Autore: Redazione
04/06/2018

«L’ecommerce italiano deve aprirsi all’Europa»: idealo illustra il fenomeno del cross border trade

Solo il 22% degli e-shop italiani vende anche all’estero, mentre l’8% si presenta in doppia lingua e il 4% propone pagamenti in una valuta differente dall’euro. Dati poco incoraggianti, che DailyNet ha discusso con Fabio Plebani, Country Manager di idealo per l’Italia

«L’ecommerce italiano deve aprirsi all’Europa»: idealo illustra il fenomeno del cross border trade

di Anna Maria Ciardullo

Il portale internazionale leader nella comparazione dei prezzi online, idealo, in Italia dal 2011, e disponibile in altre cinque nazioni europee - ha partecipato all’edizione 2018 di Netcomm Forum (30-31 maggio a Milano) - presentando alcuni dati molto interessanti legati al tema del “cross border trade”, ossia la possibilità di vendere online anche all’estero. L’azienda è stata protagonista dell’evento per la seconda volta dopo una prima edizione di grande successo, testimonianza della crescente importanza di idealo anche sul mercato italiano. DailyNet ha incontrato Fabio Plebani, Country Manager Italia, per fare il punto su un settore, quello dell’ecommerce, in crescita a doppia cifra in Italia, eppure non ancora abbastanza maturo rispetto agli altri mercati d’Europa.

In merito al cross border trade, qual è la situazione del nostro Paese? Quali sono le maggiori evidenze dalla vostra ricerca sul tema?

Nello studio abbiamo evidenziato come i negozi italiani siano ancora in ritardo nel percorso d’internazionalizzazione. In Italia, solo il 22% degli eshop vende anche all’estero. Se, da un lato, il comparto dell’ecommerce italiano, comparato ad altri mercati, è in forte crescita, rimane ancora relativamente piccolo. La Spagna, per esempio, nonostante sia un mercato più piccolo del nostro, sul fronte dell’ecommerce è molto più avanti. Tra i problemi emerge che solo l’8% dei negozi digitali in Italia presenta il proprio eshop in una seconda lingua differente dall’Italiano (in Spagna sono il 24%) cosa che soprende molto se si pensa che nello Stivale ci sono persino regioni bilingue. Inoltre, solo il 4% consente di pagare con una valuta diversa dall’euro.

Come si configura l’utente medio italiano? Anche i consumatori sonomeno predisposti agli acquisti online rispetto al resto dei Paesi europei?

L’utente medio italiano non si discosta molto dal target dell’utente europeo, ossia un uomo tra i 35 e i 44 anni. Siamo, invece, la nazione con la minor partecipazione femminile nello shopping online. I consumatori digitali abituali, che comprano almeno una volta al mese, sono in aumento in Italia (al 56%, in crescita del 4,6% rispetto al 2016). Inoltre, più grande è il centro urbano, maggiore è la concentrazione di consumatori digitali intensivi (che acquistano settimanalmente). Nei centri più piccoli (con meno di 10 mila abitanti) sono, invece, in maggioranza gli acquirenti sporadici.

Quali settori sono più performanti sui canali online in Italia?

Ci sono dei settori che funzionano meglio online, e naturalmente su tutti tecnologia e fashion. Poi, ci sono dei mercati in forte crescita come il beauty, lo sport e il comparto del food. Guarda caso, sono proprio i comparti dove l’Italia potrebbe giocare un ruolo da protagonista anche all’estero, sfruttando il potere del Made in Italy. Infatti, la scarsa internazionalizzazione degli ecommerce italiani rappresenta una “colpa” maggiore, poiché non sfrutta i vantaggi assicurati proprio dal valore aggiunto e dal premium price che ancora è riconosciuto al Made In Italy in tutto il mondo.

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idealo, la sede di Berlino

Un altro tema trattato dalle vostre ricerche è il Dynamic Pricing. Di che cosa si tratta?

È un fenomeno molto complesso. Esiste una tipologia di Dynamic Pricing che può essere definito normale, vale a dire quando il prezzo dei prodotti varia a seconda di domanda e offerta oppure in base alla stagionalità. Ma, tale scostamento, è sempre più legato al comportamento degli utenti. Per esempio, i prezzi sono più alti nel weekend, poiché le persone, avendo tempo libero, sono portate ad acquistare di più. Prodotti e categorie a loro volta hanno picchi differenti, talvolta persino legati all’orario della giornata. In alcuni mercati, ma sono variazioni più tipiche di Paesi avanzati come la Cina, è legato addirittura al singolo utente, a cui viene assegnato un punteggio per gestire i suoi acquisti online. Si tratta di un fenomeno ancora poco diffuso in Europa, dove comunque si sta sviluppando.

Come s’inserisce all’interno della customer journey il ruolo del  comparatore di prezzo?

Dai sondaggi che abbiamo effettuato, per rilevare le tendenze del settore, abbiamo visto che gli utenti italiani tendono sempre di più ad affidarsi a siti di comparazione dei prezzi. Da un lato, perché vanno alla ricerca del risparmio, essendo la nostra funzione principale proprio quella di aiutare a trovare la convenienza online; dall’altro, sono spinti dal desiderio di avere più informazioni, sia dagli altri utenti, sia da esperti (funzioni che idealo fornisce). Vi è anche un’attenzione crescente verso la trasparenza e la neutralità delle fonti. Il nostro, infatti, è un comparatore prezzi assolutamente neutrale e nessun eshop può acquistare posizioni nei nostri ranking, ma solo guadagnarle offrendo prezzi competitivi.

E del business di idealo, cosa può dirci?

La crescita a due cifre del mercato ecommerce italiano ha avuto un impatto positivo sul nostro business. Il 2017 è stato l’anno migliore in assoluto nella storia di idealo Italia e anche quest’anno abbiamo già toccato livelli di crescita molto elevati. Abbiamo un piano piuttosto aggressivo che prevede uno sviluppo di oltre il 30% e, finora, siamo ampiamente in linea con quest’obiettivo.