Autore: Redazione
20/04/2018

Reputation Awards: Ferrero, Ferrari e Walt Disney le prime tre aziende per reputazione in Italia

Il gruppo dolciario conquista la leadership anche a livello mondiale; calo di 3,5 punti per le italiane rispetto al 2017, mancano la visione strategica, il coordinamento a livello manageriale e i budget dedicati a questo tema

Reputation Awards: Ferrero, Ferrari e Walt Disney le prime tre aziende per reputazione in Italia

Ferrero, Ferrari e The Walt Disney Company sono le tre aziende con la migliore reputazione in Italia, secondo l’Italy RepTrak 2018 presentato durante i Reputation Awards, l’evento organizzato da Reputation Institute che si è tenuto ieri a Milano presso il Museo Nazionale della Scienza e della Tecnica in partnership con Ferpi e Università IULM. La leadership di Ferrero si conferma non solo in Italia, dove subentra alla Walt Disney, ma anche a livello mondiale conquistando il primo posto anche nel ranking Global RepTrak 100. La classifica di quest’anno vede nove aziende italiane tra le prime 20, tra cui Pirelli, che risale nella top 10, e Barilla che torna recuperando dodici posizioni. Si distinguono anche Unipol (91° posto) che è l’azienda italiana con la migliore reputazione nel settore finanziario, e Intesa Sanpaolo (124° posto), prima banca italiana per reputazione.

Il RepTrack Italia 2018

Anche la Ferrari scala una posizione dalla terza dell’anno scorso alla seconda di quest’anno nel Reputation Awards. Lavazza è al quarto posto, seguita da Canon, Samsung, Lego, Amazon, Pirelli, Giorgio Armani. Amazon è però in calo di 4,7 punti; perdono terreno anche Ikea, -7,1 punti, Apple, -10,4, e Facebook, -9,1; i primi due a causa della percezione rispetto alla percezione del posto di lavoro, i secondi per via della poca trasparenza. Tra i settori merceologici, svettano nei primi 5 posti electrical&electronics, luxury, beverage, food e automotive. In fondo alla top 20 utilities, telco, financial, gaming. In particolare si fa notare il crollo delle telco che perdono 7,8 punti probabilmente per via della polemica sorta a seguito delle bollette a 28 giorni. In calo anche l’automotive (-3 punti) a causa degli scandali legati alle emissioni inquinanti. Prosegue l’indebolimento del settore finanziario: le banche perdono 3,8 punti, le assicurazioni 2,3. Italy RepTrack si basa su un panel di 40mila interviste individuali rappresentativo del pubblico generale italiano, su un totale di 150 aziende selezionate a partire dalla Top 200 di Mediobanca e i report di Reputation Istitute.

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Stefano Cini
Cala la reputazione complessiva delle aziende

L’altra faccia della medaglia è però un calo complessivo di 3,5 punti della reputazione delle aziende italiane rispetto al 2017, che si attesta a quota 67,3 su 100 scendendo al di sotto dei 70 punti che è un livello reputazionale considerato forte. Si è tornati indietro al 2014: «I cittadini-consumatori hanno aspettative più alte rispetto alle aziende, che vengono messe sotto osservazione e devono imparare a spiegare non solo cosa fanno e chi sono, ma anche perché dovrebbero essere scelte» spiega Stefano Cini, Managing Director di Reputation Institute. Il sistema valoriale delle aziende diventa il fulcro del racconto, in una visione strategica a lungo termine. «Ci sono ancora dei limiti nella gestione della reputazione in modo strategico nelle aziende italiane - prosegue Cini –, sia a livello di management, sia a livello di processi di integrazione dei diversi strumenti con cui si gestisce la reputazione tra social media, metriche, eccetera, e infine mancano le figure di coordinamento dedicate come per esempio il corporate reputation manager». Il problema, comunque, non riguarda solo le aziende italiane. Il calo di reputazione interessa il 97% delle aziende di tutto il mondo.

Le sfide che le aziende devono affrontare

In realtà, mancano anche i budget dedicati a questo tema. Invece, gli studi di Reputation Institute dimostrano che la gestione strategica della reputazione ha senz’altro un impatto positivo sulle performance dell’azienda. «Una volta venuti meno i corpi intermedi che facevamo da “banche della collera” quali sindacati, partiti politici e la Chiesa, nasce un nuovo sentimento che chiameremo populismo, intendendo la propensione per tutto ciò che è nuovo e il rifiuto della tradizione. In questo contesto, l’azienda diventa l’interlocutore a cui chiedere di farsi carico di istanze sociali» spiega Fabio Ventoruzzo, vice president di Reputation Institute. Le aziende devono guardare oltre la profittabilità a breve termine ma soprattutto devono guardare al tema della reputation – e delle attività che la alimentano – come un vero e proprio fattore di business e profittabilità, e non solo in termini filantropici.