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Teads, video advertising tra mobile, contesti e creatività interattive:

Autore: Redazione


Promettere un’esperienza pubblicitaria di qualità, è facile. Garantirla, spesso, non lo è altrettanto. I fattori cui occorre prestare attenzione per ottenere il massimo livello di impatto si moltiplicano mano a mano che l’ecosistema digitale cresce e si espande. E questo, si sa, avviene a ritmi vertiginosi. La potenza del video non lascia più alcun dubbio, l’affermazione del mobile è totale, la necessità di sensibilizzare le agenzie creative ad adattare ogni creatività al giusto formato è impellente ed i contesti editoriali premium giocano un ruolo imprescindibile nella percezione di un messaggio. Formati, device, ambienti editoriali, creatività, cross-screen, second-screen, adattamento della distribuzione: bisogna abbracciare ogni dettaglio con uno sguardo d’insieme, per produrre una advertising experience capace di lasciare il segno e di stimolare l’appetito dello spettatore.

Ci sarà anche Teads, all’Upgrade Mobile Summit di venerdì18 novembre, con un intervento dal titolo “Video advertising tra mobile, contesti e creatività interattive: l’importanza della qualità”. Charlotte Diemer, Director of Content & Insights, UK/International di Teads.tv, salirà sul palco di Palazzo Mezzanotte. In attesa di quel giorno, Diemer affronta con DailyMedia una serie di temi al centro proprio del suo intervento. Qual è lo stato attuale del mercato del mobile advertising in Europa. Che ruolo riveste il video all’interno di questo media? Gli ultimi report dello IAB ci dicono che la spesa pubblicitaria su mobile ammonta ormai a un quarto del totale dell’ad spend digitale, cioè a più di 7 miliardi di euro. Video e mobile sono due tra le categorie a maggiore crescita, non stupisce dunque vedere che il mobile video sia letteralmente esploso nel corso degli ultimi mesi. Quando parliamo di video, però, è semplicistico pensare a una categoria omogenea. Per esempio, i formati “outstream” si differenziano profondamente dai classici video preroll, detti anche “in-stream”. È importante comprendere a fondo la differenza tra i diversi formati e i vantaggi degli uni e degli altri. Credo che al momento non ci sia chiarezza su come misurare una campagna, perché anziché tenere conto della differenza tra i formati e applicare di conseguenza ad ognuno i propri KPI, si tende invece ad applicare KPI standard, che non restituiscono un quadro veritiero. KPI come numero di visualizzazioni, tasso di completion o numero di click sono ancora legati a una comprensione omogenea dei formati video, cosa che non è più attuale. Parliamo allora di viewability, di brand safety, dell’importanza del contesto, di ad fraud. Dopo l’esplosione epidemica del fenomeno di adblocking nel corso degli ultimi mesi, è chiaro che vi è la necessità di offrire formati che rispettino il comportamento del consumatore, ma anche di maggiore chiarezza e trasparenza nel settore. Soprattutto con la crescita del programmatic, che implica l’automatizzazione dei processi, dobbiamo fare attenzione a non mettere tutto in un unico calderone, bensì creare delle best practice valide e limpide per la misurazione dell’efficacia di una campagna video, su mobile come su desktop. La comunicazione su mobile deve scontrarsi con limitazioni legate al tema creativo a causa di schermi con dimensioni ridotte. La strada giusta da seguire è quella del video? Il tempo e l’attenzione di uno user sono preziose per una marca, si sa. A fronte di questo fatto, la sfida che i brand si trovano a dover fronteggiare è come riuscire ad attirare e mantenere l’attenzione del consumatore nel passaggio da uno schermo all’altro, da un’attività più passiva come il guardare la tv a quella interattiva consentita da uno schermo digitale, soprattutto tablet e mobile. Il video è un mezzo di comunicazione potente che, se ben creato e distribuito, sa attirare l’attenzione, affascinare, comunicare una storia con una ricchezza di contenuti e sensi che un normale formato display non ha. È importante, però, tener conto del contesto