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PoliMi: AI in Italia, un mercato agli albori ma dalle grandi potenzialità

Autore: Redazione


Lo afferma il PoliMi, sottolineando come la spesa per lo sviluppo di algoritmi di questo genere si ferma nel nostro Paese a 85 milioni di euro

Il mercato dell’Artificial Intelligence è agli albori in Italia, con una spesa per lo sviluppo di algoritmi di intelligenza artificiale di appena 85 milioni di euro nel 2018, ma dalle grandi prospettive; al mercato dei progetti vanno affiancati, infatti, gli assistenti vocali intelligenti (appena introdotti eppure già capaci di generare nel 2018 un mercato di 60 milioni di euro, e che in futuro potranno veicolare nuovi servizi e applicazioni) nonché i robot autonomi e collaborativi usati in ambito industriale, il cui mercato valeva nel 2017 già oltre 145 milioni di euro. Sono alcuni risultati della ricerca dell'Osservatorio Artificial Intelligence della School of Management del Politecnico di Milano (PoliMi), presentata ieri mattina al convegno “Artificial Intelligence: on your marks!”. “La ricerca evidenzia un mercato dinamico ma ancora agli albori, caratterizzato da una scarsa consapevolezza da parte delle imprese delle opportunità dell’Artificial Intelligence - affermano Nicola Gatti, Giovanni Miragliotta e Alessandro Piva, Direttori dell’Osservatorio Artificial Intelligence -. Tutti gli attori del mercato devono prendere posto ai blocchi di partenza per una trasformazione di cui non si conoscono ancora appieno le regole e la durata, ma di cui si comprendono già l’enorme portata e le implicazioni”.
Come si muovono le imprese
Attualmente, secondo i dati del PoliMi solo il 12% delle imprese ha portato a regime almeno un progetto di intelligenza artificiale, mentre quasi una su due non si è ancora mossa ma sta per farlo (l’8% è in fase di implementazione, il 31% ha in corso dei progetti pilota, il 21% ha stanziato del budget). Tra chi ha già realizzato un progetto, ben il 68% è soddisfatto dei risultati e le più diffuse sono quelle di Virtual Assistant/Chatbot. Le imprese italiane però hanno una visione ancora confusa delle opportunità dell’Artificial Intelligence: la maggioranza, il 58%, la associa a una tecnologia capace di replicare completamente la mente umana (un concetto che ha poco a che fare con i risvolti pratici della disciplina), il 35% a tecniche come il Machine Learning, il 31% ai soli assistenti virtuali, mentre solo il 14% ha compreso che l’AI mira a replicare specifiche capacità tipiche dell’essere umano (la visione prevalente nella comunità scientifica).
L’impatto dell’AI sul lavoro
Rimangono molti gli interrogativi sull’impatto dell’Artificial Intelligence sul lavoro: se da un lato il 33% delle aziende intervistate dichiara di aver dovuto assumere nuove figure professionali qualificate per realizzare soluzioni di AI, dall’altro il 27% ha dovuto ricollocare personale dopo l’introduzione di una soluzione di AI. L’indagine PoliMi sul bilancio occupazionale in Italia rivela come l’Artificial Intelligence sia da considerarsi più come un’opportunità che una minaccia: 3,6 milioni di posti di lavoro equivalenti potranno essere sostituiti nei prossimi 15 anni dalle macchine, ma nello stesso periodo a causa della riduzione dell’offerta di lavoro (principalmente per questioni demografiche, ipotizzando continuità̀ sui saldi migratori) e l’incremento di domanda si stima un deficit di circa 4,7 milioni di posti di lavoro nel Paese, da cui emerge un disavanzo positivo di circa 1,1 milioni di posti. In questo scenario (peraltro globalmente diffuso) di progressiva riduzione della forza lavoro, l’AI appare non solo come una opportunità, ma come una necessità per mantenere gli attuali livelli di benessere economico e sociale, riducendo i costi assistenziali necessari a mantenere gli standard di vita, creando nuovi lavori a maggiore valore, per avvicinarsi all’1,5% di tasso medio annuo di crescita della produttività̀ che sarebbe necessario, nei prossimi 15 anni, per mantenere invariato l’attuale equilibrio socioeconomico del sistema assistenziale-previdenziale del nostro Paese. Alessandro Piva
La consapevolezza delle imprese
