ABBONATI

Ipsos: analizza la società e i consumi degli italiani con “Flair” e conferma per il 2018 il fatturato di circa 46 milioni di euro

Autore: V Parazzoli


L’Istituto di cui sono Presidente Nando Pagnocelli e A.D. Nicola Neri ha presentato ieri la nuova release dello studio che si colloca nell’ambito del progetto “Total Understanding”, e rafforza la leadership nelle ricerche ad hoc

Ipsos ha presentato ieri la nona edizione di “Flair”, il report che fotografa la nostra società dal punto di vista dei consumi e dei media a fronte del quadro economico e sociale del Paese. Con quelli dell’A.D. Niola Neri e del Presidente Nando Pagnoncelli, gli interventi di Luca Comodo, Direttore del Dipartimento Politico-Sociale, Nora Schmitz, Service Line Head Audience Measurement and Media Development, e Andrea Fagnoni, head of Connect dell’Istituto di Ricerche,  gli interventi si sono prefissi l’obiettivo di raccontare cosa accade nel nostro Paese, quali le reazioni degli italiani e quale il loro modo di stare nel mondo. Ipsos, con le sue diverse aree di expertise, vede il cittadino sotto tanti punti di vista, lo interroga sotto diversi aspetti, lo guarda nelle sue mutevoli e cangianti vesti, indagando le diverse identità che costruiscono ciascuno di noi: consumatore, elettore, spettatore, lavoratore, lettore, venditore … E come sempre questo lavoro si integra alla relazione con i clienti, che diventa strumento sempre più rilevante nella capacità di ascoltare il mondo e di restituirlo interpretato a coloro con cui lavora Ipsos, dando delle piste, delle idee e delle prospettive. Questo è tanto più vero nel momento in cui Ipsos aggredisce i cambiamenti mondiali e il terremoto della globalizzazione con nuovi strumenti anche organizzativi, con un ambizioso progetto che ha chiamato “Total Understanding”. Il tentativo di adeguare il suo modo di guardare alle trasformazioni del mondo, inseguendole per non esserne inseguiti. Un approccio multidisciplinare che mette al centro la comprensione prima della tecnica.

Nando Pagnoncelli

10 punti di riflessione

I dieci punti di riflessione emersi da questa edizione sono:

1. La ripresa che non c’è. Gli indicatori economici volgono al negativo in conclusione del 2018 e avvio del 2019, con il rischio di ritornare a una situazione recessiva. Gli italiani reagiscono lanciando segnali in parte contraddittori: diminuisce la fiducia dei consumatori, ma dall’altro lato emergono segnali di relativo ottimismo, correlati all’insediamento del governo Lega/5stelle. In sostanza, il clima del Paese sembra essere dominato da una sensazione di incertezza e precarietà. Da un lato le attese del consolidarsi della ripresa sembrano essere frustrate, dall’altro ci si attendono cambiamenti positivi dal nuovo governo. Insomma una situazione confusa, altalenante, con continui passaggi da un debole ottimismo a visioni più cupe.

2. I consumi che non riprendono. Nel secondo trimestre 2018 la propensione al risparmio ha preso a risalire. Accompagnato alle indicazioni di ristagno dei consumi, ciò rischia di indicare un orientamento che potrebbe favorire i segnali recessivi che si cominciano a intravedere per l’Italia. Dopo anni di migliore disposizione verso i consumi, infatti, per la prima volta si osserva un diffuso rallentamento. L’italiano torna a essere più attento, e ciò riguarda soprattutto i beni che più erano cresciuti nel recente passato: in primis gli investimenti semi-durevoli e poi alcuni beni di prima necessità, quali alimentari e casalinghi.

3. Oltre la luna di miele? Il governo Conte segna un cambiamento di clima nel Paese. E sembra portare a compimento il distacco élite/popolo, che appare nei primi anni ’80, con la progressiva modernizzazione e secolarizzazione del Paese; la riduzione della politica tradizionale a pura espressione di interessi di parte (di nuovo delle élite); l’individualizzazione, per cui il singolo diviene misura unica delle cose; il presentismo, ovvero il progressivo appannarsi della memoria storica, spesso delegata al web o a strumenti esterni; il direttismo, che consente al navigatore di confrontarsi direttamente con i leader e con i politici, in quel processo che elimina le intermediazioni; la banalizzazione del linguaggio, portato dei precedenti, che richiede brevità, velocità, semplicità.

