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Instilla fotografa l’Italia che cambia nel nome del digitale

Autore: D Sechi

Alessio Pisa


La società, leader nel conversion marketing, chiude il 2020 con 3 milioni di fatturato e un rinnovato CdA, di cui il founder Alessio Pisa e CEO. A lui abbiamo chiesto come si evolve un Paese, tra ritardi, modelli di business, settori più propensi e il bisogno costante di formazione

Cinque anni possono sembrare un’eternità, benché siano passati come il vento, con la stessa fuggevole velocità con cui cambia giorno per giorno la società, quasi di nascosto, come timorosa di fare un passo troppo in là. È forse questa l’immagine del nostro Paese, amato e criticato, sempre in affanno, in ritardo su mille appuntamenti, o almeno così si dice, che gioco forza nell’ultimo anno ha dovuto calzare scarpe da corsa più performanti, al posto del solito logoro Stivale per correre sulle ali della digitalizzazione che, stavolta è vero, non attende. La pandemia come fattore accelerante, avremmo potuto pensarci prima ma, visto che ci siamo, facciamolo ora. Cinque anni fa nasceva una società dedita all’ideazione di software per i reailer, Instilla; nel corso dei mesi, la struttura ha progressivamente mutato il suo raggio d’azione e si è specializzata nella consulenza, per aiutare, per agevolare, per far capire come fare performance con il digitale. Perché puoi avere in mano gli strumenti migliori, ma se ti manca il vocabolario, o il libretto delle istruzioni, potresti collegare qualche cavo in malo modo e perdere molto tempo. Che ne sarebbe a quel punto della citata e chiacchierata accelerazione digitale?

Il 2020

Un ulteriore riassunto, un tirare le fila per poi aprire il nuovo capitolo: la società di consulenza digitale attiva nell’innovazione dei processi del conversion marketing ha chiuso il 2020 registrando risultati positivi oltre ogni aspettativa. Una crescita notevole e costante sotto molti aspetti, a cominciare dal fatturato, passato dai 2,2 milioni del 2019 ai 3 milioni del 2020. Numeri di rilievo, giunti al termine di un periodo certamente complesso, tra la nota pandemia un percorso di sviluppo che a portato la società a rendersi indipendente, portando a termine a novembre un’operazione di buyout che ha riguardato il 30% del capitale sociale e che ha visto l’uscita dei business angel contributori nell’avvio e nello sviluppo della società nei suoi primi 5 anni di attività. Il management ha deciso di assegnare le quote riacquistate a piani di incentivazione aziendale, così da poter consentire a molti  una partecipazione attiva alla vita societaria. Oggi il Consiglio d’Amministrazione è composto da Alessio Pisa CEO e Founder, Ennio Esposito Presidente, Riccardo Biffi CTO. Paolo Meola mantiene il ruolo di partner. Sono 43 i professionisti che ogni giorno affiancano con passione le aziende clienti di Instilla nel loro percorso di digitalizzazione del business: 10 di essi assunti nel corso del 2020, mentre sono state già 3 le assunzioni effettuate nel primo mese del 2021. Proprio al CEO Alessio Pisa abbiamo chiesto lumi, sulla sua società e su quella più grande che si chiama Italia.

Quindi siamo sulla buona strada: il digitale è ormai diventato di casa, o no?

«Non proprio. Lo vediamo e lo sudiamo ogni santo giorno, ecco perché siamo consapevoli che ci siano non pochi segmenti in difficoltà, come per esempio l’ambito manifatturiero. Che ora i bisogni abbiano spinto verso un’accelerazione dei processi digitali non vi è dubbio, ma non basta, è solo il primo passo».

Chi si è dato più da fare?

«Healthcare, commodity, giochi, editoria, cambi di prosettiva, accelerazioni orizzontali. Il problema però è legato alla figura dell’imprenditore medio, magari non piùgiovanissimo, con una conoscenza  non ampia dell’argomento, quasi diffidente. E allora il tema portante diviene quello dell’alfabetizzazione, del prendersi il tempo necessario per capire, imparare. Manca però il capitale umano. Questo è il vero scoglio».

Cosa offre in questo senso Instilla?

«Illustriamo le metriche, i canali da studiare e percorrere, analizziamo i profit and loss, spieghiamo il digitale, con l’obiettivo di aiutare l’imprenditore in un vero percorso di formazione. Senza dimenticare il settore di riferimento, le peculiarità della singola società. Percorsi personalizzati e approfonditi per avviare poi un digital business quanto più appropriato».

Cosa succede fuori dall’Italia?