in cui un utente si trova: ha tempo, sta leggendo un articolo? O sta guardando i social? Sta cercando un’informazione particolare? L’opportunità da cogliere sta nel comprendere i diversi momenti e stati d’animo dello user. Parliamo di moments marketing, un termine coniato da Google nel 2015, e mai così attuale come al giorno d’oggi, dove il passaggio tra lavoro e sfera privata, da computer a mobile, è fluido, costante. Detto ciò, spesso questo “vantaggio competitivo” del video viene meno quando uno user guarda filmati senza attivare il suono e/o attraverso un player di dimensioni ridotte, adattato allo schermo dello smartphone, per esempio. È per questo che è importante trovare un modo di attirare l’attenzione dello user e permettergli di interagire con il formato. Uno studio recentemente condotto da Teads insieme all’agenzia di ricerca IPSOS mostra come sia assolutamente essenziale continuare a innovare e utilizzare nuovi formati per dare risalto ai contenuti video: esposto ai nuovi formati outstream vertical e square, per esempio, uno user è tra il 20% e il 30% più propenso a interagire con il player rispetto a una situazione in cui sia esposto allo stesso video, ma in una versione più lunga e in formato classico orizzontale. Questo dimostra che c’è interesse da parte degli user: sta a noi, centri media e advertiser, saper scegliere il formato più adatto al momento, agli obiettivi del brand e, soprattutto, al device. Upgrade Mobile Summit, come si  declinerà la presenza di Teads all’evento? Ci può anticipare qualcosa relativamente al suo intervento? Uno dei fulcri tematici su cui ci siamo concentrati quest’anno è quello della “mobilizzazione del video”. All’evento presenteremo in anteprima uno studio condotto in collaborazione con l’ente di ricerca Ipsos che guarda alla trasposizione delle creatività video da televisione a digital e, nello specifico, sul mobile. Esploreremo il comportamento dello user di fronte a diversi formati outstream, con un occhio di riguardo per i nuovi formati vertical e square che sono letteralmente mobile-first. Uno dei preconcetti diffusi quando si parla della trasposizione di contenuti pubblicitari da TV a digital è che costa troppo creare una versione apposita per il digital. Ecco, uno dei risultati più interessanti dello studio che presenteremo è che non deve necessariamente essere un processo dispendioso: un paio di accorgimenti nella creazione del video e alcune scelte strategiche a livello di formato danno ottimi risultati. Come interpreta il mobile Teads e quali soluzioni avete sviluppato su questo fronte? verso quale direzione stiamo andando? Più che al mobile, in Teads pensiamo al cross-screen. Slegarci dalla logica di uno schermo in particolare ci permette di concepire campagne che funzionino su ogni device. I nostri formati si adattano a tutti gli schermi e a ogni dimensione. In più, la nostra tecnologia è affiancata da un algoritmo di intelligenza artificiale che ottimizza le campagne a seconda di una serie di criteri tra i quali l’orario, il device, la location, la qualità della connessione wifi. Così facendo possiamo mostrare un video di 10 secondi su mobile sapendo che lo user è connesso stabilmente a un network wifi; a un altro user che stia accedendo ad un sito da un computer desktop, invece, possiamo anche servire la versione di 20 o 30 secondi della stessa campagna, sapendo che il comportamento dello stesso varia profondamente tra mobile e schermo fisso. Non solo. Dopo l’acquisizione di Brainient nell’agosto 2016, ora incorporata nell’azienda come Teads Studio, stiamo lavorando su soluzioni sempre più interattive. La personalizzazione dei contenuti è un tema molto importante e in crescita: questa tecnica, infatti, permette di raggiungere una serie di user con un messaggio diverso a seconda della loro location, dell’orario, del meteo e, forse ancora più importante, degli interessi. Una catena come McDonald’s potrà allora targettizzare una fascia di consumatori con una creatività incentrata su caffè e colazione nella fascia tra le 7 e le 9, per poi spostarsi a promuovere i propri menu intorno all’orario