie sono in fila verso l’altare e la prima sta per ricevere la comunione dal prete celebrante…In quel momento si sente il suono della croccantezza della patatina, un “crunch” amplificato in perfetto sincrono con il momento in cui la prima novizia ha ricevuto l’ostia. Le altre in fila, al sentire il “crunch”, sorridono divertite e guardano nella direzione da cui proviene il rumore “appetitoso e goloso” della patatina croccante. La Madre Superiora infatti è seduta in sagrestia e, rilassata in un momento di pausa, sta mangiando con gusto le Amica Chips prendendole da un sacchetto che tiene in mano. Pack shot con le patatine Amica Chips e in super appaiono logo e claim di campagna “Il divino quotidiano”. Obiettivi e target L’obiettivo principale della comunicazione è quello di riaffermare il ruolo da protagonista di Amica Chips in comunicazione, da sempre protagonista di campagne forti e distintive con un tono da leader, per aumentare la percezione del suo valore di marca e consolidare la sua brand awareness. La campagna, che vuole sottolineare l’irresistibilità del prodotto ed esaltare la sua croccantezza superiore, sarà sviluppata con un sistema di comunicazione integrato teso a massimizzare l’impatto e la copertura di un target 18–54 anni, con particolare focus per la parte più giovane (18-35) sui canali digital e social. Un target che, in chiave psicografica viene descritto come composto da persone che nella loro vita ricercano ironia, divertimento e simpatia e che hanno un atteggiamento sociale aperto ed evoluto, con una ricerca continua di uscita dagli schemi convenzionali. Il messaggio vuole esprimere, con forte ironia “british”, un contenuto di prodotto legato al momento dello snack e, attraverso una descrizione iperbolica e provocante, esprimere il valore della croccantezza irresistibile della patatina Amica Chips. Si vuole rappresentare, in modo palese e senza fraintendimenti di tipo religioso, una situazione “chiaramente teatrale e da fiction”, tratta da citazioni del mondo ecclesiastico già abbondantemente trattate nella cinematografia mondiale, nelle rappresentazioni teatrali e nella pubblicità. Lo spot 30” verrà programmato sulle reti Mediaset, Cairo e sulle CTV, oltre che sui canali digitali. Il commento «Le patatine sono una categoria mentale compensativa e divertente – spiega Marini a Dailyonline -.. Hanno bisogno di comunicazioni ironiche, giovani e impattanti. L’area semantica della serietà è noiosa, funziona per prodotti assicurativi o farmaceutici. L’area del divertimento e della giocosità si sposa benissimo invece con questo settore». Credits Direzione creativa: Lorenzo Marini Copywriter: Artemisa Sakaj  Planning strategico e direzione generale: Ezio Campellone Account service: Elma Golloshi Casa di produzione: Film Good Executive producer: Pierangelo Spina Regia: Dario Piana Direttore fotografia: Stefano Morcaldo Producer: Sara Aina Musica: “Ave Maria” di Schubert – esecuzione di Alessandro Magri  

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