«C’è una maggiore consapevolezza, all’estero sono più legati alla performance perché sono maggiormente organizzati. Quindi si affidano a team consulenziali per conoscere non l’ABC ma ulteriori possibilità, e poi chiamano l’agenzia per scovare inediti strumenti di performance. In Italia si parla spesso di cambiare i modelli di business, ma prima occorre avere la giusta consulenza per arrivarci. E spesso bisogna procedere con i cosiddetti piedi di piombo, per non spaventare, per accompagnare, senza far capire che alcune cose sono effettivamente troppo distanti per essere raggiunte. Ci sono realtà confindustriali che possono faticare anche alle prese con riunioni svolte su Teams».

Instilla si è ridisegnata nell’ultima stagione?

«Sì, abbiamo affrontato dei cambiamenti, non solo a livello manageriale. Abbiamo una nostra piattaforma che raccoglie le varie opportunità e ci permette di gestire in maniera più efficiente le attività di business. Abbiamo aperto 5 posizioni. Attendiamo una crescita, ma con moderata fiducia. Il 2021 non si è aperto in generale sotto il segno della spinta. Le certezza continuano a mancare e il mercato rimane in attesa. Quello che auspichiamo è uno sblocco, non solo delle attività, ma anche della mentalità legata alle opportunità offerte dal digitale. Ci sono ancora molti pregiudizi. Ecco perché ci piacerebbe allestire un Hub per la digital transformation, un modello consulenziale e partecipativo, nel quale anche noi ci metteremmo in discussione».

Ci sono eccellenze italiane che non si sono ancora debitamente attrezzate?

«Sì. Il fashion, il manifatturiero, la robotica, l’aereospaziale. Non sembri strano leggere anche di ambiti che “giocano” molto sulla tecnologia; sono talmente focalizzati sul prodotto che si sono dimenticati di raccontarlo».


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incarichi e gare

Autore: Redazione - 24/04/2024


KFC Italia sceglie KIWI come nuovo partner per la gestione dei social

Si arricchisce di una collaborazione di grande valore il 2024 di KIWI che, a partire da questo mese, è ufficialmente il nuovo partner per la gestione dei canali social di Kentucky Fried Chicken Italia, l’iconica e leggendaria catena di fast food specializzata in pollo fritto. La unit di Uniting Group, scelta da KFC a seguito di una gara, assume l’ownership dei canali Meta (Facebook e Instagram, con l’obiettivo di aprire anche Threads), LinkedIn e TikTok del brand. “La vittoria parte innanzitutto da una ricerca approfondita sul tone of voice. Abbiamo identificato nell’autenticità, nella schiettezza e nella boldness, che da sempre appartengono al brand, degli ottimi punti di partenza per rivolgerci alla GenZ e ai Millennial che sono il pubblico per eccellenza di KFC. Si tratta di un brand unico e amatissimo in tutto il mondo, con un prodotto e degli asset di comunicazione inconfondibili e potenzialità social ancora parzialmente inespresse in Italia”, afferma Andrea Stanich, Direttore Creativo Esecutivo di KIWI, Part of Uniting Group.  La strategia L’attenzione di KIWI sarà molto concentrata sulla crescita e sul coinvolgimento sempre maggiore della community. Anche i lanci, le promo, le aperture, i servizi e le innovazioni tecnologiche saranno comunicate senza perdere di vista l’intrattenimento. Una gestione del community management informale e diretta contribuirà ad alimentare il dialogo quotidiano con gli utenti. “Una parte rilevante del piano social di KFC - prosegue Federica Pasqual, COO di KIWI e Freshhh, Part of Uniting Group - sarà costituita da contenuti video originali agili e veloci, che ci piace definire ‘snackable’. Oggi più che mai è fondamentale affiancare i nostri brand partner intercettando le opportunità di comunicazione e i trend in modo istantaneo; questo, nel day by day, viene facilitato dalla collaborazione con la unit Freshhh, nata inizialmente come spin-off di KIWI, realtà che può contare, dall’ultimo quarter del 2023, su uno spazio produttivo dedicato”.  Dieci anni di pollo fritto in Italia KFC, società del gruppo Yum! Brands, è leader mondiale nel settore dei ristoranti che servono pollo fritto. Nato oltre 70 anni fa e presente in Italia da 10 anni, il brand ha avuto nel nostro Paese una crescita che l’ha portato oggi a 87 ristoranti in 15 regioni, con l’obiettivo di arrivare a 100 locali entro la fine dell’anno. Il gusto unico del pollo fritto di KFC si deve al Colonnello Sanders, fondatore del brand e inventore dell’Original Recipe, la ricetta che contiene un inimitabile mix segreto di erbe e spezie e che ancora oggi viene preparata come una volta nei ristoranti di Kentucky Fried Chicken. “Cercare ogni giorno di costruire una relazione sincera e coinvolgente con il nostro target di riferimento rappresenta uno degli obiettivi principali per i prossimi anni, forse la chiamerei una missione. La GenZ è la nostra audience, vogliamo rivolgerci loro in maniera diretta e convincente - afferma Marzia Farè, Chief Marketing Officer di KFC in Italia -. La scelta dei temi, dei canali, del linguaggio e il tono di voce da adottare diventano pertanto ogni giorno più cruciali; vorremmo esser riconosciuti come contemporanei e autentici e credo che la collaborazione con KIWI possa davvero esser l’occasione giusta per far un passo ulteriore di crescita in questa direzione. Il team KIWI che ci affiancherà è pieno di energia e voglia di fare, abbiamo le premesse migliori per far bene e divertirci”.