4. La comunità impossibile. Di fronte alle aggressioni esterne (mondializzazione, immigrazione, impoverimento dei ceti medi), e all’incapacità percepita del sistema democratico di rispondere alle nuove sfide, tanto che due terzi degli italiani pensano che occorra trovare qualcosa di meglio, la risposta è una reazione comunitaria, di chiusura. Ma a questa tendenza si contrappone un processo sempre più estremo di individualizzazione. È quindi in una condizione di continua dissociazione che si definisce la ricerca del guscio protettivo. In qualche modo l’idea che la reazione alla globalizzazione - quella che chiamiamo “populismo”, il ritorno identitario, la risposta comunitaria - fosse prevalente, viene revocata in dubbio proprio da questa contraddizione che rende impossibile trasformare il populismo in un comportamento antropologico.

Nicola Neri

5. Il principio di precauzione. I sentimenti prevalenti tra gli italiani sono anti-élitari e molto critici verso la UE. Ma prevale il principio di precauzione. Solo il 25%, nel caso di un referendum, voterebbe per uscire dall’Europa. La tendenza che si legge è esattamente contraria all’andamento del dibattito e al clima mediatico: più si alzano i toni con l’Europa e con la sua monete, più cresce la scelta di rimanere all’interno del perimetro della moneta unica. Negli stessi elettorati dei partiti di governo l’ancoramento all’euro ha una base di consenso importante, con i pentastellati pro-euro in maggioranza e i leghisti che evidenziano un’ampia area di resistenza all’ipotesi estrema.

6. Identità e confini. La narrazione sui migranti si concentra sugli arrivi via mare, con il corredo simbolico e iconografico che gli sbarchi si trascinano. Nella parte finale del 2017 e i primi mesi del 2018 i messaggi infiammano la campagna elettorale della Lega e del suo leader; tuttavia, anche nella seconda metà del 2018, a governo insediato, il registro comunicativo non cambia. Governo e opposizione mantengono alto il conflitto sul tema, sia sui media mainstream che sulle piattaforme social: ne risulta una crescente preoccupazione nell’opinione pubblica, a dispetto del fatto che gli sbarchi sono significativamente diminuiti. Il terreno su cui si è seminata la preoccupazione ha avuto una lunga preparazione, durante la decennale crisi economica che ha lasciato un Paese provato, disuguale e sensibile all’appello difensivo. In tutto questo, il quadro di opinione che Ipsos registra è quello di un’opinione pubblica estremamente frammentata sul tema delle migrazioni, dove la solidarietà convive con i timori, l’accoglienza con l’ostilità. Per chi opera nel settore umanitario, il clima è cupo, e la sfida non è tanto trattenere i donatori regolari, quanto fare nuove acquisizioni.

7. Falla facile. La semplificazione come risposta alla crescente complessità mette le marche nelle condizioni di trovare una soluzione per produrre messaggi incisivi e memorabili, che emergano dal flusso indistinto della comunicazione. Le marche scelgono quindi un linguaggio diretto e ripuliscono il messaggio per tenerne solo il “cuore”. Gli esempi delle praline Ferrero che rinunciano a parlare del prodotto in quanto tale, per sottolineare il primato della qualità, e dell’antidolorifico Zambon che sceglie una creatività di rottura con la tradizione del settore per significare l’efficacia del prodotto con massima immediatezza. Questo non significa che le marche hanno abdicato totalmente a trasferire articolazione e valori: la scelta accurata dei canali consente di raggiungere pubblici diversi dal generalista e parlare a vere e proprie comunità di appartenenza. A tale scopo, alcune marche sbarcano nella sfera pubblica e si propongono come interlocutori del dibattito sociale. Per connettersi con il consumatore più consapevoli le marche intraprendono la strada del purpose-driven marketing, ingaggiandolo sul terreno dei valori condivisi.

