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Think Digital: Fabio Vaccarono spiega la Legge di Varian come strumento per comprendere il futuro

Autore: Redazione


Anziché sforzarsi di comprendere la prossima innovazione, complicando ulteriormente la complessità esistente, bisognerebbe sviscerare la tecnologia già disponibile e usata da pochi, perché in breve tempo sarà disponibile per tutti. Questa la chiave da utilizzare per comprendere cosa ci riserverà il domani, secondo il Managing Director di Google Italia

Articolo a cura di Anna Maria Ciardullo

La Legge di Varian dice: «Se volete capire il futuro della tecnologia, prendete e osservate le tecnologie già esistenti che oggi sono nelle mani di pochi, come le persone più ricche o le aziende più innovative, e sappiate che entro pochi anni quelle stesse tecnologie saranno in possesso di metà della popolazione mondiale e entro dieci anni saranno in grado di coprire l’intero pianeta». Questa considerazione permette, oggi, di evitare di fare fantascienza e di addentrarsi o avventurarsi in alcune ipotesi più o meno futuristiche. Ragionare in questo senso, potrebbe essere un buon punto di partenza per le imprese italiane che hanno bisogno urgente di colmare il ritardo nel passaggio alla cosiddetta era digitale.

Questa considerazione è parte della visione di Fabio Vaccarono, managing director di Google Italia, ospite dell'evento di GroupMThink Digital, che ha portato il suo contributo all’interno di un panel dal titolo “La tecnologia sta cambiando il nostro oggi e il nostro domani”. «Prendete internet. Ha avuto un impatto molto significativo. Non è una tecnologia nuova. Eppure siamo ancora molto lontano dal vedere esplicato il suo pieno potenziale». Oggi ci sono 3 miliardi di persone collegate in rete. Si stima che da qui al 2020 diventeranno 6 miliardi, con una media di 5, 6 strumenti tecnologici a testa a disposizione, ossia circa 30 miliardi di device connessi.

«Dico questo perché in Italia c’è ancora un po’ la tendenza delle imprese a sentirsi in qualche modo protette dagli effetti di questa rivoluzione, come se avessero ancora del tempo e non fosse urgente adeguarsi alle nuove logiche dettate dal digitale. Ma non è così, naturalmente, e per questo, oggi, l’Italia è uno dei Paesi che si posiziona più in basso nella classifica dei più evoluti da questo punto di vista».

Oggi l’economia digitale non può più essere considerata un settore ma è, a tutti gli effetti, un fattore abilitante di qualsiasi modello di business e, dunque, tutte le aziende, oggi, sono di fatto aziende digitali. Questo implica la caduta di qualsiasi sistema lineare, continua Vaccarono, e la necessità di operare senza confini, a livello sempre più internazionale. «Eppure, oggi, nel contesto dell’Unione Europea, solo il 12% delle aziende utilizza degli strumenti digitali per favorire la propria internazionalizzazione».

La cosa importante, secondo il manager, è capire che dobbiamo abbandonare quella visione consolatoria del consumatore italiano che lo vuole rimasto indietro, che non utilizza molto l’ecommerce e che rimane, in qualche modo, sempre meno aggiornato rispetto ai suoi corrispettivi negli altri Paesi. La realtà è completamente diversa: si evolve alla pari e ha gli stessi interessi, le stesse skill e le stesse intezioni, ma è trascurato, gli mancano i servizi e questo si traduce in un disastro in termini di contesto competitivo perché significa spingerlo a servirsi da provider stranieri. «Oggi, per la prima volta nella storia del business italiano, il consumatore è nettamente più avanti delle organizzazioni che lavorano per servirlo e ha una predisposizione alla sperimentazione e ai cambiamenti che è molto più rapida di quella delle aziende».

Un’altra accelerazione sulla quale è possibile applicare la Legge di Varian è la cosiddetta “data driven innovation”. L’italiano, in media, negli ultimi tre anni ha processato il doppio delle informazioni di quante ne abbia processate negli ultimi 100 e se non siamo capaci di sfruttare queste informazioni per migliorare la capacità di prendere decisioni rilevanti, per la gestione della supply chain e del rapporto con il consumatore, sempre in ottica open source, si verificherà un’asimmetria informativa che il consumatore saprà padroneggiare e che, al contrario, le aziende non abbracceranno perché ancora troppo proiettate verso una gestione che distingue ancora nettamente il digitale dall’offline.

