Autore: Redazione
11/04/2024

Verso il futuro: EY studia la GenAI che rimodella l’Asset e il Wealth Management

Una nuova ricerca, svolta a livello globale, mostra come i gestori patrimoniali stiano dimostrando un crescente interesse per le soluzioni di intelligenza artificiale; chi o cosa potrebbe fare la differenza? Le risposte di Giovanni Andrea Incarnato, Partner Italy Wealth & Asset Management Sector Leader di EY

Verso il futuro: EY  studia la GenAI che rimodella l’Asset  e il Wealth Management

Giovanni Andrea Incarnato

Secondo l’EY Wealth and Asset Managers Generative AI Survey il 98% dei Wealth & Asset Manager sta già investendo nell’intelligenza artificiale generativa, ha intenzione di farlo o è fortemente interessato ad approfondirla; di questi, il 48% investe in GenAI già oggi, mentre il 36% ha pianificato investimenti. Realizzata su un campione di 227 operatori del settore a livello globale, compresa l’Italia, tra wealth manager, private banker, asset manager, gestori patrimoniali alternativi e hedge funds, l’indagine mostra come i gestori patrimoniali stiano dimostrando un crescente interesse per le soluzioni di intelligenza artificiale generativa e abbiano iniziato a organizzare strutture interne dedicate: il 75% degli operatori intervistati, infatti, ha già costituito un team dedicato, mentre tra coloro che devono ancora farlo, il 79% prevede di formarne uno entro i prossimi uno-due anni. La creazione di un team dedicato all’AI richiede un investimento che gli intervistati valutano superiore ai 10 milioni di dollari, finanziati prevalentemente dai budget IT e di corporate strategy. Cosa ci si attende, quali potrebbero essere i benefici e quali invece i timori? Di questo parliamo con Giovanni Andrea Incarnato, Partner Italy Wealth & Asset Management Sector Leader di EY, protagonista ieri di un convegno milanese dedicato al tema (ospite di DailyOnAir - The Sound Of Adv). 

In quanto tempo la GenAI farà sentire la sua influenza nel settore?

«Le premesse sono sicuramente incoraggianti, sono già tanti gli operatori che hanno investito, molti altri ci stanno pensando e nel giro di uno o due anni potremmo assistere ai benefici portati dalla GenAI nel settore».

E quali saranno i benefici attesi?

«Le tecnologie innovative come l’AI possono migliorare la produttività aziendale, a tutti i livelli e quindi con vantaggi per i dipendenti, per le strutture operative, per la forza vendita, con la riduzione progressiva delle attività a scarso valore aggiunto. Un altro beneficio è legato alla customer experience, con riscontri positivi per il cliente che avrà la capacità di poter interrogare le proprie posizioni, di operare dei raffronti ragionati e ponderati, grazie a dati più precisi e a una lettura degli stessi facilitata perché dettata dalla GenAI, uno strumento che proprio per questo è sempre più a centro dell’attenzione di tutto il sistema finanziario».

Quali segmenti investono e investiranno maggiormente in GenAI?

«a nostra ricerca pone l’accento sugli ambiti del private banking e del hedge fund. Sia il mondo della distribuzione sia quello della produzione vedranno migliorare i loro processi interni e relazioni con i clienti. Occorre però fare una precisazione: se è vero che in materia di AI il concetto di democratizzazione, e quindi di utilizzo e di vantaggi conseguenti, appare naturale, è altrettanto vero che servano grosse capacità d’investimento su fronte delle skills, della formazione e della possibilità di scalare e prime applicazioni all’intenro delle propria organizzazione per potersi differenziare dai competitor».

Quali sono i maggiori timori legati alla GenAI?

«Come ogni nuova tecnologia che si presenta e  diventa protagonista nell’agone i timori anche giustificati non mancano: pensiamo al recente AI Act che va a regolamentare l’utilizzo dell’intelligenza artificiale e a provare a limitare le paure legate alla sicurezza, alla privacy, dei clienti. Inoltre, molte organizzazioni finanziarie non sono data-driven e sappiamo quanto sia diventata fondamentale l’accuratezza del dato».

L’Italia del Wealth & Asset Management che guarda all’innovazione è all’avanguardia rispetto alle realtà internazionali o in ritardo?

«A comandare sono sicuramente gli Stati Uniti, con la loro tradizione di grandi player e con la possibilità di muovere grandi investimenti. In Italia abbiamo una situazione a macchia di leopardo, sempre di più ci si approccia alla tematica oggi, molti altri lo faranno domani, ma poi dipenderà molto dalla capacità di investire, con i player grandi che avranno la possibilità di accelerare, di andare più velocemente oltre la fase prototipale, mentre altri faranno più fatica».