Autore: Redazione
24/05/2018

Tradelab: la sopravvivenza dell’industry sta nella capacità degli advertiser di differenziarsi

Questa è la tesi dell’azienda, ancor più valida per il programmatic, che è capace di offrire molto di più rispetto alla semplice ottimizzazione deiprocessi di buying. Lo spiega in un’intervista a DailyNet, Yohann Dupasquier, Chief Executive Officer & Co-Founder della società francese

Tradelab: la sopravvivenza dell’industry sta nella capacità degli advertiser di differenziarsi

di Anna Maria Ciardullo

Uno dei problemi principali del programmatic è che quasi sempre offre soluzione “one fits all”, uguali indipendentemente dal settore, dal prodotto, e dalle audience con le quali si sta lavorando. Ma se il 70% dei problemi si può risolvere comunque, per il restante 30% sono necessarie soluzioni tailor made. Scendendo ad un livello più profondo di customizzazione, si può offrire un’esperienza che rispetta maggiormente l’utente e, naturalmente, guida performance migliori.

«Per questo Tradelab ha costruito piattaforme dedicate ad offrire soluzioni su misura che permettano di essere davvero competitivi sul mercato» ha spiegato ieri, Yohann Dupasquier, Chief Executive Officer & Co-Founder di Tradelab, sul palco di IAB Interact. Ne parliamo più approfonditamente nella seguente intervista che ha rilasciato al nostro giornale a margine del suo intervento.

Che cos’è il programmatic per Tradelab?

Il programmatic non è solo un modo di acquistare spazi e, oltre all’ottimizzazione del media buying, può fornire preziosi insight per migliorare la propria strategia di marketing. Soprattutto grazie al supporto del machine learning, che permette di andare più a fondo in questi insight per customizzare non solo il decision making, ma partire a monte, dalla stessa data collection, fino a restituire all’utente un’esperienza più rilevante e rispettosa. L’adv, quando è fatto bene, è un servizio, perché consente agli utenti l’accesso gratuito ai contenuti e penso che debba diventare un contratto democratico tra utenti e advertiser.

Qual è, quindi, la chiave competere sul mercato?

Noi pensiamo che gli advertiser dovrebbero andare più in profondità con il programmatic e non esternalizzare tutto, perché le soluzioni per customizzare le piattaforme esistono e consentono un’ottimizzazione tangibile delle strategie. C’è moltissima tecnologia disponibile sul mercato, ma il problema è che questa offre a tutti le stesse cose, quindi, la chiave per competere è cercare di differenziarsi. Bisogna verticalizzare le tecnologie per usufruire in modo più specifico delle opportunità offerte dal programmatic, anche perché, ogni settore ha le proprie caratteristiche, i KPI sono diversi, i consumatori sono diversi e così via, non si può ragionare in modo generalizzato.

Con il vostro nuovo algoritmo, Brand Impact, avete introdotto la metrica del Cost Per Hour, pensa possa diventare uno standard di settore?

Ci piacerebbe molto, perché pensiamo che il nostro prodotto possa portare valore sia agli utenti, sia agli advertiser. Ci sono già delle avvisaglie sul mercato che la direzione sulla quale stiamo viaggiando sia quella giusta. La base dell’advertising sono il targeting, la ripetizione e la corretta esposizione dell’utente al messaggio, quest’ultima ha un limite e deve essere massimizzata in real time per capitalizzare su profili qualificati e ottimizzare il tempo di esposizione cumulato affinché si possa rendere significativa una visita e quindi un’impression.

Il vostro contributo non si limita solo all’adtech ma si estende a tutta la industry…

Noi stiamo costruendo asset molto forti in Europa, per aiutare le aziende a creare valore in un ecosistema dominato dagli Stati Uniti. Quello che possiamo offrire è un complemento alle attuali modalità di utilizzare il programmatic più diffuse, con quell’approccio verticale su cui Tradelab ha fondato il suo core business e che ribalta il posizionamento generico dominante. Un altro punto centrale per noi, inoltre, è la responsabilità che abbiamo nei confronti degli user che è una responsabilità di tutto l’ecosistema. Prendere coscienza del nostro ruolo è di fondamentale importanza. Non a caso si è verificata una massiccia diffusione degli ad blocker, persino tra i giovani, che rifiutano l’advertising. Bisogna ripensare alla user experience dove è stata messa troppa pressione sugli utenti sbagliati e con un metodo di ripetizione sbagliato.

Cosa dobbiamo aspettarci per il futuro?

Penso che il punto chiave è che tutto finirà per essere gestito in programmatic. Quindi, credo che oltre alle possibilità di differenziazione di cui abbiamo discusso, un altro degli ambiti di evoluzione principali sarà quello della creatività che, a mio avviso, è un terreno di crescita importante ma ancora piuttosto sfidante per questa tecnologia. Tuttavia, in parallelo, ci sono moltissime altre cose da migliorare come, per esempio, i modelli di attribuzione.

Come procede il business di Tradelab e come pensate di chiudere il 2018?

Siamo il primo buyer in Francia e terzi in Europa e gli advertiser che hanno compreso i vantaggi e l’unicità della nostra offerta, del nostro algoritmo e della nostra data collection dedicata, sono sempre di più. Siamo molto orgogliosi di questo perché uno dei nostri obiettivi è anche quello di rendere il mercato più maturo, cosa che ci premia anche sul versante dei numeri, con una crescita costante del 100% year over year del nostro business a cui segue anche un incremento del nostro team, che entro la fine dell’anno toccherà le 300 risorse. Per il 2018 pensiamo di chiudere in un range percentuale di crescita che va dal 70 al 120%.