8. Comprare meno ma meglio, comprare esperienze. Un consumatore più consapevole, fa acquisti intelligenti, superando la logica dell’acquisto “smart” dei tempi della crisi – “ciò che mi conviene” – e dirigendosi verso un’offerta più articolatamente migliore: non solo il prodotto migliore, con il prezzo migliore, ma anche migliori applicazioni e servizi a esso connessi. Nei settori semi-durevoli e durevoli è proprio la durata che emerge come elemento di aggancio in opposizione allo spreco, visto non più solo come componente funzionale, ma come valore etico. Cresce l’interesse verso l’esperienza associata all’atto di acquisto che mette il retail in condizioni di ridisegnare gli spazi per arricchire il contenitore e renderlo più attraente. Cala l’attrattività delle aree centrali dello shopping a favore dei poli commerciali disegnati per fornire esperienze accessorie all’atto di acquisto (ristorazione, intrattenimento, cura del corpo e della salute, …). L’offerta di esperienza tenta anche i retailer squisitamente digitali che offrono momenti “a tempo” – temporary o popup stores – per entrare in contatto con la propria comunità di acquirenti.

9. Dal prodotto al servizio: l’iperpersonalizzazione. Nella quarta rivoluzione industriale, stiamo assistendo al passaggio dalla vendita transazionale al prodotto come servizio (product-as-a-service); in questo modello si vendono “pacchetti di utilizzo” anziché il prodotto in sé. L’obiettivo per le aziende è spostarsi verso una gestione più flessibile del ciclo produttivo: da una produzione industriale di massa, a una differenziata, ma su grandi volumi. Oltre a una produzione in grado di adattarsi real-time ai nuovi bisogni. Fare innovazione significa in sostanza essere più efficienti, veloci, puntuali, efficaci, di valore e differenti. La parola d’ordine è quindi personalizzare, che vuol dire conoscere il consumatore, soddisfarne le esigenze e avvicinare il proprio brand, il proprio prodotto o servizio al consumatore. La giusta personalizzazione è in grado di creare un contesto emotivo ideale alla condivisione delle informazioni da parte dei consumatori, stimolando la creazione di una forte brand identity.

10. Dalla crisi della narrazione dei fatti alle fake news. La lentezza nell’adattare i propri modelli produttivi e di offerta al digitale ha accelerato il depauperamento delle risorse per le news media e la loro capacità di effettuare investimenti. L’effetto disruptive delle piattaforme digitali inizialmente destinato a cambiare e moltiplicare i canali di erogazione/distribuzione del prodotto editoriale ha finito con lo scompaginare il processo editoriale in sé (intervenendo su passaggi cruciali, dalla validazione alla notiziabilità). All’interno del nuovo ecosistema digitale dell’informazione, il quotidiano perde la sua centralità e di conseguenza la perdita della funzione “meta-informativa” che esso svolge nella dieta mediatica, ovvero il suo ruolo insostituibile nel filtrare le informazioni importanti, selezionando e gerarchizzando le notizie, definendo una “agenda” a beneficio del lettore. Tutto questo rappresenta un “fertilizzante” per la disinformazione e le “fake news”. Quello attuale è un ecosistema informativo nel quale la contraddittorietà non riguarda tanto l’interpretazione quanto la narrazione stessa, per cui coesistono diverse narrazioni della realtà, confliggenti sul “realmente accaduto” e spesso le testate tradizionali sono all’altezza della complessità del nuovo ecosistema.

I risultati

Nell’occasione, Neri ha anticipato a DailyMedia i risultati di Ipsos nel 2018, che sono stati in linea con quelli del 2017, a circa 46 milioni di euro a perimetro omogeneo. Nello scorso ottobre, infatti, Ipsos ha completato a livello centrale l’acquisizione di quattro divisioni globali di GfK Custom Business Research, relative alle aree Customer Experience, Experience Innovation, Healthcare e Pubblic Affair, con 32 nuovi ingressi nel nostro Paese che hanno portato a 288 unità complessive le risorse dell’Istituto nel mercato interno, con un rafforzamento della propria leadership nel segmento delle ricerche ad hoc e il consolidamento tra le prime tre società del settore in assoluto, sempre in Italia.