di pranzo. Non appena la temperatura sale al di sopra dei 27 gradi, per esempio, potrebbero partire gli spot di Magnum e Cornetto. Se lavoriamo con Samsung, possiamo targettizzare proprietari di iPhone con una campagna diversa da quella che vedranno gli altri user. In futuro, poi, parliamo di intelligenza artificiale anche a livello di creazione di contenuti, per esempio attraverso delle creatività che varino in base alla reazione dello user con cui interagiscono, attraverso chatbot o riconoscimento facciale. Ultimo argomento, l’ad blocking.Teads si sta facendo promotore di una pubblicità sostenibile attraverso una serie di azioni concrete. Ci racconta qualcosa in più? PageFair indica che l’anno scorso sono stati persi quasi 22miliardi di dollari a livello globale a causa dell’adblocking. È una cifra importante, impossibile da ignorare. Ha poi fatto molto discutere l’iniziativa dei fondatori del software AdBlock Plus, Eyeo, di proporre - e vendere! - formati pubblicitari giudicati “accettabili” e dunque in grado di aggirare un adblocker. Ciò che sembra un paradosso - i fondatori di Adblock Plus che vendono formati pubblicitari - è in realtà sintomo di un bisogno diffuso, ovvero la creazione di una pubblicità, appunto, sostenibile, che si integri nell’esperienza dello user anziché interromperlo nelle sue attività. A inizio 2016 Teads ha commissionato uno studio sul fenomeno ad blocking all’ente di ricerca Research Now; condotto su un campione di più di 8,000 utenti a livello globale, i risultati ci hanno mostrato chiaramente che le persone sarebbero disposte a rinunciare agli adblocker - a condizione che gli venga data la scelta sulla pubblicità a cui è esposto, e a condizione che i formati siano interamente “skippable”. Molti publisher stanno sperimentando metodi di paywall o pop-up che spiegano allo user l’importanza della monetizzazione dei contenuti attraverso la pubblicità, soprattutto qualora si tratta di contenuti disponibili sul web gratuitamente. Per esempio in Francia, ad aprile, alcuni tra i più noti publisher (L’Equipe, Le Monde, Le Figaro, RTE and Le Parisien) hanno cercato di sensibilizzare i propri utenti di fronte al problema degli ad blocker con metodi diversi ma tutti puntati a ridurne l’adozione. L’Equipe ha, per esempio, bloccato l’accesso a tutti i contenuti, mentre Le Monde ha provato un approccio più diplomatico spiegando ai propri lettori che le pubblicità sono vitali affinché il sito possa continuare a pubblicare articoli, chiedendo quindi ai lettori di togliere ad block. In Francia, secondo Ipsos, il 33% della popolazione usa adblock. La qualità editoriale è sempre più in pericolo. Soprattutto, rischiamo di muovere verso uno scenario in cui i contenuti più di qualità sono quelli dietro a paywall che in pochi vogliono - o possono - finanziare. Per preservare un livello alto di qualità editoriale e giornalistica, dunque, è necessario mantenere un livello costante di entrate a livello monetario, che permettano di finanziare il business. È per questo che ci facciamo promotori di una pubblicità che sia non solo sostenibile, ma anche dalla parte dei publisher, ovvero sul loro sito. Al momento, infatti, un altro attacco alle revenue dei publisher viene dal tentativo di trasporre i contenuti, provenienti da testate giornalistiche o magazine, su altre piattaforme social o aggregatori di notizie, che cannibalizzano le entrate del publisher visto che lo user non si trova sul sito dell’editore bensì su un aggregatore/social media. Teads è anche promotore dell’iniziativa Coalition for Better Ads, un gruppo formato da associazioni di settore, inserzionisti, publisher e agenzie nato con l’obiettivo di liberare internet dalla cattiva pubblicità. L’annuncio della coalizione, istituita come risposta alla crescita dell’ad blocking, è stato fatto al Dmexco di Colonia, in Germania. Questa iniziativa, essenzialmente, classificherà gli annunci a partire da una serie di criteri come il tempo di caricamento delle pagine, il numero di tracciamento pixel e il tipo di creatività. Solo gli annunci che soddisfano una certa soglia saranno erogati in pagina.

