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In Italia l’Ad blocking vale il 13% e solo il 7,6% per gli smartphone

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A rivelarlo è “Lo stato dell’arte dell’Ad blocking in Italia”, una ricerca promossa da sei realtà (Assocom, FCP-Assointernet, Fedoweb, GroupM, Iab Italia, Upa) e commissionata a Comscore e Human Highway per analizzare il fenomeno

L’Ad blocking è un fenomeno presente anche in Italia, ma nel nostro Paese l’impatto sul mercato pubblicitario è attualmente contenuto: l’incidenza per l’utenza pc è del 13% ed è ancora più limitata su smartphone, dove si attesta al 7,6%. E’ questo il quadro delineato dai primi risultati, pubblicati ieri, della ricerca continuativa “Lo stato dell’arte dell’Ad blocking in Italia” promossa da Assocom, FCP-Assointernet, Fedoweb, GroupM, Iab Italia, Upa e commissionata a Comscore e Human Highway. I risultati si riferiscono ai dati rilevati lo scorso maggio, ma fanno sapere le associazioni che la ricerca proseguirà nei prossimi mesi ed è prevista una nuova pubblicazione di dati per fine ottobre/inizio novembre, in modo da poter tracciare un trend completo del fenomeno dell’Ad blocking in Italia. “Il fenomeno dell’Ad blocking è presente in Italia e conosciuto dai consumatori, ma l’impatto per il mercato pubblicitario italiano è attualmente contenuto, attestandosi poco sopra il 10% dei volumi di consumo di internet sul pc. L’impatto è ancora più limitato su smartphone, dove l’adozione degli Ad blocker è iniziata più tardi”, hanno fatto sapere le associazioni che hanno promosso la ricerca.  

Numeri chiave dell’Ad blocking

  Il 21,9% degli utenti web italiani dichiara di conoscere e utilizzare, in qualche occasione, sistemi di Ad blocking ma l’uso, per la maggior parte degli utenti, è tattico: si attiva/ disattiva l’ad blocker e/o si inseriscono i siti in whitelist secondo opportunità e secondo i diversi device utilizzati. Ciò che ne deriva, a livello mensile, è che il 13% degli utenti pc utilizza un Ad blocker su almeno uno dei propri browser. Questa è la vera incidenza del fenomeno dell’Ad blocking in Italia: utilizzato dal 13% degli utenti, riguarda il 15% delle pagine viste, dato che invece nella rilevazione diretta FCP-Assointernet, sui siti dei propri associati, evidenzia un’incidenza media dell’11% sui volumi di pagine. Per quanto riguarda invece il comparto mobile, questo fenomeno a livello di smartphone è limitato al 7,6% degli utenti. ad-blocking-restrictions

Identikit di un Ad blocker

  Il profilo degli utenti di Ad blocker è prevalentemente composto da uomini, giovani, studenti, persone con titolo di studio elevato e abitanti nei grandi centri. Oltre agli utilizzatori attuali, il 12% degli intervistati ha dichiarato che potrebbe installare un Ad blocker in futuro.  

Perché lo si usa?

  La ricerca permette di capire anche quali sono le motivazioni che spingono gli utenti verso gli Ad blocker.
  • L’impatto della pubblicità sulla user experience di navigazione (formati invasivi, affollamento elevato, rallentamento nel caricamento dei contenuti);
  • aspetti relativi al planning pubblicitario (eccessiva frequenza degli annunci, pubblicità targettizzate poco o male);
  • motivazioni legate alla sicurezza/privacy;
  • nel caso dello smartphone sono prevalenti gli aspetti più marcatamente funzionali: consumo del traffico dati e della batteria da parte dell’adv.
 

Come viene utilizzato?

  Installare un Ad blocker non significa utilizzarlo sempre. Spesso gli utenti installano gli Ad blocker solo su alcuni device/browser e ben il 63% degli utenti di Ad blocker ne fa un uso tattico, utilizzando “whitelist” per permettere l’erogazione di adv da parte di alcuni siti o mettendo in pausa l’ad blocker per accedere ad alcuni siti o contenuti. E ben l’81% degli utilizzatori di Ad blocker si dichiara disposto a rivederne il proprio utilizzo se un sito eliminasse i formati pubblicitari più invasivi.  

