Autore: Redazione
06/02/2017

We Are Social presenta WTFuture: ecco come l’innovazione ridefinisce la relazione tra brand e consumatore

Arriva dalla struttura creativa un format inedito capace di raccontare i trend del futuro a chiunque desideri essere aggiornato su uno scenario in costante cambiamento: nella prima sessione verranno presentate tutte le opportunità offerte da intelligenza artificiale e chatbot

We Are Social presenta WTFuture: ecco come l’innovazione ridefinisce la relazione tra brand e consumatore

di Anna Maria Ciardullo

L’innovazione come sguardo strategico su tutto ciò che ci circonda per cogliere e generare opportunità. Da questo concetto parte il progetto dell’agenzia creativa We Are Social, che ha lanciato giovedì sera nella sua sede di Milano WTFuture, il primo di una serie di eventi pensati per esplorare e guidare, in maniera interattiva, la comprensione dei trend che stanno influenzando i comportamenti delle persone e il modo in cui queste interagiscono con i brand.

Artificial Intelligence & Chatbot Edition è il tema del primo appuntamento che esplora come l’intelligenza artificiale stia creando nuove frontiere e nuovi linguaggi per le persone e nuove possibilità per le aziende, grazie agli interventi di alcuni dei maggiori esperti a livello mondiale. Simbolo del nuovo impegno che l’agenzia sta investendo nel campo dell’innovazione è Luca Della Dora che, da circa sei mesi, ricopre la carica di marketing and innovation director. Lo stesso, che ha aperto i lavori illustrando il progetto e i contenuti dell’incontro ai partecipanti ci ha spiegato:  «Anche se oggi si parla di nuove tecnologie intelligenti, i prossimi incontri spazieranno anche in altri ambiti. È importante sottolineare che innovazione non è un sinonimo di tecnologia ma un concetto molto più ampio che comprende anche la creatività e l’evoluzione dei modelli di business. Una delle sfide è avvicinare, per esempio, il mondo dei creativi e quello degli sviluppatori che, sebbene è giusto che mantengano ruoli verticali devono imparare a pensare nella stessa direzione perché solo unendo le forze e le idee si possono ottenere risultati migliori. Già in agezia gli esperimenti che stiamo facendo a livello interno funzionano e sicuramente i risultati saranno visibili presto anche all’esterno».

All’insegna della condivisione e del confronto, il primo episodio di WTFuture ha visto tra i suoi protagonisti IBM, Vodafone, Wit.ai e Poncho, i cui rappresentanti sono stati chiamati a raccontare casi concreti come spunto e ispirazione per tutti i player che vogliano essere parte attiva in uno scenario in rapida evoluzione. In particolare IBM, Vodafone e Wit.ai hanno espresso il loro punto di vista sul futuro di queste tecnologie, mentre Greg Leuch, Head of Product di Poncho, uno dei primi chatbot introdotti su Facebook Messenger, ha raccontato la sua esperienza nella creazione di quello che è considerato uno degli esempi più brillanti sul mercato dei chatbot.

«Il nostro obiettivo è quello di sviluppare soluzioni non convenzionali, non catalogabili in una disciplina tradizionale del marketing e proprio in questo contesto organizzare almeno tre quattro incontri all’anno che, come quello di oggi, abbiano come protagonisti gli argomenti più innovativi del momento e non necessariamente legati alla tecnologia, perché innovazione non significa solo questo», commentano Gabriele Cucinella, Stefano Maggi, Ottavio Nava, Managing Director We Are Social.

Intelligenza Artificiale e Chatbot

Secondo alcune ricerche, l’85% delle interazioni tra brand e consumatori sarà automatizzato entro il 2020 e, ad oggi, sono stati già investiti oltre 1,5 miliardi di dollari in “intelligenza artificiale”. I chatbot sono un’espressione di questa tecnologia e sono nati in un contesto nel quale le messaging app hanno vissuto un boom tale da aver superato persino i social network (accadeva già nel 2015). Si tratta, infatti, di robot capaci di rispondere quasi come gli umani all’interno di conversazioni one to one, ma in maniera del tutto automatizzata. Il successo di questo comparto è tale che la nota buzzword “conversational commerce” inizia ad avere senso, dal momento che, utilizzare piattaforme in grado di imitare il linguaggio umano, chatbot ma anche assistenti vocali come Amazon Echo, con un approccio biridezionale è d’impatto su tutto, sulle persone ma anche sul lavoro degli sviluppatori e sul modo in cui le persone interagiscono con le marche, sempre più intimo e personalizzato.

