Autore: Redazione
25/05/2021

Auditel: 3,5 milioni di famiglie ancora escluse dalla connessione internet, allarme in vista dello switch off del 2022

Il Presidente Andrea Imperiali ha presentato la Relazione Annuale 2021 sullo stato del mercato tv in Italia, sottolineando la necessità di fornire regole certe per un mercato preda delle grandi piattaforme OTT

Auditel: 3,5 milioni di famiglie ancora escluse dalla connessione internet, allarme in vista dello switch off del 2022

Andrea Imperiali, presidente Auditel

In uno scenario competitivo dell’audiovisivo sempre più dominato dalle grandi piattaforme dell’intrattenimento in streaming, e in una società che dipende in modo determinante dalla digitalizzazione, c’è un buco nero: 3,5 milioni di famiglie che ancora non hanno accesso a una connessione internet adeguata e che rischiano di rimanere tagliati fuori da questa rivoluzione. E non solo: concretamente, dal giugno del 2022 quando sarà completato il passaggio al nuovo standard del digitale terrestre TVB-T2 queste persone rischiano di non poter accedere alla programmazione televisiva.

Lo ha ricordato Andrea Imperiali, Presidente di Auditel, che ha illustrato ieri a Roma la Relazione Annuale 2021 dedicata all’andamento del mercato tv e al ruolo della società che misura le audience tv nella nuova realtà multischermo. Il dato emerge dal terzo rapporto Auditel-Censis dello scorso autunno; e anche il Presidente dell’UPA Lorenzo Sassoli de Bianchi ribadisce, in una nota: “Durante la pandemia gli italiani hanno capito l’importanza di essere collegati alla rete. La pacifica rivoluzione intergenerazionale in cui anche le fasce d’età più avanzate hanno accesso alle piattaforme rappresenta una grande opportunità per lo sviluppo digitale delle famiglie. Non solo intrattenimento ma anche didattica, telemedicina, commercio elettronico. Il televisore sarà sempre più il cruscotto operativo della famiglia. Come dice bene il Presidente di Auditel, mancano ancora all’appello della connessione 3,5 milioni di famiglie, troppe per un Paese che voglia guardare con fiducia al futuro”.

La nuova fruizione tv

«Il 2020 sarà ricordato come l'anno in cui la popolazione italiana, segregata dal covid-19, ha giocoforza compiuto un gigantesco balzo sul fronte della digitalizzazione – dice Imperiali -. Si è dotata, infatti, di nuovi collegamenti internet e di nuovi device; ha imparato velocemente a governarli; ha avviato una fruizione più consapevole dei contenuti multimediali».

Gli schermi sono cresciuti esponenzialmente – siamo a 112 milioni – e sono diventati essenziali per una serie di utilizzi che non sono di intrattenimento, come l’istruzione e il lavoro da remoto. Se questo cambiamento coinvolge senz’altro le generazioni più giovani quali GenZ o Millennial, non ha escluso una popolazione più adulta come quella italiana che comunque ha saputo adattarsi, anche a nuove modalità di fruizione consapevole e non lineare, e alla cosiddetta “tv fuori dal televisore”, ovvero la visione di contenuti televisivi, live e on demand, su smartphone, tablet e personal computer.

«Un Paese ritenuto troppo anziano per correre verso il cambiamento lo ha invece accettato, lo ha gestito e ora sembra governarlo, con una domanda crescente, da una parte, di collegamenti sempre più veloci e, dall’altra, di contenuti sempre più intriganti». Va da sé che in questo contesto il “buco nero” dei 3,5 milioni di famiglie non connesse è una «realtà inaccettabile» a cui bisogna porre rimedio.

L’oro televisivo e il risiko globale

Il secondo punto della relazione di Imperiali è la «corsa al nuovo oro televisivo» che ha innescato il grande risiko mondiale delle concentrazioni e delle alleanze, in cui le piattaforme over the top svolgono un ruolo decisivo (vedere il DailyMedia di ieri, ndr). Lo scenario «senza precedenti» mostra caratteri di «squilibrio tra globale e locale scatenato dal successo planetario di Netflix» e di altre piattaforme come Amazon, Apple, Discovery, Disney, Viacom.

