Autore: Redazione
19/03/2019

Matt Brittin: «Semplificazione e contatto con gli utilizzatori», partono da qui le innovazioni di Google

Dalla policy sul copyright, che rischia di favorire i grandi editori a scapito dei piccoli, al rebranding di AdWords, per semplificarne l’utilizzo; dal machine learning, che gestisce per conto degli utenti, alla definizione dei contenuti su YouTube e dei filtri pensati con i clienti. Le strategie di Big G partono, però, sempre dal contatto con chi utilizza servizi, strumenti e soluzioni

Matt Brittin: «Semplificazione e contatto con gli utilizzatori», partono da qui le innovazioni di Google

Matt Brittin, protagonista di questa intervista esclusiva a DailyNet

Si è aperta ieri, a Londra, l’edizione 2019 della Advertising Week Europe. Attesi nella capitale inglese oltre 35 mila operatori che partecipano a un evento di primaria importanza nella industry continentale, arricchito da oltre 235 appuntamenti in programma nei quattro giorni della manifestazione, con circa 750 speaker presenti. Tra questi spicca Matt Brittin, President EMEA Business and Operations di Google, che DailyNet ha potuto intervistare per condividere una panoramica del digitale in Europa.

Come valuta la situazione del mercato europeo in questo periodo di turbolenze? E come considera l’Italia?

Regna un sentimento d’incertezza. Le attenzioni guadagnate da Stati Uniti e Cina hanno avuto un certo impatto sull’Europa e la situazione della Brexit fa domandare quali siano le sorti economiche del continente. In questo scenario, l’Italia ha recentemente imboccato un periodo di recessione. Al momento, l’area è pervasa da un sentimento di incertezza sia politica sia economica. Nonostante questo, l’Europa sta vivendo un periodo di crescita economica relativamente forte. Se lo osserviamo da un punto di vista generale, lo scenario risulta abbastanza variegato. Per quanto riguarda Google, la maggior parte dei nostri clienti si trova alle prese con business di piccola dimensione, e lavoriamo per una crescita maggiore degli export attraverso la creatività, imprimendo un ritmo più veloce rispetto a chi non è online.

Scendendo nel dettaglio italiano, abbiamo stretto da poco un accordo con Confindustria attraverso cui proporremo training sulle digital skills ai piccoli operatori proprio per aiutarli nel loro percorso di crescita. Non è il primo progetto di questo tipo. È attivo, ad esempio, Crescere Digitale, che ha avuto molto successo fino ad ora. Il digital è una grande opportunità, e per una nazione come l’Italia, in cui i piccoli business producono beni di grande qualità, lavorare su un territorio che è comune a metà della popolazione mondiale potrebbe essere decisivo.

Europa e Usa hanno un modo diverso di intendere internet, divergenza che ha portato alla definizione di leggi e all’assegnazione di multe cospicue. Come gestite queste differenze?

Gli europei stanno dando un forte impulso allo sviluppo di nuove regole per il mondo digitale. GDPR ed ePrivacy sono due grandi esempi della capacità che l’UE ha avuto nel definire i ruoli in maniera più decisa che in altri mercati. Ci sono molte differenze tra Europa e Usa, e una di queste è il sistema legale; penso, ad esempio, alla libertà di parola americana, che non corrisponde a quanto avviene sul terreno europeo. Google è una multinazionale e vogliamo dare un servizio agli utenti di più Paesi possibili con prodotti e strumenti utili. Oltre a rispettare la legge di tutte le country in cui operiamo. In Europa notiamo maggiore attenzione su temi come la privacy, un’attenzione che, però, sta ormai contagiando gli Usa. Così, la California si sta confrontando con una nuova proposta molto simile al GDPR di marca europea.

Google ha profuso grandi sforzi a supporto dell’editoria. Ma qualche settimana fa un portavoce della company ha dichiarato che, in caso di approvazione di una legge sul copyright piuttosto rigida, la scelta di interrompere la sezione Google News potrebbe essere presa in considerazione. Qual è, oggi, il rapporto tra Google e gli editori?

Google vuole supportare il giornalismo di qualità sul digitale. I nostri sforzi non si sono esauriti nelle parole, ma hanno portato risultati e forti entrate economiche agli editori. Per quanto riguarda la legge sul copyright, ci sono tanti modi di intenderla, specialmente sull’articolo 11. Se venisse approvato nella sua forma più estrema, a noi sarebbe richiesto di inserire solo link molto brevi ai contenuti degli editori e di remunerarli per poterli utilizzare. Noi non guadagniamo da Google News e ai publisher non è concesso di fare opt-out per questo pagamento. Pensiamo che i publisher dovrebbero avere più scelta e che i dettagli riguardo all’articolo 11 debbano puntare certamente a proteggere il copyright, ma anche la diversità delle voci. Alcuni editori e alcune associazioni di publisher sono allineati con la nostra opinione, mentre altri hanno preso una posizione più estrema. Che però avvantaggerà, alla fine, solo i grandi editori. E questo sarebbe un fallimento.