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spot

Autore: V Parazzoli - 09/04/2024


Lorenzo Marini Group firma “Il divino quotidiano” di Amica Chips, con una versione più “rispettosa” in tv e una più trasgressiva sui social

È on air la nuova campagna tv Amica Chips, realizzata, dopo aver vinto la relativa gara, da Lorenzo Marini Group, che propone una comunicazione fuori dagli schemi tradizionali con un linguaggio ironico, forte e trasgressivo, destinato a colpire un target giovane non abituato a messaggi “televisivi tradizionali” ma a stilemi narrativi social. Non a caso, dello spot sono state approntate una versione più “provocante” appunto per i social e una più rispettosa di un target tradizionale per la tv, con planning sempre di Media Club. Il film Le protagoniste dello spot sono delle novizie, riprese in fila sotto al chiostro del monastero mentre si apprestano ad entrare in chiesa. In sottofondo si sente la musica dell’“Ave Maria” di Schubert, eseguita con l’organo che accompagna questo ingresso. Le novizie sono in fila verso l’altare e la prima sta per ricevere la comunione dal prete celebrante…In quel momento si sente il suono della croccantezza della patatina, un “crunch” amplificato in perfetto sincrono con il momento in cui la prima novizia ha ricevuto l’ostia. Le altre in fila, al sentire il “crunch”, sorridono divertite e guardano nella direzione da cui proviene il rumore “appetitoso e goloso” della patatina croccante. La Madre Superiora infatti è seduta in sagrestia e, rilassata in un momento di pausa, sta mangiando con gusto le Amica Chips prendendole da un sacchetto che tiene in mano. Pack shot con le patatine Amica Chips e in super appaiono logo e claim di campagna “Il divino quotidiano”. Obiettivi e target L’obiettivo principale della comunicazione è quello di riaffermare il ruolo da protagonista di Amica Chips in comunicazione, da sempre protagonista di campagne forti e distintive con un tono da leader, per aumentare la percezione del suo valore di marca e consolidare la sua brand awareness. La campagna, che vuole sottolineare l’irresistibilità del prodotto ed esaltare la sua croccantezza superiore, sarà sviluppata con un sistema di comunicazione integrato teso a massimizzare l’impatto e la copertura di un target 18–54 anni, con particolare focus per la parte più giovane (18-35) sui canali digital e social. Un target che, in chiave psicografica viene descritto come composto da persone che nella loro vita ricercano ironia, divertimento e simpatia e che hanno un atteggiamento sociale aperto ed evoluto, con una ricerca continua di uscita dagli schemi convenzionali. Il messaggio vuole esprimere, con forte ironia “british”, un contenuto di prodotto legato al momento dello snack e, attraverso una descrizione iperbolica e provocante, esprimere il valore della croccantezza irresistibile della patatina Amica Chips. Si vuole rappresentare, in modo palese e senza fraintendimenti di tipo religioso, una situazione “chiaramente teatrale e da fiction”, tratta da citazioni del mondo ecclesiastico già abbondantemente trattate nella cinematografia mondiale, nelle rappresentazioni teatrali e nella pubblicità. Lo spot 30” verrà programmato sulle reti Mediaset, Cairo e sulle CTV, oltre che sui canali digitali. Il commento «Le patatine sono una categoria mentale compensativa e divertente – spiega Marini a Dailyonline -.. Hanno bisogno di comunicazioni ironiche, giovani e impattanti. L’area semantica della serietà è noiosa, funziona per prodotti assicurativi o farmaceutici. L’area del divertimento e della giocosità si sposa benissimo invece con questo settore». Credits Direzione creativa: Lorenzo Marini Copywriter: Artemisa Sakaj  Planning strategico e direzione generale: Ezio Campellone Account service: Elma Golloshi Casa di produzione: Film Good Executive producer: Pierangelo Spina Regia: Dario Piana Direttore fotografia: Stefano Morcaldo Producer: Sara Aina Musica: “Ave Maria” di Schubert – esecuzione di Alessandro Magri  

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