Il compromesso

Il 55% degli utilizzatori di Ad blocker non è a conoscenza del patto pubblicitario, ovvero del ruolo dell’advertising nel finanziamento dei produttori di contenuti fruiti dagli utenti online, spesso gratuitamente. Portati a riflettere sul tema - si legge nella nota emessa ieri da Iab Italia - gli intervistati mostrano una maggiore apertura verso un modello di finanziamento legato a un’advertising meno invasiva e più in linea con i propri interessi, piuttosto che al modello di business più radicale dei servizi a pagamento. ad-blocking

Conclusioni

Nonostante si possa parlare ancora di un impatto limitato del fenomeno in Italia, gli enti promotori dell’analisi segnalano prospetticamente alcune problematiche:
  • l’incidenza specifica dell’Ad blocking su alcuni target difficili da raggiungere, che potrebbe parzialmente limitare l’efficacia delle pianificazioni online delle aziende interessate a tali target;
  • lo spazio di crescita del fenomeno se non verranno offerte risposte al disagio degli utenti e il rischio di un “contagio” dell’ Ad blocking dal PC allo smartphone;
  • la percezione critica da parte degli utenti di alcuni formati video, un comparto che sta trainando lo sviluppo del mercato dell’online advertising.
In questo senso l’intera industry pubblicitaria - si legge ancora nella nota - è chiamata da un lato a uno sforzo di miglioramento di sistema, per darsi regole sostenibili e condivise dall’altro a dare risposte concrete ai segnali di disagio mostrati dagli utenti. Da non sottovalutare sarà il ruolo delle associazioni nel promuovere il valore dell’advertising e il patto pubblicitario online, che viene riconosciuto da meno della metà degli utilizzatori di Ad blocker.  

Il programmatic nel mondo

Esaminando più di 900 investitori in 29 mercati, lo studio condotto da Iab Europe e pubblicato in estate ha rilevato che solo il 13% degli inserzionisti, l’8% degli editori, e il 7% delle agenzie media oggi non sta usando tecnologia programmatica. Per coloro che invece investono in programmatic, la riduzione degli sprechi nei media (56% degli inserzionisti; 72% delle agenzie) e una maggiore efficienza di costi e negoziazione (47% degli inserzionisti; 48% delle agenzie, 68% degli editori) sono le conseguenze più rilevanti dell’uso di questa tecnologia. “Programmatic non è più il futuro, è qui. La continua crescita della fiducia mostrata in questa ricerca ne è una testimonianza, benché, nonostante sia lato buy che sell siano stati fatti grandi passi nell’adozione del programmatic, rimangono ancora alcune barriere”, affermava Graham Wylie, presidente del Programmatic Trading Committee di IAB Europe.

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incarichi e gare

Autore: Redazione - 24/04/2024


KFC Italia sceglie KIWI come nuovo partner per la gestione dei social

Si arricchisce di una collaborazione di grande valore il 2024 di KIWI che, a partire da questo mese, è ufficialmente il nuovo partner per la gestione dei canali social di Kentucky Fried Chicken Italia, l’iconica e leggendaria catena di fast food specializzata in pollo fritto. La unit di Uniting Group, scelta da KFC a seguito di una gara, assume l’ownership dei canali Meta (Facebook e Instagram, con l’obiettivo di aprire anche Threads), LinkedIn e TikTok del brand. “La vittoria parte innanzitutto da una ricerca approfondita sul tone of voice. Abbiamo identificato nell’autenticità, nella schiettezza e nella boldness, che da sempre appartengono al brand, degli ottimi punti di partenza per rivolgerci alla GenZ e ai Millennial che sono il pubblico per eccellenza di KFC. Si tratta di un brand unico e amatissimo in tutto il mondo, con un prodotto e degli asset di comunicazione inconfondibili e potenzialità social ancora parzialmente inespresse in Italia”, afferma Andrea Stanich, Direttore Creativo Esecutivo di KIWI, Part of Uniting Group.  La strategia L’attenzione di KIWI sarà molto concentrata sulla crescita e sul coinvolgimento sempre maggiore della community. Anche i lanci, le promo, le aperture, i servizi e le innovazioni tecnologiche saranno comunicate senza perdere di vista l’intrattenimento. Una gestione del community management informale e diretta contribuirà ad alimentare il dialogo quotidiano con gli utenti. “Una parte rilevante del piano social di KFC - prosegue Federica Pasqual, COO di KIWI e Freshhh, Part of Uniting Group - sarà costituita da contenuti video originali agili e veloci, che ci piace definire ‘snackable’. Oggi più che mai è fondamentale affiancare i nostri brand partner intercettando le opportunità di comunicazione e i trend in modo istantaneo; questo, nel day by day, viene facilitato dalla collaborazione con la unit Freshhh, nata inizialmente come spin-off di KIWI, realtà che può contare, dall’ultimo quarter del 2023, su uno spazio produttivo dedicato”.  Dieci anni di pollo fritto in Italia KFC, società del gruppo Yum! Brands, è leader mondiale nel settore dei ristoranti che servono pollo fritto. Nato oltre 70 anni fa e presente in Italia da 10 anni, il brand ha avuto nel nostro Paese una crescita che l’ha portato oggi a 87 ristoranti in 15 regioni, con l’obiettivo di arrivare a 100 locali entro la fine dell’anno. Il gusto unico del pollo fritto di KFC si deve al Colonnello Sanders, fondatore del brand e inventore dell’Original Recipe, la ricetta che contiene un inimitabile mix segreto di erbe e spezie e che ancora oggi viene preparata come una volta nei ristoranti di Kentucky Fried Chicken. “Cercare ogni giorno di costruire una relazione sincera e coinvolgente con il nostro target di riferimento rappresenta uno degli obiettivi principali per i prossimi anni, forse la chiamerei una missione. La GenZ è la nostra audience, vogliamo rivolgerci loro in maniera diretta e convincente - afferma Marzia Farè, Chief Marketing Officer di KFC in Italia -. La scelta dei temi, dei canali, del linguaggio e il tono di voce da adottare diventano pertanto ogni giorno più cruciali; vorremmo esser riconosciuti come contemporanei e autentici e credo che la collaborazione con KIWI possa davvero esser l’occasione giusta per far un passo ulteriore di crescita in questa direzione. Il team KIWI che ci affiancherà è pieno di energia e voglia di fare, abbiamo le premesse migliori per far bene e divertirci”.

