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Mito #6 Online e offline sono mondi separati: le campagne video funzionano con logiche differenti e sono misurate diversamente. Ne siamo davvero sicuri?

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Giulio Ravizza, Marketing Lead di Facebook Italia


Ha ancora senso fare ragionamenti considerando i due canali come compartimenti stagni? Secondo il Marketing Lead di Facebook Italia, Giulio Ravizza, la risposta è “no”. Perché l’utente non ha due vite e ciò ha un riflesso nella pianificazione e misurazione delle campagne

Ha ancora senso ragionare considerando offline e online come mondi separati? Secondo Giulio Ravizza, Marketing Lead di Facebook Italia, la risposta è “no”. Perché l’utente non ha due vite, ma utilizza tutti i mezzi in modo sinergico. Una situazione che ha un riflesso sulle campagne pubblicitarie e sulla loro misurazione, in particolare per quanto riguarda il video, come spiega al nostro giornale Giulio Ravizza, sfatando anche questo mito, il sesto, che chiude il ciclo di approfondimento “Facebook miti e verità” inerente alla misurazione.

Partiamo dal principio: perché c’è questa netta suddivisione tra online e offline?

Esiste una ragione storica per la quale gli organigrammi delle aziende separano nettamente chi si occupa di pubblicità offline da chi segue la pubblicità online: negli anni settanta esistevano solo leve offline, principalmente la carta stampata, la radio e poco più tardi la televisione commerciale. Scrivere un piano media era un’operazione relativamente semplice: si replicava il piano dell’anno precedente, si aggiungevano i periodici o le stazioni radio che avevano aumentato il loro pubblico e si toglievano i canali che avevano perso trazione. Poi tutto a un tratto sono arrivati internet e i dispositivi mobili, e con loro i social media. Dopo una fase “di mezzo”, in cui queste nuove leve erano gestite da chi si occupava di rapporti con la stampa, o da qualche coraggioso volontario amante della tecnologia, si sono create le prime figure di specialisti del mondo online. Un po’ per l’elemento di novità dello spazio digitale, un po’ per l’alto contenuto tecnologico delle leve digitali, le abilità, l’esperienza richiesta, la formazione di chi se ne occupava era molto diversa rispetto a chi seguiva i canali tradizionali. Questo ha favorito la proliferazione di linguaggi, metriche di misurazione, formati molto diversi, che alimentano la separazione tra universo digitale e mondo offline.

Che problema c’è nell’avere due team, che magari rispondono allo stesso direttore marketing?

Nessuno, se i due team lavorano come fosse uno solo. Qui il tema vero è che l’utente finale è uno: non ha due vite, una digitale e una offline, separate e distinte. La nostra dieta mediatica è contaminata da esposizione a media digitali e tradizionali. Più il video entra nelle nostre vite e meno ha senso tracciare una riga rossa tra i due mondi.

È un po’ come dire che un piano media diviso tra video online e offline non ha senso?

Facciamo un esempio pratico. Di solito quando si fa un’analisi del piano media si tiene conto solo di alcuni touchpoint, per esempio dando credito all’ultimo click prima della conversione o all’ultimo annuncio con cui l’utente ha interagito. Questo non consente di individuare il ruolo che gli altri canali hanno avuto nel determinare l’acquisto. Talvolta prima di decidere di acquistare un prodotto vediamo una campagna in affissione, poi la vediamo su Instagram, ci rechiamo in negozio, andiamo sul sito ufficiale e infine, dopo un lungo percorso, acquistiamo il prodotto. Questa vendita non può essere attribuita al 100% al click sull’ultima campagna, va piuttosto ascritta a tutti i mezzi ai quali l’acquirente è stato esposto, in modo da capire quanto ogni canale abbia contribuito ai risultati di vendita. Questo consente di ottimizzare i budget e generare risultati più efficienti.

Eppure confrontare una visualizzazione video ad un GRP rimane un’operazione complessa: come trovare un ponte tra online e offline?

Secondo una ricerca condotta da Nielsen e ANA nel 2013, il 79% dei responsabili marketing vorrebbe poter individuare una sola metrica che funzioni per tutti i video e gli schermi. Negli Stati Uniti esiste una soluzione, Nielsen Total Brand Effect, che permette di paragonare il diverso impatto che le varie piattaforme e dispositivi hanno, individualmente o insieme, sulle metriche. Questo strumento di misurazione è capace di identificare e valutare il ruolo di ciascun touchpoint, permettendo di allocare il giusto budget su ogni canale. Una seconda soluzione Nielsen è disponibile in Europa: Total Ad Rating (TAR), attraverso la quale gli inserzionisti possono seguire la campagna in TV e online determinando copertura, frequenza e GPR per la campagna nel suo insieme.