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incarichi e gare

Autore: Redazione - 24/04/2024


KFC Italia sceglie KIWI come nuovo partner per la gestione dei social

Si arricchisce di una collaborazione di grande valore il 2024 di KIWI che, a partire da questo mese, è ufficialmente il nuovo partner per la gestione dei canali social di Kentucky Fried Chicken Italia, l’iconica e leggendaria catena di fast food specializzata in pollo fritto. La unit di Uniting Group, scelta da KFC a seguito di una gara, assume l’ownership dei canali Meta (Facebook e Instagram, con l’obiettivo di aprire anche Threads), LinkedIn e TikTok del brand. “La vittoria parte innanzitutto da una ricerca approfondita sul tone of voice. Abbiamo identificato nell’autenticità, nella schiettezza e nella boldness, che da sempre appartengono al brand, degli ottimi punti di partenza per rivolgerci alla GenZ e ai Millennial che sono il pubblico per eccellenza di KFC. Si tratta di un brand unico e amatissimo in tutto il mondo, con un prodotto e degli asset di comunicazione inconfondibili e potenzialità social ancora parzialmente inespresse in Italia”, afferma Andrea Stanich, Direttore Creativo Esecutivo di KIWI, Part of Uniting Group.  La strategia L’attenzione di KIWI sarà molto concentrata sulla crescita e sul coinvolgimento sempre maggiore della community. Anche i lanci, le promo, le aperture, i servizi e le innovazioni tecnologiche saranno comunicate senza perdere di vista l’intrattenimento. Una gestione del community management informale e diretta contribuirà ad alimentare il dialogo quotidiano con gli utenti. “Una parte rilevante del piano social di KFC - prosegue Federica Pasqual, COO di KIWI e Freshhh, Part of Uniting Group - sarà costituita da contenuti video originali agili e veloci, che ci piace definire ‘snackable’. Oggi più che mai è fondamentale affiancare i nostri brand partner intercettando le opportunità di comunicazione e i trend in modo istantaneo; questo, nel day by day, viene facilitato dalla collaborazione con la unit Freshhh, nata inizialmente come spin-off di KIWI, realtà che può contare, dall’ultimo quarter del 2023, su uno spazio produttivo dedicato”.  Dieci anni di pollo fritto in Italia KFC, società del gruppo Yum! Brands, è leader mondiale nel settore dei ristoranti che servono pollo fritto. Nato oltre 70 anni fa e presente in Italia da 10 anni, il brand ha avuto nel nostro Paese una crescita che l’ha portato oggi a 87 ristoranti in 15 regioni, con l’obiettivo di arrivare a 100 locali entro la fine dell’anno. Il gusto unico del pollo fritto di KFC si deve al Colonnello Sanders, fondatore del brand e inventore dell’Original Recipe, la ricetta che contiene un inimitabile mix segreto di erbe e spezie e che ancora oggi viene preparata come una volta nei ristoranti di Kentucky Fried Chicken. “Cercare ogni giorno di costruire una relazione sincera e coinvolgente con il nostro target di riferimento rappresenta uno degli obiettivi principali per i prossimi anni, forse la chiamerei una missione. La GenZ è la nostra audience, vogliamo rivolgerci loro in maniera diretta e convincente - afferma Marzia Farè, Chief Marketing Officer di KFC in Italia -. La scelta dei temi, dei canali, del linguaggio e il tono di voce da adottare diventano pertanto ogni giorno più cruciali; vorremmo esser riconosciuti come contemporanei e autentici e credo che la collaborazione con KIWI possa davvero esser l’occasione giusta per far un passo ulteriore di crescita in questa direzione. Il team KIWI che ci affiancherà è pieno di energia e voglia di fare, abbiamo le premesse migliori per far bene e divertirci”.

