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L’ad blocking fa riflettere anche Cannes: gli ads devono avere maggiore forza creativa ed essere utili agli utenti

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Durante il panel “Block You: Why World Class Creativity Will Obliterate Ad Blocking”, discusse le tematiche relative agli strumenti di blocco adv

Il Festival della Creatività di Cannes non è uguale agli altri appuntamenti. Il Palais des Festivals et des Congrès è in riva al mare, tra le spiagge e il porto trafficato di yacht. Guardano da entrambi i lati non si può fare a meno di notare i loghi delle agenzie e dei player dell’advertising, che hanno brandizzato imbarcazioni e lidi per celebrare uno degli incontri internazionali tra pubblicitari più famosi. Se non il più famoso. La liaison tra una sdraio sulla sabbia e una poltrona di vimini davanti a un tavolino a poppa, tra il luccichio del mare e gli odori dei ristoranti che affollano la croisette, è la tranquillità, necessaria per generare quelle idee che fanno grandi le campagne. Ma purtroppo, tra agenzie ed editori, ci sono anche elementi di turbamento. Come l’ad blocking, con la sua capacità di oscurare le ads e gettare forti ombre sul settore. Stigmatizzarlo e proporne una soluzione: è questo il compito che si sono posti Randall Rothenberg, presidente e ceo di IAB, Mark Thompson, ceo del New York Times, e Jess Greenwood, vice-presidente content e partnership di R/GA, nel panel “Block You: Why World Class Creativity Will Obliterate Ad Blocking”.Schermata 2016-06-20 alle 19.09.15

Ricordarsi chi sono gli utenti

“Gli ad blocker fanno profitto spacciandosi per strumenti a difesa degli utenti. Sebbene queste tecnologie siano ai limiti dell’onestà, è anche vero che il mondo della pubblicità digitale si è dimenticato che gli utenti non sono loro partner ma sono semplici persone che vogliono fruire di un contenuto. Quando viene loro proposto uno strumento per rendere meno stressante la loro esperienza online, è comprensibile la loro decisione di adottarlo, e come conseguenza il modello dell’adv digitale rischia di trovarsi in ginocchio. Scongiurare questa eventualità è fondamentale, e per questo bisogna pensare a una pubblicità di nuova generazione, che gli utenti percepiscano come utile. Devono trovarsi nella situazione in cui, scegliendo di utilizzare un ad blocker, si rendono conto di negarsi un servizio che gli potrebbe servire”, ha esordito Rothenberg.

Il conto della pubblicità intrusiva lo pagano tutti

“Non tutti i player sono ugualmente colpevoli di questo degrado della user experience. Alcuni siti hanno spalancato la porta a inserzioni intrusive distruggendo la fluidità di navigazione. A pagarne, però, è tutto il settore. Il New York Times ha aperto nuove unit dedicate allo sviluppo dell’esperienza utente per gestire al meglio questa potenziale problematica. Credo che i branded content siano un elemento fondamentale per il display advertising, una modalità su cui puntiamo molto e che mettiamo spesso in atto. Certo, dobbiamo essere sicuri che gli utenti capiscano come funziona il nostro business, in modo da comprendere il danno che arrecano gli ad blocker al sistema intero. Il New York Times ha due fonti di revenue principali: l’abbonamento e l’advertising. Sebbene abbiamo il numero più alto di sottoscrizioni al mondo, gran parte delle nostre entrate proviene dall’advertising e tecnologie come gli ad blocker potrebbero metterci in crisi” commenta Thompson.

IAB, il programma D.E.A.L per combattere l’ad blocking

A cui Rothenberg ha replicato: “è per questo che abbiamo lanciato il programma D.E.A.L.. Significa, Detect, Explain, Ask e Limit, ed è esattamente il processo che richiediamo per rendere chiaro all’utenza il danno provocato dall’utilizzo di tali tecnologie. Consiste fondamentalmente nello scoprire chi ha un ad blocker installato, spiegargli perché dovrebbe disattivarlo, chiedergli di farlo e, a quel punto, consentire al publisher di limitarne gli accessi sulla sua property”. “Abbiamo riscontrato da diverse indagini che gli utenti, quando vengono a conoscenza del meccanismo innescato dall’utilizzo di tali strumenti, sono propensi a non installarli se i contenuti proposti sono di qualità. Dobbiamo opporci e combattere le pratiche tecnologiche sleali e ingannevoli adoperate dagli sviluppatori di ad blocker” conclude Thompson.

