Autore: Redazione
23/11/2020

Publicis Groupe più forte in UNA per accelerare il processo di digital transformation

In questa intervista esclusiva, partendo dalle ragioni che hanno portato al rafforzamento della propria presenza nell’associazione, il CEO del Gruppo ne spiega la buona performance e il posizionamento sempre più consulenziale

Publicis Groupe più forte in UNA per accelerare il processo di digital transformation

Vittorio Bonori, CEO di Publicis Groupe Italy

Il 19 novembre 2020 Publicis Groupe ha ufficializzato che, a partire dal 2021, rafforzerà la propria presenza all’interno di UNA. Gli ingressi di Publicis Media (che comprende le sigle Starcom e Zenith ma anche Spark e Performics per il performance marketing e il commerce) e MSL, che si aggiungono a Publicis Italy, sono i primi passi di un percorso che porterà il Gruppo di cui è CEO Vittorio Bonori a consolidare il suo rapporto con l'associazione portandolo a essere una collaborazione duratura e produttiva.

Rilancio della industry

«Di fronte a uno scenario sempre più sfidante e in veloce trasformazione crediamo che il ruolo di UNA, oggi più che mai, sia fondamentale per l’evoluzione della nostra industry. In questi anni non abbiamo mai lasciato l’associazione, a cui siamo legati fin dalle sue origini, e non abbiamo mai smesso di supportarla seguendo la sua evoluzione e i suoi traguardi. Per questo rilanciamo la nostra partecipazione positiva e collaborativa, insieme alle altre holding company, per contribuire in modo significativo ad accelerare l’agenda di sviluppo e le best practice per il nostro settore – spiega Bonori in questa intervista rilasciata a DailyMedia -. In un momento di continuo cambiamento noi vogliamo essere al fianco di UNA per guidare il rilancio della nostra industry. In questo momento storico riteniamo che sia più che mai importante accelerare il processo di digital business transformation per creare valore per i clienti e per il futuro di tutto il nostro comparto. C’è stato un percorso di avvicinamento con il Presidente Emanuele Nenna nell’ultimo anno per questo processo di allargamento della nostra presenza; abbiamo fatto entrare in particolare il media perché riteniamo che stiamo vivendo un momento storico nel quale ricompattarsi con voglia di costruire e ricostruire il nostro mercato è prioritario. Ci è mancato il dialogo e confronto con gli altri associati e, inoltre, così possiamo riprendere i rapporti con UPA, che è stata molto e positivamente intraprendente in questi anni. Il clima in questo senso è favorevole e non è escluso che l’anno prossimo potremmo decidere di espandere ulteriormente la nostra partecipazione in UNA. Publicis Groupe ha una fisionomia diversa rispetto alle altre holding di comunicazione ed è sempre più simile a quella delle società di consulenza e, quindi, in associazione, potrà giocare un ruolo abbastanza unico e distintivo nel contribuire a una prossima apertura anche appunto a queste ultime. Viceversa, noi potremmo pensare di entrare anche con i nostri game changer nelle aree appunto della consulenza e dei dati. I big della consulenza del resto fanno già parte di Confindustria Intellect, di cui fa parte a sua volta UNA».

È noto che le società di consulenza stanno facendo un percorso di allargamento della loro offerta di servizi in senso opposto al vostro, acquisendo a loro volta agenzie di pubblicità e comunicazione. Ci spiega a questo punto qual è il vostro posizionamento sul mercato che, per altro, come ha evidenziato anche la terza trimestrale del vostro Gruppo, sta dando dei risultati positivi, tanto più brillanti in questa fase di difficoltà legate alla pandemia?

«È il risultato del nostro approccio ‘’Power of One’’ che ci permette di avere un vantaggio competitivo in questa fase di trasformazione del mercato in cui noi abbiamo disegnato un modello del tutto nuovo, rimuovendo tutti i sylos che caratterizzano le agenzie tradizionali e riposizionandoci nell’area trasformazionale tipica delle consultancy. Però abbiamo sempre le migliori agenzie del mondo, grazie alle quali siamo primi in Italia, terzi in Europa e settimi nel mondo a livello di riconoscimenti creativi, abbiamo un media molto avanzato che da anni investe nel commerce e nella digital transformation, e siamo leader di mercato nelle PR; e poi abbiamo i citati due game changer Epsilon e Sapient, che sono sicuramente le due migliori acquisizioni fatte in questi ultimi anni».

A questo proposito è noto che è finita l’era dei cookies, come bisogna quindi muoversi?