Il 58% delle imprese del campione associa l’AI all’emulazione della mente umana, un terzo (35%) a un gruppo di tecniche come, il Machine Learning, solo il 14% al lo sviluppo di sistemi dotati di capacità tipiche dell’essere umano. Poco meno di un terzo (32%) associa in modo esplicito l’Artificial Intelligence ad uno dei suoi principali campi di applicazione, dimostrando una conoscenza circoscritta del fenomeno. Tra questi, la maggioranza identifica con AI il concetto di assistenti virtuali (31%), poi la capacità di formulazione (12%) e comprensione (9%) del testo, le auto a guida autonoma (9%) e l’estrazione di informazioni dalle immagini (8%). Infine, solo il 7% ha colto che l’AI è un bersaglio mobile, ovvero come evolva il concetto di “intelligenza” ogniqualvolta vengano conseguiti dei successi dalla comunità̀ scientifica in un ambito specifico. Eppure, il 48% delle imprese pensa di conoscere in modo adeguato l’Artificial Intelligence, il 47% in modo superficiale, e solo il 5% dichiara un livello di conoscenza nullo. Le modalità̀ con cui sono entrate a conoscenza delle possibilità̀ dell’AI sono infatti le più̀ disparate: passaparola con colleghi (32%), testimonianze di altre aziende (29%), networking (28%), richieste dal mercato di riferimento (22%) e risalto mediatico (21%). “Tra le imprese italiane prevale perlopiù̀ una visione dell’Artificial Intelligence ancora influenzata dai media – dice Alessandro Piva, Direttore dell’Osservatorio Artificial Intelligence - dove prevale una pioggia di stimoli tipico delle fasi di hype che caratterizzano i nuovi trend innovativi, e non una visione informata e consapevole delle potenzialità e del percorso che trasferisce la ricerca in applicazioni”.
Le soluzioni in Italia
L’Artificial Intelligence è una sfida in cui in Italia ancora pochi si sono già cimentati: solo il 12% delle aziende intervistate ha un progetto a regime, l’8% è in fase di implementazione, mentre il 31% ha in corso dei progetti pilota e il 21% ha invece stanziato del budget per concretizzare un’idea progettuale. Il 19% ha un interesse futuro, non ancora concreto, e il 9% non ha alcun interesse. A seconda del livello di diffusione e d’introduzione prevista raggiunti, è possibile identificare come “emergenti” - con buona diffusione attuale ed ulteriore adozione futura prevista - le soluzioni di Language Processing, Demand Forecast, Predictive Maintenance, Image Processing, Fraud Detection, Recommendation e infine Virtual Assistant/Chatbot, che spicca in entrambe le dimensioni. Sono “mature” - buona diffusione, ma con un’adozione prevista inferiore - le soluzioni di Intelligent RPA e Pattern Discovery. Sono ancora “incognite” le soluzioni di Churn Prediction, Dynamic Pricing, Autonomous Robot, Intelligent Object, Content Design e Autonomous Vehicle. Tra chi ha già in corso progetti di AI, il 50% delle aziende ha come obiettivo prefissato il miglioramento dell’efficienza dei processi, ovvero la riduzione dei costi, il 37% l’aumento dei ricavi ed il 13% lo sviluppo di soluzioni per un supporto decisionale. Solo il 4% dei progetti non ha raggiunto gli obiettivi, mentre il 68% dichiara che le iniziative hanno raggiunto l’esito sperato e, di queste, la metà lo definisce “di grande successo” o “disruptive”. Il rimanente 28% non è invece ancora in grado di dare un giudizio.“Questi risultati suggeriscono che l’AI non sia solamente una bolla, ma un’opportunità reale per le aziende - rileva Alessandro Piva -. Intraprendere un percorso di adozione di soluzioni di intelligenza artificiale, però, è un processo complesso: nelle fasi iniziali, la realizzazione del business case è l’attività più critica, per difficoltà nel valutare i requisiti e il rapporto costi-benefici. Mentre nelle fasi finali è impegnativa la necessaria attività di change management, seguita dall’attività di release & deployment del progetto”.
Le startup
Le startup operanti nel mercato dell’intelligenza artificiale hanno raccolto 6 miliardi di dollari dal 2013 ad oggi, con un finanziamento medio in crescita nell’ultimo anno da 8,8 a 13,1 milioni di dollari. L’Osservatorio ha individuato 572 startup innovative a livello internazionale che abbiano ricevuto finanziamenti negli ultimi tre anni, suddivise in tre macro-categorie per tipologia di offerta: Enabling Technology (1 miliardo di dollari), System (1,5 miliardi di dollari), e Application (3,5 miliardi di dollari). Tra tutti i comparti sono quelle operanti nell’Healthcare ad aver raccolto la maggior quota di finanziamenti, oltre i 400 milioni di dollari (33%), seguite dal Finance con 315 milioni di dollari (25%). Dal punto di vista delle soluzioni offerte, dominano quelle di Intelligent Data Processing con oltre 800 milioni di dollari raccolti (65%). Sono però le startup che sviluppano soluzioni fisiche, come nel caso degli Autonomous Vehicle, a prendersi la scena in termini di finanziamento medio, con un valore di 36 milioni di dollari.