img
incarichi e gare

Autore: Redazione - 24/04/2024


KFC Italia sceglie KIWI come nuovo partner per la gestione dei social

Si arricchisce di una collaborazione di grande valore il 2024 di KIWI che, a partire da questo mese, è ufficialmente il nuovo partner per la gestione dei canali social di Kentucky Fried Chicken Italia, l’iconica e leggendaria catena di fast food specializzata in pollo fritto. La unit di Uniting Group, scelta da KFC a seguito di una gara, assume l’ownership dei canali Meta (Facebook e Instagram, con l’obiettivo di aprire anche Threads), LinkedIn e TikTok del brand. “La vittoria parte innanzitutto da una ricerca approfondita sul tone of voice. Abbiamo identificato nell’autenticità, nella schiettezza e nella boldness, che da sempre appartengono al brand, degli ottimi punti di partenza per rivolgerci alla GenZ e ai Millennial che sono il pubblico per eccellenza di KFC. Si tratta di un brand unico e amatissimo in tutto il mondo, con un prodotto e degli asset di comunicazione inconfondibili e potenzialità social ancora parzialmente inespresse in Italia”, afferma Andrea Stanich, Direttore Creativo Esecutivo di KIWI, Part of Uniting Group.  La strategia L’attenzione di KIWI sarà molto concentrata sulla crescita e sul coinvolgimento sempre maggiore della community. Anche i lanci, le promo, le aperture, i servizi e le innovazioni tecnologiche saranno comunicate senza perdere di vista l’intrattenimento. Una gestione del community management informale e diretta contribuirà ad alimentare il dialogo quotidiano con gli utenti. “Una parte rilevante del piano social di KFC - prosegue Federica Pasqual, COO di KIWI e Freshhh, Part of Uniting Group - sarà costituita da contenuti video originali agili e veloci, che ci piace definire ‘snackable’. Oggi più che mai è fondamentale affiancare i nostri brand partner intercettando le opportunità di comunicazione e i trend in modo istantaneo; questo, nel day by day, viene facilitato dalla collaborazione con la unit Freshhh, nata inizialmente come spin-off di KIWI, realtà che può contare, dall’ultimo quarter del 2023, su uno spazio produttivo dedicato”.  Dieci anni di pollo fritto in Italia KFC, società del gruppo Yum! Brands, è leader mondiale nel settore dei ristoranti che servono pollo fritto. Nato oltre 70 anni fa e presente in Italia da 10 anni, il brand ha avuto nel nostro Paese una crescita che l’ha portato oggi a 87 ristoranti in 15 regioni, con l’obiettivo di arrivare a 100 locali entro la fine dell’anno. Il gusto unico del pollo fritto di KFC si deve al Colonnello Sanders, fondatore del brand e inventore dell’Original Recipe, la ricetta che contiene un inimitabile mix segreto di erbe e spezie e che ancora oggi viene preparata come una volta nei ristoranti di Kentucky Fried Chicken. “Cercare ogni giorno di costruire una relazione sincera e coinvolgente con il nostro target di riferimento rappresenta uno degli obiettivi principali per i prossimi anni, forse la chiamerei una missione. La GenZ è la nostra audience, vogliamo rivolgerci loro in maniera diretta e convincente - afferma Marzia Farè, Chief Marketing Officer di KFC in Italia -. La scelta dei temi, dei canali, del linguaggio e il tono di voce da adottare diventano pertanto ogni giorno più cruciali; vorremmo esser riconosciuti come contemporanei e autentici e credo che la collaborazione con KIWI possa davvero esser l’occasione giusta per far un passo ulteriore di crescita in questa direzione. Il team KIWI che ci affiancherà è pieno di energia e voglia di fare, abbiamo le premesse migliori per far bene e divertirci”.