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spot

Autore: V Parazzoli - 09/04/2024


Lorenzo Marini Group firma “Il divino quotidiano” di Amica Chips, con una versione più “rispettosa” in tv e una più trasgressiva sui social

È on air la nuova campagna tv Amica Chips, realizzata, dopo aver vinto la relativa gara, da Lorenzo Marini Group, che propone una comunicazione fuori dagli schemi tradizionali con un linguaggio ironico, forte e trasgressivo, destinato a colpire un target giovane non abituato a messaggi “televisivi tradizionali” ma a stilemi narrativi social. Non a caso, dello spot sono state approntate una versione più “provocante” appunto per i social e una più rispettosa di un target tradizionale per la tv, con planning sempre di Media Club. Il film Le protagoniste dello spot sono delle novizie, riprese in fila sotto al chiostro del monastero mentre si apprestano ad entrare in chiesa. In sottofondo si sente la musica dell’“Ave Maria” di Schubert, eseguita con l’organo che accompagna questo ingresso. Le novizie sono in fila verso l’altare e la prima sta per ricevere la comunione dal prete celebrante…In quel momento si sente il suono della croccantezza della patatina, un “crunch” amplificato in perfetto sincrono con il momento in cui la prima novizia ha ricevuto l’ostia. Le altre in fila, al sentire il “crunch”, sorridono divertite e guardano nella direzione da cui proviene il rumore “appetitoso e goloso” della patatina croccante. La Madre Superiora infatti è seduta in sagrestia e, rilassata in un momento di pausa, sta mangiando con gusto le Amica Chips prendendole da un sacchetto che tiene in mano. Pack shot con le patatine Amica Chips e in super appaiono logo e claim di campagna “Il divino quotidiano”. Obiettivi e target L’obiettivo principale della comunicazione è quello di riaffermare il ruolo da protagonista di Amica Chips in comunicazione, da sempre protagonista di campagne forti e distintive con un tono da leader, per aumentare la percezione del suo valore di marca e consolidare la sua brand awareness. La campagna, che vuole sottolineare l’irresistibilità del prodotto ed esaltare la sua croccantezza superiore, sarà sviluppata con un sistema di comunicazione integrato teso a massimizzare l’impatto e la copertura di un target 18–54 anni, con particolare focus per la parte più giovane (18-35) sui canali digital e social. Un target che, in chiave psicografica viene descritto come composto da persone che nella loro vita ricercano ironia, divertimento e simpatia e che hanno un atteggiamento sociale aperto ed evoluto, con una ricerca continua di uscita dagli schemi convenzionali. Il messaggio vuole esprimere, con forte ironia “british”, un contenuto di prodotto legato al momento dello snack e, attraverso una descrizione iperbolica e provocante, esprimere il valore della croccantezza irresistibile della patatina Amica Chips. Si vuole rappresentare, in modo palese e senza fraintendimenti di tipo religioso, una situazione “chiaramente teatrale e da fiction”, tratta da citazioni del mondo ecclesiastico già abbondantemente trattate nella cinematografia mondiale, nelle rappresentazioni teatrali e nella pubblicità. Lo spot 30” verrà programmato sulle reti Mediaset, Cairo e sulle CTV, oltre che sui canali digitali. Il commento «Le patatine sono una categoria mentale compensativa e divertente – spiega Marini a Dailyonline -.. Hanno bisogno di comunicazioni ironiche, giovani e impattanti. L’area semantica della serietà è noiosa, funziona per prodotti assicurativi o farmaceutici. L’area del divertimento e della giocosità si sposa benissimo invece con questo settore». Credits Direzione creativa: Lorenzo Marini Copywriter: Artemisa Sakaj  Planning strategico e direzione generale: Ezio Campellone Account service: Elma Golloshi Casa di produzione: Film Good Executive producer: Pierangelo Spina Regia: Dario Piana Direttore fotografia: Stefano Morcaldo Producer: Sara Aina Musica: “Ave Maria” di Schubert – esecuzione di Alessandro Magri  

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