Autore: Redazione
09/05/2019

GroupM e Oracle: «Trasformazione digitale vuol dire generare business»

Durante l’evento “Digital Transformation: Surfing the Hype” le due aziende hanno fatto il punto della situazione italiana all’interno di un tema che entro il 2022 assorbirà investimenti per 2 mila miliardi. Le opportunità economiche sono innumerevoli, ma bisogna abbracciare il cambiamento

GroupM e Oracle: «Trasformazione digitale vuol dire generare business»

Stefano Varasi, Senior Sales Manager Italy & Iberia di Oracle Marketing Cloud

«Le persone hanno già fatto la loro digital transformation attraverso lo smartphone, che con le sue app e la sua potenza ha cambiato il nostro modo di relazionarci alla vita e ci ha reso molto più veloci», ora lo stesso devono fare le aziende. Massimo Beduschi, Chairman & CEO di GroupM e COO di WPP, ha aperto con questa considerazione l’incontro “Digital Transformation: Surfing the Hype” di Milano. Le aziende però devono essere accompagnate tra le difficoltà di un processo che è sinonimo di rivoluzione. Servono dunque figure consulenziali e abilitatori tecnologici che coprano tutto lo spettro, strategico e operativo. A rappresentare questi due mondi sono, rispettivamente, GroupM e Oracle, che si rendono complementari nella digital transformation ma anche sul palco dell’evento milanese (che oggi replica a Roma). 

L’era del “marketing delle esperienze”

«Viviamo in un mondo fatto di esperienze, e le aziende che sono state capaci di crearne una attorno al proprio brand sono quelle con cui i consumatori si relazionano meglio. L’esperienza ora vale più del prodotto, e dunque l’obiettivo diventa creare esperienze positive, che mettano davvero al centro il cliente finale».

Stefano Varasi, Senior Sales Manager Italy & Iberia di Oracle Marketing Cloud, indica prima il risultato, poi la strada per raggiungerlo. Per riprodurre esperienze interessanti, infatti, si parte dai dati: «Le attività degli utenti sugli smartphone sono tracciabili e suggeriscono istantaneamente a che punto del customer journey si trova ognuno di essi. E di conseguenza quali leve di marketing azionare. La customer experience dev’essere in grado di reagire in base all’evento, una considerazione che rende sorpassato il concetto di funnel lineare. Per rendere efficace il frammentario viaggio dei consumatori però serve una tecnologia in grado di connettere i dati tracciati, di elaborarli attraverso l’intelligenza artificiale e di passare al brand insight che può trasformare in esperienze».

Tecnologie avanzate, che permettono l’applicazione dell’Intent Marketing, basato sulla possibilità di  fare campagne interpretando il contesto in cui appaiono. «L’idea è suggerire i siti che per tipo di contenuto sono coerenti con la campagna, identificando in tempo reale la pertinenza del contenuto fruito e scegliendo di associare un particolare adv». 

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Giovanna Loi
Gli step della trasformazione digitale

La traduzione delle aziende al digitale, a livello globale, assorbirà spese per 2 mila miliardi di dollari entro la fine del 2022 (in crescita del 16,7%), ma «il cambiamento non è una scelta, è un’imposizione del digitale», ricorda Giovanna Loi, Chief Digital Officer di GroupM. Nonostante gli investimenti crescano anche qui, l’Italia non figura certo tra i primi posti in una ipotetica classifica che renda conto delle competenze e dell’uso del digitale. Anzi, è quartultima in Europa (secondo i dati del DESI).

«Scontiamo anni di mancati investimenti, ma ci stiamo attivando: il 10% delle aziende è già digitale, l’85% prova un senso d’urgenza che si impone di estinguere in 2 anni», rivela Marco Brusa, Managing Director di GroupM Consulting. Sempre che bastino però. La digital transformation infatti è un percorso, e per arrivare infondo bisogna capire da dove si parte.

Esistono 5 step per valutare il momento in cui si trova un’azienda: da Legacy, ovvero una conduzione familiare, a Converged, in cui un team dedicato alla trasformazione digitale guida strategie integrate e operazioni con obiettivi customer centric, ci sono altre tre categorie di livello evolutivo diverso. Nell’ordine: Active, Formalize, Strategic (che vanno dall’ampliamento di specifici touchpoint a sperimentazioni con nuove tecnologie, fino allo sviluppo di roadmap tecnologiche). Le aziende italiane si concentrano principalmente nelle categorie Active (34%) e Formalized (31%). I principali indiziati ad essere responsabili della trasformazione sono CIO e CTO, CEO e il board, secondo i dati di GroupM. Le nuove tecnologie, destinate ad efficientare ancora le aziende digitali, sono alle porte.

A guidare la fila è «l’identificativo personale online, che serve per riconoscere gli utenti su più piattaforme digitali, ma anche negli store fisici attraverso beacon che lo localizzino», dice Loi. I vantaggi in termini di acquisizione dati, e conseguentemente di marketing, e di utilizzo degli stessi per un’azienda senza silos e tecnologicamente agile sono incalcolabili. Il secondo è  il cloud, che permette di automatizzare la reportistica, di mettere in relazione tutti i dati aziendali e continuare a innovare», continua Loi. La digital trasformation insomma non è un vezzo, «non è diventare più digitali ma generare business», conclude Brusa.