«Questo comporterà, inoltre, un’erosione violenta del mercato e del vantaggio competitivo, senza contare il rischio di essere soppiantati da qualche ragazzino che intanto è nel suo garage e sta progettando come fare disruption proprio in virtù di una comprensione più profonda dell’ultimo miglio del processo d’acquisto dei consumatori». L’altra grande direttrice è proprio quella dell’open source. Le aziende, oggi, hanno la drammatica necessità, ma anche la possibilità, di specializzarsi in quello che sanno fare meglio e affinare ciò che le rende uniche agli occhi dei consumatori, acquistando da provider terzi e top player le infrastrutture produttive (sistemi informativi, software e così via) di cui hanno bisogno, senza sprecare energie in settori che non sono la loro core competence.

«Noi crediamo così tanto nell’open source che il nostro meccanismo di machine learning, quello che abbiamo utilizzato per i data center - si chiama TensorFlow -, abbiamo deciso di renderlo libero e utilizzabile da tutti. E con la stessa filosofia abbiamo contribuito, insieme ad altri operatori del pianeta, a creare innovazione e a ridisegnare il futuro di moltissimi settori». Vaccarono ha poi proposto due chiavi di lettura per il futuro. La prima è vedere cosa esiste già e che cosa, grazie a internet, diventerà di accesso e di dominio universale; e la seconda è di ragionare attraverso la rete come tecnologia abilitante intorno all’innovazione in diversi settori che, grazie a internet, prima si fondono e poi vanno a cambiare la logica di interi comparti, piccoli e grandi, pubblici e privati.

«Un’altra grande sfida che abbiamo davanti, infine, è connessa alla velocità di cambiamento implicata dalla Legge di Varian. Si tratta della sfida legata alla riconversione culturale del nostro capitale umano, la sfida della rivoluzione della nostra classe dirigente all’interno delle organizzazioni, a partire dal ruolo del Ceo, il capo azienda, che oggi dev’essere il vero chief digital officer», ha concluso.


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incarichi e gare

Autore: Redazione - 24/04/2024


KFC Italia sceglie KIWI come nuovo partner per la gestione dei social

Si arricchisce di una collaborazione di grande valore il 2024 di KIWI che, a partire da questo mese, è ufficialmente il nuovo partner per la gestione dei canali social di Kentucky Fried Chicken Italia, l’iconica e leggendaria catena di fast food specializzata in pollo fritto. La unit di Uniting Group, scelta da KFC a seguito di una gara, assume l’ownership dei canali Meta (Facebook e Instagram, con l’obiettivo di aprire anche Threads), LinkedIn e TikTok del brand. “La vittoria parte innanzitutto da una ricerca approfondita sul tone of voice. Abbiamo identificato nell’autenticità, nella schiettezza e nella boldness, che da sempre appartengono al brand, degli ottimi punti di partenza per rivolgerci alla GenZ e ai Millennial che sono il pubblico per eccellenza di KFC. Si tratta di un brand unico e amatissimo in tutto il mondo, con un prodotto e degli asset di comunicazione inconfondibili e potenzialità social ancora parzialmente inespresse in Italia”, afferma Andrea Stanich, Direttore Creativo Esecutivo di KIWI, Part of Uniting Group.  La strategia L’attenzione di KIWI sarà molto concentrata sulla crescita e sul coinvolgimento sempre maggiore della community. Anche i lanci, le promo, le aperture, i servizi e le innovazioni tecnologiche saranno comunicate senza perdere di vista l’intrattenimento. Una gestione del community management informale e diretta contribuirà ad alimentare il dialogo quotidiano con gli utenti. “Una parte rilevante del piano social di KFC - prosegue Federica Pasqual, COO di KIWI e Freshhh, Part of Uniting Group - sarà costituita da contenuti video originali agili e veloci, che ci piace definire ‘snackable’. Oggi più che mai è fondamentale affiancare i nostri brand partner intercettando le opportunità di comunicazione e i trend in modo istantaneo; questo, nel day by day, viene facilitato dalla collaborazione con la unit Freshhh, nata inizialmente come spin-off di KIWI, realtà che può contare, dall’ultimo quarter del 2023, su uno spazio produttivo dedicato”.  Dieci anni di pollo fritto in Italia KFC, società del gruppo Yum! Brands, è leader mondiale nel settore dei ristoranti che servono pollo fritto. Nato oltre 70 anni fa e presente in Italia da 10 anni, il brand ha avuto nel nostro Paese una crescita che l’ha portato oggi a 87 ristoranti in 15 regioni, con l’obiettivo di arrivare a 100 locali entro la fine dell’anno. Il gusto unico del pollo fritto di KFC si deve al Colonnello Sanders, fondatore del brand e inventore dell’Original Recipe, la ricetta che contiene un inimitabile mix segreto di erbe e spezie e che ancora oggi viene preparata come una volta nei ristoranti di Kentucky Fried Chicken. “Cercare ogni giorno di costruire una relazione sincera e coinvolgente con il nostro target di riferimento rappresenta uno degli obiettivi principali per i prossimi anni, forse la chiamerei una missione. La GenZ è la nostra audience, vogliamo rivolgerci loro in maniera diretta e convincente - afferma Marzia Farè, Chief Marketing Officer di KFC in Italia -. La scelta dei temi, dei canali, del linguaggio e il tono di voce da adottare diventano pertanto ogni giorno più cruciali; vorremmo esser riconosciuti come contemporanei e autentici e credo che la collaborazione con KIWI possa davvero esser l’occasione giusta per far un passo ulteriore di crescita in questa direzione. Il team KIWI che ci affiancherà è pieno di energia e voglia di fare, abbiamo le premesse migliori per far bene e divertirci”.