Colmare il deficit creativo dell’advertising

Il ragionamento avanzato da Greenwood prende il via da un punto di partenza quasi opposto: “Chi blocchiamo di solito? Chi ci assilla, chi ignora la nostra privacy, chi non è rispettoso. Lo stesso fanno gli utenti con le ads. Il 60% dei click sulle inserzioni, da mobile, sono frutto di un tap errato. Ed è un dato addirittura sorprendente per quanto sia basso. Si parla tanto di ridisegnare i banner, di creare altri formati. Ma poi ai contenuti non viene data la stessa attenzione, e diventano carenti a livello qualitativo. Intanto i social network stanno diventando piattaforme sempre più interessanti, non solo per la loro incredibile capacità di raggiungere i target. Offrono infatti dei formati che stimolano la creatività e l’engagement. Per scrollarsi il problema “ad blocker” di dosso è necessario che tutta la industry collabori a creare una creatività migliore, dei formati più incisivi e meno invasivi, e modo efficaci per raggiungere i target. Tra il giusto e il gratis, gli utenti sceglieranno sempre il gratis. Ed è importante non abbassarsi a implorare la gente a disattivare gli strumenti di blocco pubblicitario, perché sarebbe l’inizio della fine”. “In realtà, secondo me, c’è un grosso deficit creativo nell’advertising, e dobbiamo pensare a raffinare la psicologia più che la tecnologia” ribatte Thompson.


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incarichi e gare

Autore: Redazione - 24/04/2024


KFC Italia sceglie KIWI come nuovo partner per la gestione dei social

Si arricchisce di una collaborazione di grande valore il 2024 di KIWI che, a partire da questo mese, è ufficialmente il nuovo partner per la gestione dei canali social di Kentucky Fried Chicken Italia, l’iconica e leggendaria catena di fast food specializzata in pollo fritto. La unit di Uniting Group, scelta da KFC a seguito di una gara, assume l’ownership dei canali Meta (Facebook e Instagram, con l’obiettivo di aprire anche Threads), LinkedIn e TikTok del brand. “La vittoria parte innanzitutto da una ricerca approfondita sul tone of voice. Abbiamo identificato nell’autenticità, nella schiettezza e nella boldness, che da sempre appartengono al brand, degli ottimi punti di partenza per rivolgerci alla GenZ e ai Millennial che sono il pubblico per eccellenza di KFC. Si tratta di un brand unico e amatissimo in tutto il mondo, con un prodotto e degli asset di comunicazione inconfondibili e potenzialità social ancora parzialmente inespresse in Italia”, afferma Andrea Stanich, Direttore Creativo Esecutivo di KIWI, Part of Uniting Group.  La strategia L’attenzione di KIWI sarà molto concentrata sulla crescita e sul coinvolgimento sempre maggiore della community. Anche i lanci, le promo, le aperture, i servizi e le innovazioni tecnologiche saranno comunicate senza perdere di vista l’intrattenimento. Una gestione del community management informale e diretta contribuirà ad alimentare il dialogo quotidiano con gli utenti. “Una parte rilevante del piano social di KFC - prosegue Federica Pasqual, COO di KIWI e Freshhh, Part of Uniting Group - sarà costituita da contenuti video originali agili e veloci, che ci piace definire ‘snackable’. Oggi più che mai è fondamentale affiancare i nostri brand partner intercettando le opportunità di comunicazione e i trend in modo istantaneo; questo, nel day by day, viene facilitato dalla collaborazione con la unit Freshhh, nata inizialmente come spin-off di KIWI, realtà che può contare, dall’ultimo quarter del 2023, su uno spazio produttivo dedicato”.  Dieci anni di pollo fritto in Italia KFC, società del gruppo Yum! Brands, è leader mondiale nel settore dei ristoranti che servono pollo fritto. Nato oltre 70 anni fa e presente in Italia da 10 anni, il brand ha avuto nel nostro Paese una crescita che l’ha portato oggi a 87 ristoranti in 15 regioni, con l’obiettivo di arrivare a 100 locali entro la fine dell’anno. Il gusto unico del pollo fritto di KFC si deve al Colonnello Sanders, fondatore del brand e inventore dell’Original Recipe, la ricetta che contiene un inimitabile mix segreto di erbe e spezie e che ancora oggi viene preparata come una volta nei ristoranti di Kentucky Fried Chicken. “Cercare ogni giorno di costruire una relazione sincera e coinvolgente con il nostro target di riferimento rappresenta uno degli obiettivi principali per i prossimi anni, forse la chiamerei una missione. La GenZ è la nostra audience, vogliamo rivolgerci loro in maniera diretta e convincente - afferma Marzia Farè, Chief Marketing Officer di KFC in Italia -. La scelta dei temi, dei canali, del linguaggio e il tono di voce da adottare diventano pertanto ogni giorno più cruciali; vorremmo esser riconosciuti come contemporanei e autentici e credo che la collaborazione con KIWI possa davvero esser l’occasione giusta per far un passo ulteriore di crescita in questa direzione. Il team KIWI che ci affiancherà è pieno di energia e voglia di fare, abbiamo le premesse migliori per far bene e divertirci”.

