Autore: Redazione
05/07/2017

Iab Seminar luglio 2017: il segmento del programmatic italiano raggiungerà 400 milioni nel 2017

I dati dell’Osservatorio Internet Media di IAB Italia e Politecnico, presentati durante lo Iab Seminar Programmatic, mostrano un netto +25% sul 2016. Cresce anche il peso sulla industry digitale, che ora si attesta sul 15%

Iab Seminar luglio 2017: il segmento del programmatic italiano raggiungerà 400 milioni nel 2017

Dopo la plenaria mattutina, la ripresa dei lavori allo Iab Seminar è dedicata ai dati sull’andamento della industry: il programmatic advertising continua a crescere sul territorio italiano. Entro la fine di quest’anno arriverà a valere 400 milioni di euro registrando un +25% rispetto al 2016. I dati dell’Osservatorio Internet Media di IAB Italia e Politecnico mostrano come la tecnologia di distribuzione stia conquistando terreno nelle allocazioni dei budget dedicati all’advertising, passando da un peso del 13%, sul totale della industry, al 15% (anno su anno). Tenendo conto solo della display, la percentuale sale, nel 2017, al 28% contro il 23% dello scorso anno. All’interno del segmento programmatico, invece, il 30% è rappresentato dal video (310 milioni di euro), a conferma di un trend che cresce trasversalmente in tutto il mondo della  comunicazione. La vendita in open market continua ad essere quella dominante, tanto che il 60% degli accordi è stato preso in questa modalità. Il 40%, invece, ha utilizzato private & direct marketplace.

A fronte di un mercato in forte crescita, è necessario che editori e investitori, pur con le loro diverse esigenze e peculiarità, riescano a costruire una “visione” unica sul cliente, che permetta di massimizzare la customer experience degli utenti e, di conseguenza, il loro gradimento sia dei media che ospitano le campagne pubblicitarie, sia delle campagne stesse. Solo in questo modo, infatti, sarà possibile far crescere gli investimenti complessivi del mercato, non solo a discapito della vendita diretta. In quest’ottica, è importante che le aziende si affidino a una piattaforma tecnologica di Data Management Platform (DMP) in grado di raccogliere, processare e organizzare grandi quantità di dati, permettendo di creare segmenti di utenti differenziati e attivando, così, progetti di comunicazione personalizzati e ad alto valore.

«L’essenza del programmatic advertising sta nella capacità di inviare il messaggio giusto, alla persona giusta, nel momento e luogo giusto: questo permette ai brand di favorire il coinvolgimento dei consumatori e il loro tasso di conversione, raggiungendo un target ampio e variegato con proposte efficaci e pertinenti per ciascuno - ha commentato Carlo Noseda, presidente di IAB Italia -. Per essere davvero efficace, però, il Programmatic ha bisogno di utilizzare una profilazione molto precisa, anche in maniera predittiva: deve creare una successione di messaggi che raccontino una storia o definiscano un percorso di acquisto sequenziale e pertinente, offrendo la risposta a nuovi bisogni prima ancora che il consumatore stesso ne sia consapevole. Per questo parliamo di Creative Programmatic Advertising, un approccio che unisce supporto dei dati e creatività, con l’obiettivo di creare campagne più forti e coinvolgenti».

L’importanza crescente del programmatic advertising è dimostrata anche da un’indagine di IAB Italia, realizzata in collaborazione con Human Highway, che ha analizzato l’utilizzo di Programmatic Advertising, Marketing Automation e gestione strategica dei dati da parte di alcuni grandi e piccoli investitori, appartenenti ai più disparati settori merceologici.

Questa la fotografia tracciata in base alla survey: il 65% delle aziende intervistate ricorre al Programmatic Advertising, il 35% utilizza la Marketing Automation, il 43%sviluppa sistemi per la raccolta e l’analisi dei dati e il 28% acquista ricerche e analisi dei dati. Esaminando le risorse dedicate a queste attività, si scopre che quasi il 30% delle aziende intervistate dedica al Programmatic Advertising un quarto del budget di marketing. Nel dettaglio, la maggioranza (65%) destina meno del 25% delle risorse complessive per il marketing, il 22% tra il 25% e il 50%, mentre il 6% ne dedica addirittura oltre il 50%.

Analizzando gli aspetti che le imprese ritengono più importanti in quest’ambito, emerge in primis la misurabilità (citata dal 37% delle aziende tra i due aspetti più importanti), seguita dalla qualità, declinata su vari fronti: il 33% degli intervistati ritiene fondamentale la varietà dei profili da coinvolgere, il 28% indica la qualità dei daticome cruciale mentre il 24% pensa che un buon inventory sia indispensabile. Il 20%, inoltre, ritiene di importanza primaria la competenza e l’affidabilità dei player che implementano le campagne, mentre solo il 15% mette ai primi posti la convenienza economica.

La gestione strategica dei dati è considerata una realtà importante: il 61% delle aziende intervistate ha almeno una persona interna dedicata alla gestione dei dati, mentre il37% ha addirittura un team che se ne occupa. Il 45% delle imprese coinvolte nella survey, inoltre, si serve di una Data Management Platform (DMP); tra questi, il 19% utilizza la DMP della propria media agency, il 16% della DMP di una società esterna, mentre  il 10% ne ha una proprietaria. Il vantaggio principale della DMP è la conoscenza, intesa come capacità di capire quali attività funzionano bene e quali meno, indicata dal 77% delle aziende.

L’efficienza - cioè la capacità di avere performance migliori con meno risorse - è un beneficio indicato dal 66% dei rispondenti, mentre il 62% ha menzionato la credibilità, ossia la capacità di riuscire a spiegare e sostenere le scelte di marketing. Tra gli altri elementi positivi della DMP, le aziende hanno indicato l’efficacia rispetto agli obiettivi da raggiungere (59%), la necessità di basare ogni attività su dati concreti a supporto (43%), la valorizzazione del lavoro (37%) e lo sviluppo di nuovi prodotti o servizi a partire dall’analisi dei dati (34%).

In termini di profilazione dei target, il 50% è interessato a segmentare l’audience in base a interessi e comportamenti, il 40% pensa che i fattori a più ad alto valore siano le caratteristiche sociodemografiche e la prossimità geografica, mentre il 35% dà più valore allo storico degli acquisti e al look-alike targeting.

Interrogati sulle sfide principali che il settore deve affrontare, il 68% delle aziende intervistate ha dichiarato che la trasparenza della filiera della pubblicità online sia una sfida cruciale per l’intero mercato, Il 67% teme che il traffico fraudolento ponga un serio problema, mentre la brand safety, ovvero il non sapere dove finiscano i messaggi pubblicitari, rappresenta una criticità per il 66% delle aziende. Il 56% dei rispondenti, invece, è preoccupato dal tema della viewability, il 58% dalla poca affidabilità degli attuali modelli di attribution e il 37% pensa che utilizzare i cookies per rappresentare gli individui crei grandi incertezze.

«La nostra mission come associazione è quella di promuovere la cultura digitale attraverso progetti di ricerca, iniziative di formazione, promozione di tavoli di lavoro, e organizzazione di eventi -  ha commentato Carlo Noseda, presidente IAB Italia -. Temi quali la trasparenza, la brand safety e la viewability ci vedono particolarmente impegnati, attraverso il dialogo costante con IAB US, IAB EU e con le istituzioni italiane ed europee, con l’obiettivo di stabilire regole, policy e standard condivisi che diano agli operatori linee guida per far crescere virtuosamente i loro business».