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incarichi e gare

Autore: Redazione - 24/04/2024


KFC Italia sceglie KIWI come nuovo partner per la gestione dei social

Si arricchisce di una collaborazione di grande valore il 2024 di KIWI che, a partire da questo mese, è ufficialmente il nuovo partner per la gestione dei canali social di Kentucky Fried Chicken Italia, l’iconica e leggendaria catena di fast food specializzata in pollo fritto. La unit di Uniting Group, scelta da KFC a seguito di una gara, assume l’ownership dei canali Meta (Facebook e Instagram, con l’obiettivo di aprire anche Threads), LinkedIn e TikTok del brand. “La vittoria parte innanzitutto da una ricerca approfondita sul tone of voice. Abbiamo identificato nell’autenticità, nella schiettezza e nella boldness, che da sempre appartengono al brand, degli ottimi punti di partenza per rivolgerci alla GenZ e ai Millennial che sono il pubblico per eccellenza di KFC. Si tratta di un brand unico e amatissimo in tutto il mondo, con un prodotto e degli asset di comunicazione inconfondibili e potenzialità social ancora parzialmente inespresse in Italia”, afferma Andrea Stanich, Direttore Creativo Esecutivo di KIWI, Part of Uniting Group.  La strategia L’attenzione di KIWI sarà molto concentrata sulla crescita e sul coinvolgimento sempre maggiore della community. Anche i lanci, le promo, le aperture, i servizi e le innovazioni tecnologiche saranno comunicate senza perdere di vista l’intrattenimento. Una gestione del community management informale e diretta contribuirà ad alimentare il dialogo quotidiano con gli utenti. “Una parte rilevante del piano social di KFC - prosegue Federica Pasqual, COO di KIWI e Freshhh, Part of Uniting Group - sarà costituita da contenuti video originali agili e veloci, che ci piace definire ‘snackable’. Oggi più che mai è fondamentale affiancare i nostri brand partner intercettando le opportunità di comunicazione e i trend in modo istantaneo; questo, nel day by day, viene facilitato dalla collaborazione con la unit Freshhh, nata inizialmente come spin-off di KIWI, realtà che può contare, dall’ultimo quarter del 2023, su uno spazio produttivo dedicato”.  Dieci anni di pollo fritto in Italia KFC, società del gruppo Yum! Brands, è leader mondiale nel settore dei ristoranti che servono pollo fritto. Nato oltre 70 anni fa e presente in Italia da 10 anni, il brand ha avuto nel nostro Paese una crescita che l’ha portato oggi a 87 ristoranti in 15 regioni, con l’obiettivo di arrivare a 100 locali entro la fine dell’anno. Il gusto unico del pollo fritto di KFC si deve al Colonnello Sanders, fondatore del brand e inventore dell’Original Recipe, la ricetta che contiene un inimitabile mix segreto di erbe e spezie e che ancora oggi viene preparata come una volta nei ristoranti di Kentucky Fried Chicken. “Cercare ogni giorno di costruire una relazione sincera e coinvolgente con il nostro target di riferimento rappresenta uno degli obiettivi principali per i prossimi anni, forse la chiamerei una missione. La GenZ è la nostra audience, vogliamo rivolgerci loro in maniera diretta e convincente - afferma Marzia Farè, Chief Marketing Officer di KFC in Italia -. La scelta dei temi, dei canali, del linguaggio e il tono di voce da adottare diventano pertanto ogni giorno più cruciali; vorremmo esser riconosciuti come contemporanei e autentici e credo che la collaborazione con KIWI possa davvero esser l’occasione giusta per far un passo ulteriore di crescita in questa direzione. Il team KIWI che ci affiancherà è pieno di energia e voglia di fare, abbiamo le premesse migliori per far bene e divertirci”.