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spot

Autore: V Parazzoli - 09/04/2024


Lorenzo Marini Group firma “Il divino quotidiano” di Amica Chips, con una versione più “rispettosa” in tv e una più trasgressiva sui social

È on air la nuova campagna tv Amica Chips, realizzata, dopo aver vinto la relativa gara, da Lorenzo Marini Group, che propone una comunicazione fuori dagli schemi tradizionali con un linguaggio ironico, forte e trasgressivo, destinato a colpire un target giovane non abituato a messaggi “televisivi tradizionali” ma a stilemi narrativi social. Non a caso, dello spot sono state approntate una versione più “provocante” appunto per i social e una più rispettosa di un target tradizionale per la tv, con planning sempre di Media Club. Il film Le protagoniste dello spot sono delle novizie, riprese in fila sotto al chiostro del monastero mentre si apprestano ad entrare in chiesa. In sottofondo si sente la musica dell’“Ave Maria” di Schubert, eseguita con l’organo che accompagna questo ingresso. Le novizie sono in fila verso l’altare e la prima sta per ricevere la comunione dal prete celebrante…In quel momento si sente il suono della croccantezza della patatina, un “crunch” amplificato in perfetto sincrono con il momento in cui la prima novizia ha ricevuto l’ostia. Le altre in fila, al sentire il “crunch”, sorridono divertite e guardano nella direzione da cui proviene il rumore “appetitoso e goloso” della patatina croccante. La Madre Superiora infatti è seduta in sagrestia e, rilassata in un momento di pausa, sta mangiando con gusto le Amica Chips prendendole da un sacchetto che tiene in mano. Pack shot con le patatine Amica Chips e in super appaiono logo e claim di campagna “Il divino quotidiano”. Obiettivi e target L’obiettivo principale della comunicazione è quello di riaffermare il ruolo da protagonista di Amica Chips in comunicazione, da sempre protagonista di campagne forti e distintive con un tono da leader, per aumentare la percezione del suo valore di marca e consolidare la sua brand awareness. La campagna, che vuole sottolineare l’irresistibilità del prodotto ed esaltare la sua croccantezza superiore, sarà sviluppata con un sistema di comunicazione integrato teso a massimizzare l’impatto e la copertura di un target 18–54 anni, con particolare focus per la parte più giovane (18-35) sui canali digital e social. Un target che, in chiave psicografica viene descritto come composto da persone che nella loro vita ricercano ironia, divertimento e simpatia e che hanno un atteggiamento sociale aperto ed evoluto, con una ricerca continua di uscita dagli schemi convenzionali. Il messaggio vuole esprimere, con forte ironia “british”, un contenuto di prodotto legato al momento dello snack e, attraverso una descrizione iperbolica e provocante, esprimere il valore della croccantezza irresistibile della patatina Amica Chips. Si vuole rappresentare, in modo palese e senza fraintendimenti di tipo religioso, una situazione “chiaramente teatrale e da fiction”, tratta da citazioni del mondo ecclesiastico già abbondantemente trattate nella cinematografia mondiale, nelle rappresentazioni teatrali e nella pubblicità. Lo spot 30” verrà programmato sulle reti Mediaset, Cairo e sulle CTV, oltre che sui canali digitali. Il commento «Le patatine sono una categoria mentale compensativa e divertente – spiega Marini a Dailyonline -.. Hanno bisogno di comunicazioni ironiche, giovani e impattanti. L’area semantica della serietà è noiosa, funziona per prodotti assicurativi o farmaceutici. L’area del divertimento e della giocosità si sposa benissimo invece con questo settore». Credits Direzione creativa: Lorenzo Marini Copywriter: Artemisa Sakaj  Planning strategico e direzione generale: Ezio Campellone Account service: Elma Golloshi Casa di produzione: Film Good Executive producer: Pierangelo Spina Regia: Dario Piana Direttore fotografia: Stefano Morcaldo Producer: Sara Aina Musica: “Ave Maria” di Schubert – esecuzione di Alessandro Magri  

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