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spot

Autore: V Parazzoli - 09/04/2024


Lorenzo Marini Group firma “Il divino quotidiano” di Amica Chips, con una versione più “rispettosa” in tv e una più trasgressiva sui social

È on air la nuova campagna tv Amica Chips, realizzata, dopo aver vinto la relativa gara, da Lorenzo Marini Group, che propone una comunicazione fuori dagli schemi tradizionali con un linguaggio ironico, forte e trasgressivo, destinato a colpire un target giovane non abituato a messaggi “televisivi tradizionali” ma a stilemi narrativi social. Non a caso, dello spot sono state approntate una versione più “provocante” appunto per i social e una più rispettosa di un target tradizionale per la tv, con planning sempre di Media Club. Il film Le protagoniste dello spot sono delle novizie, riprese in fila sotto al chiostro del monastero mentre si apprestano ad entrare in chiesa. In sottofondo si sente la musica dell’“Ave Maria” di Schubert, eseguita con l’organo che accompagna questo ingresso. Le novizie sono in fila verso l’altare e la prima sta per ricevere la comunione dal prete celebrante…In quel momento si sente il suono della croccantezza della patatina, un “crunch” amplificato in perfetto sincrono con il momento in cui la prima novizia ha ricevuto l’ostia. Le altre in fila, al sentire il “crunch”, sorridono divertite e guardano nella direzione da cui proviene il rumore “appetitoso e goloso” della patatina croccante. La Madre Superiora infatti è seduta in sagrestia e, rilassata in un momento di pausa, sta mangiando con gusto le Amica Chips prendendole da un sacchetto che tiene in mano. Pack shot con le patatine Amica Chips e in super appaiono logo e claim di campagna “Il divino quotidiano”. Obiettivi e target L’obiettivo principale della comunicazione è quello di riaffermare il ruolo da protagonista di Amica Chips in comunicazione, da sempre protagonista di campagne forti e distintive con un tono da leader, per aumentare la percezione del suo valore di marca e consolidare la sua brand awareness. La campagna, che vuole sottolineare l’irresistibilità del prodotto ed esaltare la sua croccantezza superiore, sarà sviluppata con un sistema di comunicazione integrato teso a massimizzare l’impatto e la copertura di un target 18–54 anni, con particolare focus per la parte più giovane (18-35) sui canali digital e social. Un target che, in chiave psicografica viene descritto come composto da persone che nella loro vita ricercano ironia, divertimento e simpatia e che hanno un atteggiamento sociale aperto ed evoluto, con una ricerca continua di uscita dagli schemi convenzionali. Il messaggio vuole esprimere, con forte ironia “british”, un contenuto di prodotto legato al momento dello snack e, attraverso una descrizione iperbolica e provocante, esprimere il valore della croccantezza irresistibile della patatina Amica Chips. Si vuole rappresentare, in modo palese e senza fraintendimenti di tipo religioso, una situazione “chiaramente teatrale e da fiction”, tratta da citazioni del mondo ecclesiastico già abbondantemente trattate nella cinematografia mondiale, nelle rappresentazioni teatrali e nella pubblicità. Lo spot 30” verrà programmato sulle reti Mediaset, Cairo e sulle CTV, oltre che sui canali digitali. Il commento «Le patatine sono una categoria mentale compensativa e divertente – spiega Marini a Dailyonline -.. Hanno bisogno di comunicazioni ironiche, giovani e impattanti. L’area semantica della serietà è noiosa, funziona per prodotti assicurativi o farmaceutici. L’area del divertimento e della giocosità si sposa benissimo invece con questo settore». Credits Direzione creativa: Lorenzo Marini Copywriter: Artemisa Sakaj  Planning strategico e direzione generale: Ezio Campellone Account service: Elma Golloshi Casa di produzione: Film Good Executive producer: Pierangelo Spina Regia: Dario Piana Direttore fotografia: Stefano Morcaldo Producer: Sara Aina Musica: “Ave Maria” di Schubert – esecuzione di Alessandro Magri  

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