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spot

Autore: V Parazzoli - 09/04/2024


Lorenzo Marini Group firma “Il divino quotidiano” di Amica Chips, con una versione più “rispettosa” in tv e una più trasgressiva sui social

È on air la nuova campagna tv Amica Chips, realizzata, dopo aver vinto la relativa gara, da Lorenzo Marini Group, che propone una comunicazione fuori dagli schemi tradizionali con un linguaggio ironico, forte e trasgressivo, destinato a colpire un target giovane non abituato a messaggi “televisivi tradizionali” ma a stilemi narrativi social. Non a caso, dello spot sono state approntate una versione più “provocante” appunto per i social e una più rispettosa di un target tradizionale per la tv, con planning sempre di Media Club. Il film Le protagoniste dello spot sono delle novizie, riprese in fila sotto al chiostro del monastero mentre si apprestano ad entrare in chiesa. In sottofondo si sente la musica dell’“Ave Maria” di Schubert, eseguita con l’organo che accompagna questo ingresso. Le novizie sono in fila verso l’altare e la prima sta per ricevere la comunione dal prete celebrante…In quel momento si sente il suono della croccantezza della patatina, un “crunch” amplificato in perfetto sincrono con il momento in cui la prima novizia ha ricevuto l’ostia. Le altre in fila, al sentire il “crunch”, sorridono divertite e guardano nella direzione da cui proviene il rumore “appetitoso e goloso” della patatina croccante. La Madre Superiora infatti è seduta in sagrestia e, rilassata in un momento di pausa, sta mangiando con gusto le Amica Chips prendendole da un sacchetto che tiene in mano. Pack shot con le patatine Amica Chips e in super appaiono logo e claim di campagna “Il divino quotidiano”. Obiettivi e target L’obiettivo principale della comunicazione è quello di riaffermare il ruolo da protagonista di Amica Chips in comunicazione, da sempre protagonista di campagne forti e distintive con un tono da leader, per aumentare la percezione del suo valore di marca e consolidare la sua brand awareness. La campagna, che vuole sottolineare l’irresistibilità del prodotto ed esaltare la sua croccantezza superiore, sarà sviluppata con un sistema di comunicazione integrato teso a massimizzare l’impatto e la copertura di un target 18–54 anni, con particolare focus per la parte più giovane (18-35) sui canali digital e social. Un target che, in chiave psicografica viene descritto come composto da persone che nella loro vita ricercano ironia, divertimento e simpatia e che hanno un atteggiamento sociale aperto ed evoluto, con una ricerca continua di uscita dagli schemi convenzionali. Il messaggio vuole esprimere, con forte ironia “british”, un contenuto di prodotto legato al momento dello snack e, attraverso una descrizione iperbolica e provocante, esprimere il valore della croccantezza irresistibile della patatina Amica Chips. Si vuole rappresentare, in modo palese e senza fraintendimenti di tipo religioso, una situazione “chiaramente teatrale e da fiction”, tratta da citazioni del mondo ecclesiastico già abbondantemente trattate nella cinematografia mondiale, nelle rappresentazioni teatrali e nella pubblicità. Lo spot 30” verrà programmato sulle reti Mediaset, Cairo e sulle CTV, oltre che sui canali digitali. Il commento «Le patatine sono una categoria mentale compensativa e divertente – spiega Marini a Dailyonline -.. Hanno bisogno di comunicazioni ironiche, giovani e impattanti. L’area semantica della serietà è noiosa, funziona per prodotti assicurativi o farmaceutici. L’area del divertimento e della giocosità si sposa benissimo invece con questo settore». Credits Direzione creativa: Lorenzo Marini Copywriter: Artemisa Sakaj  Planning strategico e direzione generale: Ezio Campellone Account service: Elma Golloshi Casa di produzione: Film Good Executive producer: Pierangelo Spina Regia: Dario Piana Direttore fotografia: Stefano Morcaldo Producer: Sara Aina Musica: “Ave Maria” di Schubert – esecuzione di Alessandro Magri  

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