LEGGI
img
spot

Autore: V Parazzoli - 09/04/2024


Lorenzo Marini Group firma “Il divino quotidiano” di Amica Chips, con una versione più “rispettosa” in tv e una più trasgressiva sui social

È on air la nuova campagna tv Amica Chips, realizzata, dopo aver vinto la relativa gara, da Lorenzo Marini Group, che propone una comunicazione fuori dagli schemi tradizionali con un linguaggio ironico, forte e trasgressivo, destinato a colpire un target giovane non abituato a messaggi “televisivi tradizionali” ma a stilemi narrativi social. Non a caso, dello spot sono state approntate una versione più “provocante” appunto per i social e una più rispettosa di un target tradizionale per la tv, con planning sempre di Media Club. Il film Le protagoniste dello spot sono delle novizie, riprese in fila sotto al chiostro del monastero mentre si apprestano ad entrare in chiesa. In sottofondo si sente la musica dell’“Ave Maria” di Schubert, eseguita con l’organo che accompagna questo ingresso. Le novizie sono in fila verso l’altare e la prima sta per ricevere la comunione dal prete celebrante…In quel momento si sente il suono della croccantezza della patatina, un “crunch” amplificato in perfetto sincrono con il momento in cui la prima novizia ha ricevuto l’ostia. Le altre in fila, al sentire il “crunch”, sorridono divertite e guardano nella direzione da cui proviene il rumore “appetitoso e goloso” della patatina croccante. La Madre Superiora infatti è seduta in sagrestia e, rilassata in un momento di pausa, sta mangiando con gusto le Amica Chips prendendole da un sacchetto che tiene in mano. Pack shot con le patatine Amica Chips e in super appaiono logo e claim di campagna “Il divino quotidiano”. Obiettivi e target L’obiettivo principale della comunicazione è quello di riaffermare il ruolo da protagonista di Amica Chips in comunicazione, da sempre protagonista di campagne forti e distintive con un tono da leader, per aumentare la percezione del suo valore di marca e consolidare la sua brand awareness. La campagna, che vuole sottolineare l’irresistibilità del prodotto ed esaltare la sua croccantezza superiore, sarà sviluppata con un sistema di comunicazione integrato teso a massimizzare l’impatto e la copertura di un target 18–54 anni, con particolare focus per la parte più giovane (18-35) sui canali digital e social. Un target che, in chiave psicografica viene descritto come composto da persone che nella loro vita ricercano ironia, divertimento e simpatia e che hanno un atteggiamento sociale aperto ed evoluto, con una ricerca continua di uscita dagli schemi convenzionali. Il messaggio vuole esprimere, con forte ironia “british”, un contenuto di prodotto legato al momento dello snack e, attraverso una descrizione iperbolica e provocante, esprimere il valore della croccantezza irresistibile della patatina Amica Chips. Si vuole rappresentare, in modo palese e senza fraintendimenti di tipo religioso, una situazione “chiaramente teatrale e da fiction”, tratta da citazioni del mondo ecclesiastico già abbondantemente trattate nella cinematografia mondiale, nelle rappresentazioni teatrali e nella pubblicità. Lo spot 30” verrà programmato sulle reti Mediaset, Cairo e sulle CTV, oltre che sui canali digitali. Il commento «Le patatine sono una categoria mentale compensativa e divertente – spiega Marini a Dailyonline -.. Hanno bisogno di comunicazioni ironiche, giovani e impattanti. L’area semantica della serietà è noiosa, funziona per prodotti assicurativi o farmaceutici. L’area del divertimento e della giocosità si sposa benissimo invece con questo settore». Credits Direzione creativa: Lorenzo Marini Copywriter: Artemisa Sakaj  Planning strategico e direzione generale: Ezio Campellone Account service: Elma Golloshi Casa di produzione: Film Good Executive producer: Pierangelo Spina Regia: Dario Piana Direttore fotografia: Stefano Morcaldo Producer: Sara Aina Musica: “Ave Maria” di Schubert – esecuzione di Alessandro Magri  

LEGGI

Resta connesso con il nostro network

Vuoi conoscere meglio i nostri prodotti? Indica la tua email per riceverli in promozione gratuita per 1 mese. I dati raccolti non verranno commercializzati in alcun modo, ma conservati nel database a uso esclusivo interno all'azienda.

Inserisci la tua mail

Cliccando “INVIA” acconsenti al trattamento dei dati come indicato nell’informativa sulla privacy