Autore: Redazione
14/06/2018

Cannes Lions Talk con i giurati italiani: «La creatività nostrana ha le carte in regola per vincere, ma deve osare», la parola a Chiara Tescari

L’intervista alla Managing Partner di OMD Italia, chiamata a giudicare i lavori per la categoria “Media” alla kermesse in programma nella città francese dal 18 al 22 giugno

Cannes Lions Talk con i giurati italiani: «La creatività nostrana ha le carte in regola per vincere, ma deve osare», la parola a Chiara Tescari

di Anna Maria Ciardullo

Manca sempre meno al Festival Internazionale della Creatività Cannes Lions, e cresce la curiosità nei confronti di quella che si prospetta una kermesse davvero piena di sorprese.

Dalla formula snellita, che mette al centro la creatività, ai nuovi attori dell’industry come le società di consulenza fino ai grandi assenti come Publicis, il Festival di quest’anno si colloca esattamente a metà strada tra l’innovazione e il ritorno alle origini. Chiamati a rappresentare il nostro Paese, quest’anno, oltre ai lavori in gara, l’Art Directors Club Italiano (subentrato a Rai Pubblicità), sotto la guida di Vicky Gitto, e otto esperti di creatività nostrani selezionati tra le giurie degli ambiti Leoni. Per tutti loro, una certezza: l’Italia non ha nulla da invidiare alle produzioni internazionali e ha tutte le carte in regola per emergere, anche quest’anno, dopo l’ottima performance della scorsa edizione, dove si è posizionata quindicesima tra i Paesi più premiati, portandosi a casa ben venti Lions.  Tra i giudici di quest’anno anche Chiara Tescari, Managing Partner di OMD Italy, che nella seguente intervista ci ha portati a guardare più da vicino l’evoluzione della categoria dove porterà il suo contributo: quella del “Media”.

Definiamo il perimetro e le caratteristiche della categoria “Media” di quest’anno. Come si è evoluta nel tempo per raggiungere lo stato attuale?

La categoria media ha subìto una grande trasformazione negli ultimi anni: una volta il focus era sulla capacità di utilizzo “originale” di un mezzo di comunicazione, mentre oggi è sempre più difficile tracciare confini netti tra “media” e tutto il resto. In una campagna come la pluripremiata “Fearless Girl” dello scorso anno, dove finisce il media e dove inizia l’intrattenimento? Qual è il confine tra messaggio e delivery dello stesso? L’evoluzione della categoria degli awards ha seguito l’evoluzione dell’agenzia media: per esempio l’abbondanza dei dati fa sì che sempre più entries si basino sulla capacità di lettura di insight data driven, che si trasformano in strategia di comunicazione. O addirittura la convergenza digitale ci permette di creare dei nuovi canali, dei nuovi mezzi di comunicazione. La cosa divertente, insomma, è che è sempre più difficile tracciare un perimetro.

Può descrivere brevemente le esperienze che ha maturato in questo segmento specifico?

Ho passato i primi anni della mia carriera in agenzia creativa, per approdare nel mondo del media dodici anni fa. Il mio è un profilo strategico, mi piace indagare il rapporto che nasce tra marca e persone, in tutte le sue forme. In OMD sono entrata come strategica, appunto, poi ho fatto la start-up della unit di marketing di OMG prima e di OMD, quando la unit è stata abbastanza forte da poter rendere le nostre sigle autonome dal punto di vista della comunicazione. Nell’ultimo anno ho gestito Renault, uno dei nostri principali clienti - un’azienda che ha decisamente una marcia in più rispetto all’integrazione digitale. Ora affianco il nostro direttore generale, Francesca Costanzo, lavorando sullo sviluppo della sigla e sulla qualità dei progetti che produciamo.

Cosa cerca maggiormente nelle campagne che è chiamata a giudicare?

In generale, la sorpresa. Ma non fine a se stessa, giusto per realizzare qualcosa di diverso, ma la capacità, anche con semplicità, di farmi cambiare prospettiva, vedere un prodotto o un brand sotto una luce diversa, sovvertire una convenzione. L’intelligenza della creatività che parte dalla conoscenza dell’essere umano per trasformarsi in un messaggio semplice e univoco.

Ci sono lavori italiani nella sua categoria? Ha notato particolari differenze tra le produzioni italiane e quelle internazionali?

Sì, mi è capitata qualche case italiana: mi ricordo, per esempio, l’Asteroide di Buondì - che aveva sollevato grandi dibattiti in rete al momento del lancio e che mi ha fatto ammirare il grande coraggio di un cliente che insieme all’agenzia ha osato varcare un territorio… diciamo fuori dalla zona di comfort! Le produzioni italiane ben fatte non hanno nulla da invidiare a quelle internazionali. Le aziende dovrebbero osare di più per scoprire che una campagna che vince è anche una campagna che funziona e, quindi, in grado di portare anche un ritorno sull’immagine del brand e spesso addirittura sulle vendite.

OMD è stato nominato Network of the year 2017: quali sono i punti di forza che hanno determinato questo successo? E che iniziative porta al Festival, quest’anno?

Crediamo nella creatività, da sempre nel Dna di OMD e nel talento delle persone, su cui stiamo puntando moltissimo. Cerchiamo, quindi, sempre di stimolare e farci stimolare dai nostri clienti per sperimentare soluzioni di comunicazione innovative da realizzare insieme. OMD Italia è in gara con diverse case realizzate per Barilla, MAC e Dacia. In particolare, proprio con Renault speriamo di continuare il percorso intrapreso negli ultimi anni, grazie al quale abbiamo portato a casa più di un Leone e che ci ha dato grandi soddisfazioni. La case di quest’anno, nata da una bellissima idea di Publicis, si chiama “The Auction”. Abbiamo organizzato un’asta in tempo reale durante una partita di calcio dell’Udinese, di cui Dacia è sponsor, durante la quale alcune maglie “storiche” della squadra sono state vendute per sostenere alcuni progetti imprenditoriali di start up italiane. Fingers crossed per tutti i nostri clienti ovviamente!

Alla luce dei cambiamenti che sono stati annunciati nell’organizzazione del Festival rispetto all’edizione 2017, può rilasciare un commento relativo alla kermesse? Quali sono, infine, le sue aspettative e cosa ne pensa della nuova veste dei Cannes Lions?

Trovo che Cannes Lions abbia affrontato una riorganizzazione che era assolutamente necessaria. A livello di premi sono state semplificate le categorie d’iscrizione e a livello di organizzazione e palinsesto il focus è stato riportato sulla creatività. Penso che andrebbero intraprese anche altre iniziative per rendere il festival più accessibile per chi fa il nostro lavoro.