«Le aziende devono ora costruire i dati di prima parte e arricchirli per competere con i concorrenti. Epsilon li potenzia e accelera aiutandole a vincere nello scenario competitivo. Questo fa sì che se fino a un anno e mezzo fa le holding tradizionali crescevano più di noi e ancora il nostro modello non riusciva a mostrare la sua eccellenza, i dati di quest’anno confermano che siamo il Gruppo che mostra la maggior resilienza, crescendo anche in questa fase di crisi».

Che nesso c’è tra i dati raccolti da Epsilon, la lettura che ne fa Sapient in logica consulenziale e la successiva operatività delle agenzie?

«Il nostro modello va oltre il brief creativo e media, ma permette di costruire delle soluzioni mirate fornendoci le identity delle persone, ovviamente ‘’virtuali’’, grazie a dati robusti e persistenti nel tempo, anche per anni, che ci permettono di costruire delle experience più precise per i consumatori e dialogare con loro in modo meno pervasivo e più rilevante».

Questo vi permette di costruire delle creatività più personalizzate, quindi?

«Per questo il dato è fondamentale per fare un marketing di nuova generazione, Sapient poi aggiunge system integration, installa e personalizza piattaforme e fa service design, migliorando le user experience dei consumatori, in un contesto in cui le aziende sono costrette a prendersi la responsabilità diretta della costruzione delle loro personas. E’ chiaro che le fasce più evolute della popolazione sapranno meglio difendersi da una pubblicità generica e pervasiva, ma il problema è che le aziende, in un contesto in cui non sono più utilizzabili i cookies, devono trovare un’alternativa espandendo i propri dati: e noi in questo le aiutiamo, in modo qualitativo».

Di fatto quindi bisogna superare una crisi di ‘’rilevanza’’ per i consumatori?

«Sì, siamo bombardati di cose che non ci interessano e i consumatori si lamentano di come i brand li approcciano. Bisogna avere una visione omnicanale della loro journey e noi cerchiamo di aiutare le aziende ad essere più rilevanti con i loro consumatori».

Come si conciliano dati e tecnologia con la creatività?

«La potenza della creatività resta ancora più importante di prima, la tecnologia non mette in discussione il brand storytelling, però possiamo declinarlo meglio proprio perché conosciamo meglio i consumatori e adattiamo meglio la comunicazione ai loro vari momenti di contatto con la marca».

Ma perché allora non andare direttamente dalle società di consulenza, molto forti nei dati e che poi però oggi possono offrire anche la creatività?

«Ma infatti sono due mondi che si stanno incontrando: noi partiamo dalla creatività  e stiamo migrando nell’area tecnologica e consulenziale, loro fanno il percorso inverso: ma i nostri dna sono del tutto diversi, tant’è che nel mondo che ci è più proprio loro stentano, anche se le differenze tendono ad assottigliarsi. L’importante è costruire la miglior consumer experience».

Sull’e-commerce siete particolarmente avanti, ci spiega come?

«Il commerce in altri Paesi, Cina in testa, è molto avanti e noi abbiamo creato una divisione per soluzioni end-to-end; c’è il mondo Amazon e quello dei retailer fisici che sono in ritardo e noi li stiamo aiutando, e così pure anche le aziende, ad avere una miglior visibilità e una miglior infrastruttura tecnologica. Ora anche in Italia il commerce sta crescendo in modo molto forte, a tripla cifra in questo periodo, e noi vogliamo essere leader in questo tipo di consulenza».

Cambia anche la composizione della vostra remunerazione?

«Abbiamo inventato anche modelli di fee nuovi, dipende dal punto di ingresso, ci sono ancora quelli classici, ma presso molti clienti ‘’entriamo’’ con più discipline e soluzioni più mirate sulla performance, e anche con modelli consulenziali come il body rental con nostri specialisti che vivono all’interno delle aziende. I modelli quindi vengono costruiti sulle specificità dei clienti, ma fondamentalmente cerchiamo di lavorare sempre di più in logica di performance».

In conclusione che previsioni fate per il mercato?

«Difficile farne. Noi chiudiamo un anno molto buono, specie in Italia, e in generale stiamo performando meglio del mercato per i motivi che ho spiegato. Il mercato interno è andato molto bene nel terzo trimestre: c’è voglia da parte delle aziende di tornare a giocare il loro ruolo, per questo si parla di effetto rimbalzo per il 2021 anche per gli investimenti in comunicazione, anche se sarà ancora un anno caratterizzato dalla pandemia. Le previsioni comunque convergono su aspettative di buona crescita».