Dall’incontro organizzato da Inmediato Mediaplus lo scorso venerdì un punto sulla situazione di un settore che vive tra entusiasmi e timori di rivoluzioni. L’AI sarà davvero come la si racconta? E se i cookie scompariranno come saranno rimpiazzati?
Sono già passati un po’ di anni da quando si è diffusa, nell’universo pubblicitario ma non solo, la convinzione che i dati fossero “la nuova benzina”. E ragionando sul mercato, è difficile dire di non essere d’accordo. Sono sempre meno le aziende reticenti al cambiamento, ma l’insieme di chi ne fa uso non sempre li gestisce nel modo più efficiente. L’evoluzione della cultura del dato si è estesa a una larga fetta di popolazione, che ha preso coscienza dei propri diritti ad esempio sul tema della privacy, con un conseguenze interessamento dei legislatori, finalizzato a regolare le attività che le aziende svolgono sulle informazioni, dalla raccolta allo storage, fino alla disponibilità a strutture terze. Si ritorna dunque alle aziende, chiudendo un circolo che porta ad un ripensamento dell’approccio ai dati in ambito pubblicitario.
Cosa succede nel mondo dei dati
Sembra quasi che, al giorno d’oggi, i dati non siano nulla senza AI. Tutti la usano, tutti la vogliono, ma forse è stata fatta una cattiva informazione su questa tecnologia. Secondo Davide Corcione, Country Manager Adform presente all’evento “The Big Bang Data” organizzato da Inmediato Mediaplus a Milano, l’hype attorno all’AI ha dato un’impressione sbagliata sulla sua reale applicazione. «Da come ne si parla sembra sia un’intelligenza autonoma, a sé stante. In realtà svolge le specifiche funzioni per cui è stata programmata». Anche il destino dei cookie è un argomento su cui porre forte attenzione: «Se il mobile ID è univoco, la navigazione da desktop rende necessario l’utilizzo dei cookie. Si sta però esagerando nella loro diffusione, e browser come Firefox e Safari hanno già iniziato a rifiutare quelli di terza parte, ovvero quelli utilizzati da adtech e martech per scansionare la fruizione delle pagine dei loro clienti. E al gruppo dei browser presto si aggiungerà anche Chrome. Al mercato servirà presto un modo per identificare sui diversi publisher lo stesso utente, e questa sarà la modalità con cui competere con i walled garden. Per ora, lo strumento più promettente sembra Digitrust di IAB», spiega Corcione. L’insight finale riguarda invece il matrimonio tra dati e tecnologia, sempre più felice grazie alle creatività dinamiche, una tecnologia attraverso cui generare versioni differenti di una creatività partendo da un flusso di dati incamerati semplicemente dentro un file di Excel. «Questa possibilità va nella direzione di una personalizzazione e una tempestività dei messaggi molto più accurate», conclude.
Davide Corcione
La qualità dei dati
Esiste un compromesso tra qualità e quantità: la scalabilità dei dati, secondo il CEO Nexplora Andrea Giovenali, tende ad omologare i comportamenti e a restringere l’utilizzo di insight diversi tra loro e più caratterizzanti. Fare perno sulla quantità significa affidarsi a informazioni anagrafiche, agli analytics e a qualche comportamento di navigazione. L’approccio qualitativo, invece, porta a conoscere interessi, bisogni e stili di vita degli utenti. Questi dati evolvono costantemente, insieme agli atteggiamenti e alle tendenze degli utenti; sono le informazioni più utili a un’azienda che vuole comunicare, ma è molto difficile disporne. Un ulteriore criterio di valore è l’unicità dei dati stessi, ovvero la relazione tra gli obiettivi di marketing e le specifiche di profilazione della persona. Questi rappresentano un patrimonio esclusivo e competitivo per l’azienda, che difficilmente vorrà condividere con i competitor. Il tema della responsabilità del dato, poi, è stato irrobustito dalle ultime legislazioni e dalla crescente consapevolezza delle persone sulla privacy, che precludono un impiego indiscriminato delle informazioni.
Vittorio Bucci
La Casa dei Dati
Vittorio Bucci, CEO Inmediato Mediaplus, ha portato esempi pratici dell’utilizzo dei dati, a partire dalla gestione all’interno dell’azienda. «Utilizziamo una struttura interna chiamata Casa dei Dati. Si tratta di una hub che mette insieme persone e tecnologia per creare insight, misurare le performance e per rendere gli insight stessi azionabili», spiega. «I dati sono molto importanti per i business e possono essere applicati in maniere differenti. Ad esempio, utilizzando il geo-mapping per attivare campagne push, sfruttando l’alto livello di granularità delle informazioni. Oppure strutturare ricerche utili alla creazione di cluster, come abbiamo fatto per i segmenti food e sport. In questi casi abbiamo associato ai dati socio-demografici informazioni psico-attitudinali, raccolte anche attraverso survey. Poi abbiamo li abbiamo integrati in una piattaforma digitale in modo da poter essere utilizzati all’interno delle campagne adv o per scopi di marketing», conclude.