Come si riflette tutto questo nella strategia media?

Ad esempio, la strategia di combinare Facebook e TV consente di rafforzare il messaggio del video pubblicitario, nonché di ampliare la copertura: soprattutto tra gli utenti che guardano poco la televisione. Un’analisi di Kantar sui modelli di media mix dei consumatori, evidenzia che le campagne pubblicate in TV e su Facebook congiuntamente hanno prodotto un aumento del 29% nella probabilità di acquisto: il 17% della copertura Facebook proveniva da utenti che non guardano la TV.

Che consiglio può dare ad aziende con una forte divisione tra online e offline per avvicinarsi a una pianificazione video integrata?

È importante acquisire consapevolezza che il comportamento degli utenti impone una strategia multi-piattaforma. In particolare, abbiamo notato che TV e Facebook si completano a vicenda, permettendo di toccare tutti i touchpoint con i consumatori: se la televisione è utile nel generare notorietà del marchio per un pubblico più ampio, Facebook aggiunge la possibilità di definire un pubblico specifico per una determinata campagna. Più il target è specifico, più Facebook si dimostra efficiente rispetto alla TV.


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incarichi e gare

Autore: Redazione - 24/04/2024


KFC Italia sceglie KIWI come nuovo partner per la gestione dei social

Si arricchisce di una collaborazione di grande valore il 2024 di KIWI che, a partire da questo mese, è ufficialmente il nuovo partner per la gestione dei canali social di Kentucky Fried Chicken Italia, l’iconica e leggendaria catena di fast food specializzata in pollo fritto. La unit di Uniting Group, scelta da KFC a seguito di una gara, assume l’ownership dei canali Meta (Facebook e Instagram, con l’obiettivo di aprire anche Threads), LinkedIn e TikTok del brand. “La vittoria parte innanzitutto da una ricerca approfondita sul tone of voice. Abbiamo identificato nell’autenticità, nella schiettezza e nella boldness, che da sempre appartengono al brand, degli ottimi punti di partenza per rivolgerci alla GenZ e ai Millennial che sono il pubblico per eccellenza di KFC. Si tratta di un brand unico e amatissimo in tutto il mondo, con un prodotto e degli asset di comunicazione inconfondibili e potenzialità social ancora parzialmente inespresse in Italia”, afferma Andrea Stanich, Direttore Creativo Esecutivo di KIWI, Part of Uniting Group.  La strategia L’attenzione di KIWI sarà molto concentrata sulla crescita e sul coinvolgimento sempre maggiore della community. Anche i lanci, le promo, le aperture, i servizi e le innovazioni tecnologiche saranno comunicate senza perdere di vista l’intrattenimento. Una gestione del community management informale e diretta contribuirà ad alimentare il dialogo quotidiano con gli utenti. “Una parte rilevante del piano social di KFC - prosegue Federica Pasqual, COO di KIWI e Freshhh, Part of Uniting Group - sarà costituita da contenuti video originali agili e veloci, che ci piace definire ‘snackable’. Oggi più che mai è fondamentale affiancare i nostri brand partner intercettando le opportunità di comunicazione e i trend in modo istantaneo; questo, nel day by day, viene facilitato dalla collaborazione con la unit Freshhh, nata inizialmente come spin-off di KIWI, realtà che può contare, dall’ultimo quarter del 2023, su uno spazio produttivo dedicato”.  Dieci anni di pollo fritto in Italia KFC, società del gruppo Yum! Brands, è leader mondiale nel settore dei ristoranti che servono pollo fritto. Nato oltre 70 anni fa e presente in Italia da 10 anni, il brand ha avuto nel nostro Paese una crescita che l’ha portato oggi a 87 ristoranti in 15 regioni, con l’obiettivo di arrivare a 100 locali entro la fine dell’anno. Il gusto unico del pollo fritto di KFC si deve al Colonnello Sanders, fondatore del brand e inventore dell’Original Recipe, la ricetta che contiene un inimitabile mix segreto di erbe e spezie e che ancora oggi viene preparata come una volta nei ristoranti di Kentucky Fried Chicken. “Cercare ogni giorno di costruire una relazione sincera e coinvolgente con il nostro target di riferimento rappresenta uno degli obiettivi principali per i prossimi anni, forse la chiamerei una missione. La GenZ è la nostra audience, vogliamo rivolgerci loro in maniera diretta e convincente - afferma Marzia Farè, Chief Marketing Officer di KFC in Italia -. La scelta dei temi, dei canali, del linguaggio e il tono di voce da adottare diventano pertanto ogni giorno più cruciali; vorremmo esser riconosciuti come contemporanei e autentici e credo che la collaborazione con KIWI possa davvero esser l’occasione giusta per far un passo ulteriore di crescita in questa direzione. Il team KIWI che ci affiancherà è pieno di energia e voglia di fare, abbiamo le premesse migliori per far bene e divertirci”.