Soggetti in grado di generare economie di scala tali da non avere quasi competitor presso gli operatori tradizionali. La nuova industria tv che scaturisce da questi fattori, unita al fatto che queste piattaforme sfuggono a regolamentazioni e controllo non è «un level playing field. Non stiamo assistendo a una normale e normata competizione. Semmai, vediamo consolidarsi, giorno dopo giorno, condizioni di concorrenza asimmetriche e sempre meno eque e uniformi. Accresciute da uno squilibrio crescente tra la dimensione globale e quella locale degli operatori europei. Non è esagerato dire, perciò, che, se non interverranno correttivi quanto mai urgenti, la cosiddetta democrazia digitale rischia di essere inghiottita da una oligarchia dispotica».

Alla luce di questa competizione non equa «le Istituzioni e le Autorità di regolazione hanno un ruolo più che mai fondamentale. Soprattutto in considerazione della stagione costituente che, negli ultimi mesi, sta caratterizzando le decisioni europee finalizzate a ricondurre le nuove tecnologie - e i fenomeni che ne derivano - all’interno di un sistema normativo condiviso. La tv ha oggi più che mai un ruolo centrale nella vita del Paese. Un ruolo accresciuto dall’allargamento dei suoi confini. Non prenderne atto e non intervenire significa mettere a repentaglio un pezzo fondamentale della nostra vita democratica».

Come hanno reagito gli operatori tradizionali

I broadcaster tradizionali hanno fatto la loro parte, implementando l’offerta streaming al fianco di quella lineare e lavorando sulle strategie distributive per intercettare la nuova domanda. «La tv è tornata centrale nella scena mediatica, e lo dicono i numeri: Nel 2020 le visualizzazioni dei contenuti televisivi sui device digitali sono aumentate del 63%, il tempo speso del +136%, e anche la pubblicità, in totale controtendenza rispetto al perimetro tradizionale, è cresciuta del 53%.

Entro il 2025 lo streaming quadruplicherà diventando pratica quotidiana per tutti. Il traffico dati per smartphone passerà da 7,2 a 24 gigabyte mensili, mentre il consumo di video crescerà costantemente del 30% su base annua per i prossimi quattro anni, arrivando a costituire a regime il 76% dell’intero traffico dati da mobile». In questo contesto si inserisce lo sforzo di Auditel nel fornire, a breve, un dato di total audience che misuri l’ascolto di un programma, di uno specifico contenuto, di uno spot pubblicitario fruito attraverso il televisore sommati con l’ascolto dello stesso programma, dello stesso specifico contenuto, dello stesso spot su ogni singolo device digitale. Imperiali ha anche ricordato l’impegno di Auditel nel garantire agli investitori e agli editori un dato affidabile e trasparente attraverso la notarizzazione tramite blockchain e la certificazione ISO9001 annunciate nei giorni scorsi.

La riforma Rai

Alla presentazione hanno partecipato a vario titolo la Presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, che ha ospitato l’evento nella Sala Zucari di Palazzo Giustiniani;  Anna Ascani, Sottosegretario al Ministero dello Sviluppo Economico; Giuseppe Moles, Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all’Editoria; Giacomo Lasorella, Presidente AGCOM; e Alberto Barachini, Presidente della Commissione di Vigilanza Rai che ha ricordato come «la rilevazione dei device digitali deve costituire la premessa fondamentale ad un ruolo ancora più centrale e universale che il servizio pubblico dovrà svolgere nel prossimo futuro», oltre a sottolineare la necessità di ritrovare autorevolezza da parte del servizio pubblico tv, nella cui riforma – ha detto – dovrebbero entrare anche limiti all’esternalizzazione (alla luce delle polemiche in occasione del concerto del Primo Maggio, ndr). Inoltre la Rai deve essere un punto di riferimento anche per le nuove generazioni come già in alcuni casi – Sanremo, Eurofestival - è riuscita a fare.