Autore: Redazione
30/05/2018

Centromarca studia l’impatto generato dalle fake news sui brand; e promuove lo sviluppo di “best practice”

Il prossimo 11 giugno, l’associazione presieduta da Luigi Bordoni presenterà all’AgCom il risultati del sondaggio condotto su 46 aziende in tema di crisi da “bufale” veicolate sul web

Centromarca studia l’impatto generato dalle fake news sui brand; e promuove lo sviluppo di “best practice”

Cresce il dibattito sulle fake news e si allarga al mondo dell’industria di marca, dove il proliferare della disinformazione online, o peggio delle “bufale”, esercita un costoso impatto sulla reputazione delle aziende e sul business. Ecco perché Centromarca prova a scattare una fotografia del fenomeno attraverso uno studio condotto sui propri associati che, il prossimo 11 giugno sarà presentato all’AgCom. Con questa iniziativa, l’associazione presieduta da Luigi Bordoni avvia un processo di individuazione di buone pratiche per combattere il fenomeno e gestire le crisi che ne derivano.

Le richieste delle aziende

Ciò che emerge dallo studio è l’esigenza di disporre di strumenti per gestire efficacemente le crisi, dal supporto da parte delle istituzioni come l’Autorità Sanitaria e l’AgCom, alla tempestività dell’intervento da parte della Polizia Postale, alla collaborazione da parte delle piattaforme digitali. Importante è fare informazione presso i consumatori, con l’aiuto dei media e degli esperti di comunicazione e, allo stesso tempo, monitorare l’azione delle fake e l’impatto sul pubblico. Bisogna anche educare il cittadino sui rischi legati alla diffusione di notizie false e fare formazione alle aziende. In questo senso, Centromarca collabora con strutture come Reputation Institute, Studio Previti, Gruppo Publicis, Sec e IULM e, a breve, promuoverà un progetto con Google e Facebook.

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I risultati dello studio

Negli ultimi diciotto mesi, circa la metà delle aziende intervistate da Centromarca hanno avuto a che fare con una crisi da fake news. Lo studio, condotto su 46 associate, è il primo che prova a dare una dimensione del fenomeno che influenza in modo decisivo l’opinione dei consumatori e altera le dinamiche della concorrenza. Di queste 46 aziende, 35 appartengono al mondo del food, che è il settore più colpito dal fenomeno con 43 casi, contro i 6 in aziende non food, verificatisi nell’ultimo anno mezzo, per 22 aziende colpite. Per 16 aziende, i casi sono uno o due, ma due aziende sempre dell’area food hanno dovuto affrontare più di otto attacchi. Sono quattro, invece, le aziende che hanno affrontato dalle 3 alle 7 crisi. La maggioranza degli attacchi è rivolta al brand (15 casi), mentre solo in due casi alle aziende e in 5 ad aziende e brand. Facebook è la piattaforma preferita da chi veicola questi attacchi, in 13 casi “teatro” di fake news ai danni delle aziende Centromarca, seguita da siti e blog (6 casi), Twitter (5), Google, Whatsapp e YouTube con 3 e, infine, Instagram con uno. Le piattaforme non sono particolarmente efficaci nel supportare le aziende nella gestione delle crisi: sono 9 le aziende che hanno trovato supporto presso gli operatori digitali, contro 10 che affermano di non averlo trovato, mentre le restanti 27 non danno risposta. Generalmente, per affrontare questi casi, i consulenti esterni sono i più gettonati (13 aziende); molto meno la Polizia Postale e le attività corporate, raramente le concessionarie o le associazioni.