Autore: Redazione
15/06/2016

Gli anti ad blockers, chi sono e cosa fanno

Il Wall Street Journal prende in esame una serie di nuove società che fanno profitti “sbloccando” gli annunci con una promessa: aiutare gli editori a recuperare le revenue

Gli anti ad blockers, chi sono e cosa fanno

In un contesto di continua crescita dell’adozione dell’ad blocking, secondo PageFair sono 400 milioni le persone che lo usano solo da mobile, i publisher e le media company stanno sperimentando una serie di soluzioni per limitare l’impatto del fenomeno sul proprio business. Su questo tema è tornato ancora una volta il Wall Street Journal, sottolineando come ciò abbia dato vita a una nuova generazione di anti ad blockers, ossia company tecnologiche che guadagnano vendendo software in grado di detonare gli effetti dell’ad blocking. PageFair, Sourcepoint, Secret Media e Admiral sono alcune delle aziende attive in questo campo. Con approcci differenti, tutte queste società, vere e proprie anti ad blockers, promettono agli editori una cosa: aiutarli a riprendersi le revenue bruciate a causa dell’uso di ad blocker.  

Gli anti ad blockers, chi sono e cosa fanno

Il caso Admiral

“Siamo convinti che la gratuità di internet sia in pericolo a causa dell’ad blocking, perciò questo tipo di soluzioni sono necessarie per invertire la rotta”, ha detto Dan Rua, ceo di Admiral, la company che ha di recente ricevuto un finanziamento da 2,5 milioni per costruire la propria piattaforma. La tecnologia di Admiral abilita i siti a mostrare inserzioni pubblicitarie agli utenti con ad blocking attivo, assicurando che siano veicolate sulle pagine web in modo tale da non poter essere rilevate dalla maggior parte dei software di ad blocking. Questa tattica si chiama anche “ad reinsertion”, perché permette di recuperare annunci che altrimenti non sarebbero stati erogati. Non solo: Rua ha dichiarato che Admiral sta lavorando su alcuni tool attraverso cui i publisher potranno invitare i propri visitatori a disabilitare gli ad blocker, offrendo anche la possibilità di pagare per i contenuti.  

Secret Media

Secret Media, azienda basata a New York, offre un servizio simile a quello di Admiral, ma tarato esclusivamente sulla pubblicità video. La startup sta già collaborando con oltre 450 editori americani ed europei, stando a quanto dichiarato dal ceo Frédéric Montagnon, che non ha però fornito alcun nome. L’appeal di questo genere di tecnologie per chi vende pubblicità online è abbastanza chiaro: Ovum stima che da qui al 2020 lo scenario più probabile prevede una perdita di 35 miliardi di dollari a causa del blocco degli annunci, anche se alcuni sostengono che il lavoro di queste aziende anti ad blockers non servirà a fermare il fenomeno.  

PageFair

La startup irlandese PageFair offre un servizio di recupero delle revenue, ma si distanzia dalla nozione di “ad reinsertion” dello stesso annuncio che è stato inizialmente bloccato. La strategia che la società sta adottando è quella di reinventare la pubblicità. PageFair, infatti, sta aiutando i publisher a mostrare ads in stile magazine, senza elementi animati e senza tracciare gli utenti. Oggi PageFair ha una decina di contratti attivi. In questo filone si inseriscono anche le operazioni di Secret Media, che sta aiutando i suoi partner a creare una esperienza pubblicitaria migliore.