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spot

Autore: V Parazzoli - 09/04/2024


Lorenzo Marini Group firma “Il divino quotidiano” di Amica Chips, con una versione più “rispettosa” in tv e una più trasgressiva sui social

È on air la nuova campagna tv Amica Chips, realizzata, dopo aver vinto la relativa gara, da Lorenzo Marini Group, che propone una comunicazione fuori dagli schemi tradizionali con un linguaggio ironico, forte e trasgressivo, destinato a colpire un target giovane non abituato a messaggi “televisivi tradizionali” ma a stilemi narrativi social. Non a caso, dello spot sono state approntate una versione più “provocante” appunto per i social e una più rispettosa di un target tradizionale per la tv, con planning sempre di Media Club. Il film Le protagoniste dello spot sono delle novizie, riprese in fila sotto al chiostro del monastero mentre si apprestano ad entrare in chiesa. In sottofondo si sente la musica dell’“Ave Maria” di Schubert, eseguita con l’organo che accompagna questo ingresso. Le novizie sono in fila verso l’altare e la prima sta per ricevere la comunione dal prete celebrante…In quel momento si sente il suono della croccantezza della patatina, un “crunch” amplificato in perfetto sincrono con il momento in cui la prima novizia ha ricevuto l’ostia. Le altre in fila, al sentire il “crunch”, sorridono divertite e guardano nella direzione da cui proviene il rumore “appetitoso e goloso” della patatina croccante. La Madre Superiora infatti è seduta in sagrestia e, rilassata in un momento di pausa, sta mangiando con gusto le Amica Chips prendendole da un sacchetto che tiene in mano. Pack shot con le patatine Amica Chips e in super appaiono logo e claim di campagna “Il divino quotidiano”. Obiettivi e target L’obiettivo principale della comunicazione è quello di riaffermare il ruolo da protagonista di Amica Chips in comunicazione, da sempre protagonista di campagne forti e distintive con un tono da leader, per aumentare la percezione del suo valore di marca e consolidare la sua brand awareness. La campagna, che vuole sottolineare l’irresistibilità del prodotto ed esaltare la sua croccantezza superiore, sarà sviluppata con un sistema di comunicazione integrato teso a massimizzare l’impatto e la copertura di un target 18–54 anni, con particolare focus per la parte più giovane (18-35) sui canali digital e social. Un target che, in chiave psicografica viene descritto come composto da persone che nella loro vita ricercano ironia, divertimento e simpatia e che hanno un atteggiamento sociale aperto ed evoluto, con una ricerca continua di uscita dagli schemi convenzionali. Il messaggio vuole esprimere, con forte ironia “british”, un contenuto di prodotto legato al momento dello snack e, attraverso una descrizione iperbolica e provocante, esprimere il valore della croccantezza irresistibile della patatina Amica Chips. Si vuole rappresentare, in modo palese e senza fraintendimenti di tipo religioso, una situazione “chiaramente teatrale e da fiction”, tratta da citazioni del mondo ecclesiastico già abbondantemente trattate nella cinematografia mondiale, nelle rappresentazioni teatrali e nella pubblicità. Lo spot 30” verrà programmato sulle reti Mediaset, Cairo e sulle CTV, oltre che sui canali digitali. Il commento «Le patatine sono una categoria mentale compensativa e divertente – spiega Marini a Dailyonline -.. Hanno bisogno di comunicazioni ironiche, giovani e impattanti. L’area semantica della serietà è noiosa, funziona per prodotti assicurativi o farmaceutici. L’area del divertimento e della giocosità si sposa benissimo invece con questo settore». Credits Direzione creativa: Lorenzo Marini Copywriter: Artemisa Sakaj  Planning strategico e direzione generale: Ezio Campellone Account service: Elma Golloshi Casa di produzione: Film Good Executive producer: Pierangelo Spina Regia: Dario Piana Direttore fotografia: Stefano Morcaldo Producer: Sara Aina Musica: “Ave Maria” di Schubert – esecuzione di Alessandro Magri  

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