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spot

Autore: V Parazzoli - 09/04/2024


Lorenzo Marini Group firma “Il divino quotidiano” di Amica Chips, con una versione più “rispettosa” in tv e una più trasgressiva sui social

È on air la nuova campagna tv Amica Chips, realizzata, dopo aver vinto la relativa gara, da Lorenzo Marini Group, che propone una comunicazione fuori dagli schemi tradizionali con un linguaggio ironico, forte e trasgressivo, destinato a colpire un target giovane non abituato a messaggi “televisivi tradizionali” ma a stilemi narrativi social. Non a caso, dello spot sono state approntate una versione più “provocante” appunto per i social e una più rispettosa di un target tradizionale per la tv, con planning sempre di Media Club. Il film Le protagoniste dello spot sono delle novizie, riprese in fila sotto al chiostro del monastero mentre si apprestano ad entrare in chiesa. In sottofondo si sente la musica dell’“Ave Maria” di Schubert, eseguita con l’organo che accompagna questo ingresso. Le novizie sono in fila verso l’altare e la prima sta per ricevere la comunione dal prete celebrante…In quel momento si sente il suono della croccantezza della patatina, un “crunch” amplificato in perfetto sincrono con il momento in cui la prima novizia ha ricevuto l’ostia. Le altre in fila, al sentire il “crunch”, sorridono divertite e guardano nella direzione da cui proviene il rumore “appetitoso e goloso” della patatina croccante. La Madre Superiora infatti è seduta in sagrestia e, rilassata in un momento di pausa, sta mangiando con gusto le Amica Chips prendendole da un sacchetto che tiene in mano. Pack shot con le patatine Amica Chips e in super appaiono logo e claim di campagna “Il divino quotidiano”. Obiettivi e target L’obiettivo principale della comunicazione è quello di riaffermare il ruolo da protagonista di Amica Chips in comunicazione, da sempre protagonista di campagne forti e distintive con un tono da leader, per aumentare la percezione del suo valore di marca e consolidare la sua brand awareness. La campagna, che vuole sottolineare l’irresistibilità del prodotto ed esaltare la sua croccantezza superiore, sarà sviluppata con un sistema di comunicazione integrato teso a massimizzare l’impatto e la copertura di un target 18–54 anni, con particolare focus per la parte più giovane (18-35) sui canali digital e social. Un target che, in chiave psicografica viene descritto come composto da persone che nella loro vita ricercano ironia, divertimento e simpatia e che hanno un atteggiamento sociale aperto ed evoluto, con una ricerca continua di uscita dagli schemi convenzionali. Il messaggio vuole esprimere, con forte ironia “british”, un contenuto di prodotto legato al momento dello snack e, attraverso una descrizione iperbolica e provocante, esprimere il valore della croccantezza irresistibile della patatina Amica Chips. Si vuole rappresentare, in modo palese e senza fraintendimenti di tipo religioso, una situazione “chiaramente teatrale e da fiction”, tratta da citazioni del mondo ecclesiastico già abbondantemente trattate nella cinematografia mondiale, nelle rappresentazioni teatrali e nella pubblicità. Lo spot 30” verrà programmato sulle reti Mediaset, Cairo e sulle CTV, oltre che sui canali digitali. Il commento «Le patatine sono una categoria mentale compensativa e divertente – spiega Marini a Dailyonline -.. Hanno bisogno di comunicazioni ironiche, giovani e impattanti. L’area semantica della serietà è noiosa, funziona per prodotti assicurativi o farmaceutici. L’area del divertimento e della giocosità si sposa benissimo invece con questo settore». Credits Direzione creativa: Lorenzo Marini Copywriter: Artemisa Sakaj  Planning strategico e direzione generale: Ezio Campellone Account service: Elma Golloshi Casa di produzione: Film Good Executive producer: Pierangelo Spina Regia: Dario Piana Direttore fotografia: Stefano Morcaldo Producer: Sara Aina Musica: “Ave Maria” di Schubert – esecuzione di Alessandro Magri  

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