Autore: Redazione
13/11/2018

AdKaora: «Il proximity marketing non si limita ad attivare campagne. Ormai è diventato un forte strumento strategico»

Oltre a individuare il momento giusto per riuscire a raggiungere un utente con il messaggio più adatto, attraverso la posizione individuata dallo smartphone e call to action trasmesse dallo stesso apparecchio, oggi è possibile raccogliere dati su abitudini e comportamenti, disegnando una serie di cluster azionabili. Ma non solo, perché è possibile verificare l’efficacia delle campagne

AdKaora: «Il proximity marketing non si limita ad attivare campagne. Ormai è diventato un forte strumento strategico»

La forza del dato deve sposarsi con la potenza dello strumento che se ne serve, per produrre efficaci campagne pubblicitarie. Il proximity marketing cammina sulla linea che divide i tool dai data provider, raccogliendo da sé i dati sulle abitudini dei consumatori, elaborandoli in cluster e offrendo gli strumenti giusti per attivare i messaggi di comunicazione nel momento e nella forma più adatti. AdKaora ha approfondito il tema durante il workshop “Proximity marketing? È tutta questione di micro-momenti!” a IAB Forum 2018, e DailyNet ha raggiunto Davide Tran, Ceo di AdKaora, per fare un focus sull’argomento.

Avete presentato un workshop dedicato, ieri a IAB Forum 2018. Quali argomenti avete toccato?

La grande affluenza al nostro workshop “Proximity marketing? È tutta questione di micro-momenti!” dimostra che c’è tanto interesse attorno ai temi che abbiamo approfondito. Nello specifico, abbiamo toccato l’argomento del proximity marketing, keyword particolarmente calda sia per quest’anno sia per il prossimo. I brand hanno capito l’importanza dei micro-momenti: sono attimi precisi con una specifica valenza a livello di marketing, intercettabili solo dal mobile per via della geolocalizzazione, attivabili attraverso creatività e mezzi specifici. Nella pratica, la prossimità di un utente a un negozio diventa un’arma per il brand, che può coinvolgerlo con inserzioni o notifiche push e invitarlo ad entrare. L’obiettivo dei marchi è unire il mondo online con quello offline, e il proximity marketing rappresenta proprio il ponte tra queste due realtà. Lavoriamo su mobile, ma anche attraverso altri media, come l’out of home, per creare una comunicazione coordinata. Negli ultimi 12-18 mesi abbiamo notato un aumento delle richieste verso questo tipo di attività. Il proximity marketing non è solamente uno strumento per veicolare inserzioni al momento giusto in base alla posizione dell’utente. Svolge anche un’importante funzione di clusterizzazione… È molto utile a conoscere l’utente, non solo per le sue caratteristiche socio-demo, ma anche per le sue abitudini e per i suoi comportamenti. Tutto questo aiuta a costruire una comunicazione più mirata e in target, ottimizzando, quindi, il budget per le attività di adv. I dati che raccogliamo sono moltto utili a definire i cluster, ma anche a produrre insight post campagna. Il proximity marketing svolge, dunque, un ruolo supplementare all’attivazione di alcune leve di marketing: diventa, infatti, fondamentale per valutarne l’efficacia, attraverso dati che misurano l’uplift prodotto dagli investimenti in advertising.

Come si costruisce una campagna di proximity marketing di successo?

Ogni cliente ha i suoi obiettivi, è difficile dare indicazioni generali. La cosa più efficace da fare, secondo me, è scegliere di coordinare azioni mobile e offline. AdKaora sviluppa le attività strategiche in tre fasi: costruire una comunicazione che porti l’utente in negozio, individuare lo user in-store valutandone le azioni e, una volta di fronte allo scaffale, portarlo all’acquisto attaverso la triangolazione di Wi-Fi, gps e beacon. Quest’ultima è una possibilità che AdKaora offre in esclusiva.

Cosa pensa della situazione attuale del programmatic? Gli scossoni del 2018 a cosa hanno portato?

Il programmatic avrà una media o lunga vita. È cambiato solo il modo in cui i clienti comperano traffico. Ora si va verso KPI sempre più difficili da raggiungere, perché il mercato si va complicando e si aggiungono voci come ad fraud, viewability, target di riferimento e così via. Non bastano, dunque, indicatori di performance molto alti, ma serve che i siti offrano contesti di valore. Molte volte capita di atterrare su portali in cui appaiono formati fastidiosi, che impediscono la navigazione. Noi siamo convinti che non servano troppi formati per portare beneficio, ma che questi vadano limitati a quel che serve per preservare una buona user experience. Il GDPR, poi, ha creato dei “buchi” nel programmatic, ma nonostante ciò il segmento continua a seguire un trend positivo. Il mondo in-app, grazie anche all’evolversi dei sistemi di tracciamento sia per clustering sia per analisi, sarà un nostro focus su cui concentreremo l’attenzione nel 2019. Siamo convinti che crescerà molto.

Quali sono gli obiettivi per il 2019?

Vogliamo agire in tre direzioni. Sarà importante riuscire ad ampliare il network di app su cui lavoraiamo attraverso le notifiche push. Ma lavoreremo con grande energia anche per mappare quanti più punti vendita della GDO possibili, così da seguire gli utenti anche all’interno dei negozi. E infine per aumentare il più possibile la precisione dei nostri cluster sotto ilprofilo comportamentale.