Quali punti cambiereste?

Secondo noi, ad esempio, le introduzioni agli articoli non dovrebbero sottostare alle regolamentazioni; dovrebbero, invece, contenere tutte le informazioni necessarie per cogliere l’attenzione dell’utente al punto da fargli aprire l’articolo. Ci sarebbero, poi, altre modifiche più tecniche. Abbiamo condotto un esperimento utilizzando una piccola parte del traffico di Google News con l’obiettivo di scoprire cosa accadrebbe se si utilizzassero le introduzioni accorciate. E il risultato è stato una perdita di traffico. Ci preoccupiamo per il fatto che la legge potrebbe finire per proteggere i grandi invece che il copyright in generale. Avere a disposizione testate con opinioni diverse e la possibilità di innovare è un fattore chiave per l’editoria.

Qual è l’idea strategica dietro al rebranding di Google AdWords in Google Ads e lo scorporamento di DoubleClick in Google Marketing Platform e Google Ad Manager?

Guardiamo costantemente al nostro portfolio di soluzioni. Di solito, all’interno di Google le variazioni avvengono secondo logiche bottom-up, in un’ottica di semplificazione sia dei prodotti sia della collaborazione. Per ottenere innovazione più velocemente è necessario che le novità provengano da diverse aree, ma questo finisce per complicare un po’ l’assemblamento e la gestione delle differenti introduzioni. Un’innovazione coerente, invece, ha un ritmo più lento. Abbiamo cercato di garantire equilibrio alle due operazioni attraverso un rebranding che semplificasse, appunto, anche il naming e, insieme, il contenuto delle suite.

Fate molta attenzione al machine learning e lo applicate nelle attività più varie, dal controllo dei contenuti su YouTube alla voice search di Google Home. Come vi muovete in questo campo?

Una delle cose interessanti del machine learning è la continua ricerca che portiamo avanti unitamente alla produzione di parecchi strumenti che vengono offerti, poi, agli utenti. Anche in Google Cloud questa tecnologia è molto utilizzata, ed è disponibile sotto forma di tool differenti a utenti e sviluppatori. Tutto questo si traduce anche nell’elaborazione di piattaforme come Google Marketing Cloud, che aiuta i marketer a mettere insieme diverse fonti di dati, ad esempio dati di vendita, provenienti dal call center, e così via, senza bisogno di specifiche capacità tecniche. Questa opportunità si ottiene grazie alla capacità di Google Analytics e al machine learning in modalità combinata, per offrire insight fondamentali in funzione di business. Questa tecnologia si può trovare ovunque, anche su Android, dove, per esempio, comprende le modalità di utilizzo dello smartphone e ottimizza automaticamente la gestione della batteria.

YouTube ha subito diverse volte il congelamento degli investimenti negli ultimi anni. Quanti dei vostri clienti hanno davvero abbandonato la piattaforma?

La maggior parte degli advertiser sono rimasti su YouTube, senza sospendere la propria spesa. Alcuni altri, di solito grandi brand internazionali che hanno una particolare sensibilità al contesto in cui vengono mostrate le loro ads, hanno messo in pausa o addirittura ritirato i budget dalla piattaforma. La nostra risposta, dopo i primi episodi legati ai contenuti impropri, è stata avvicinarci agli advertiser e pensare con loro a quale tipo di controllo avessero bisogno. Dei video presenti su YouTube, solo alcuni sottostavano ai parametri necessari per la monetizzazione. Abbiamo cambiato la policy per ridurne il numero e inserito nuove classificazioni per i diversi tipi di annunci. Inoltre, abbiamo offerto agli inserzionisti un potere di controllo maggiore. È per questo che molti sono rimasti e altri sono tornati a investire sulla piattaforma. È importante capire dove si sbaglia e definire gli elementi di cui i clienti hanno bisogno. YouTube non è la televisione, è un buon complemento per il video advertising su altri canali, capace di mettere sul piatto una grande reach. Al contempo, offre prodotti come le ads non skippable, che gli utenti sono chiamati a vedere per intero. A molti advertiser piace YouTube perché sa riunire in modo altamente qualitativo differenti peculiarità: la reach, la creatività, le misurazioni.