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Gabriele Cucinella, Ottavio Nava, Stefano Maggi

Perché i chatbot, quali vantaggi

I chatbot non sono strumenti utili solo per il customer care, ma gli utilizzi possono essere molto più vari, infatti esistono chatbot  destinati a fare lead generation, customer service e attività del genere, i cosiddetti transactional. Ci sono poi quelli definiti educational chatbot, più votati alla distribuzione di contenuti e poi quelli più emotional che sono caratterizzati da una certa “personalità”, ad esempio imitano un personaggio famoso o offrono un’esperienza coinvolgente che tocchi l’emotività dei destinatari.

Alcuni vantaggi dell’utilizzo dei chatbot comprendono la possibilità di rendere l’esperienza utente più fluida, snellendo anche la mole di app necessarie a soddisfare determinati servizi. Permettono, inoltre, di sfruttare il fatto che tutti sono sempre connessi e di rendere l’engagement con il brand sempre più intimo anche tramite un’interfaccia familiare. La cosa interessante è che i chatbot sono capaci di imparare dalle proprie esperienze precedenti così da proporre soluzioni sempre più vicine alle necessità espresse da chi li utilizza, gusti alimentari, indirizzi, interessi e così via. Un altro vantaggio è l’ottimizzazione del lavoro umano, facilitando tra l’altro le richieste del customer service, i chatbot permettono allo staff di svolgere meglio le operazioni che richiedono in genere l’intervento umano.

Trend ed evoluzione

I chatbot saranno sempre più intelligenti. Questo non dipende solo dall’intelligenza artificiale ma anche dalla loro capacità di comprendere il contesto. Probabilmente risponderanno parlando piuttosto che con il testo e saranno anche in grado di riconoscere e interpretare i suoni e le parole. La tecnologia, però, sarà sempre più invisibile al contrario di ciò che si pensa, faremo sempre meno caso alle innovazioni una volta assimilate. Probabilmente, guardano a un futuro non prossimo ma neanche troppo lontano. La sfida sarà quella di insegnare alle macchine a comunicare e agire per noi, cosa che cambierà ulteriormente il rapporto con i brand. Questi ultimi, plausibilmente, non dovranno più convincere le persone a fare acquisti, ma dovranno imparare a convincere le macchine a fare acquisti per le persone.

Pietro Leo, Architect Chief Scientist of IBM Italy Research & business Unity, intervenuto con uno speech dal titolo “The wisdom age” non ha dubbi: «Costruire un chatbot è solo la punta dell’iceberg, la vera sfida che verrà è quella di costruire nuove relazioni tra gli umani e le macchine». Lo stesso ha spiegato come un chatbot non possa essere programmato ma, attraverso l’automazione, debba essere addestrato ad auto programmarsi. Su questo punto è stato illuminante anche l’intervento di Alexandre Lebrun, founder e ceo di Wit.ai, azienda che si occupa di insegnare alle macchine il linguaggio. Lebrun ha spiegato la complessità di questo passaggio. Per farlo, infatti, bisogna avere approfondita conoscenza di tutto quello che sta dietro la linguistica come, ad esempio, il marketing, l’advertising e così via.

Volendo si potrebbe già rendere tutto intelligente, stiamo entrando in una sorta di “wisdom age” dove le macchine potrebbero prendere delle decisioni per supportare altre decisioni in modo automatizzato, cosa si traduce in un mercato almeno due volte valido rispetto a quello dell’informatica stessa. Per questo IBM produce sistemi di cognitive business, chatbot compresi, che mirano alla capacità di supportare decisioni, ma anche tool di couching o strumenti per le diagnosi mediche che sfruttino al meglio le possibilità offerte dalle “macchine intelligenti”. La cosa importante è far crescere l’intelligenza delle macchine senza creare danno, quindi porsi dei limiti e seguire dei principi, la trasparenza, soprattutto sul tema dati e l’addestramento delle macchine che miri ad un supporto degli umani e non alla loro sostituzione.

Anche Vodafone Italia punta ai chatbot

Il primo chatbot realizzato in Italia da We Are Social è il nuovo Vodafone bot. L’intenzione della company è quella di evolvere i servizi forniti dalla sua app aggiungendo un touchpoint conversazionale accanto ai servizi più classici che già garantiscono un certo numero di visite giornaliere. Inoltre il settore telco è uno dei più suscettibili di ricevere richieste d’assistenza che tipicamente sono gestite con difficoltà. Per creare il nuovo bot sono state analizzate oltre 20000 conversazioni che ne migliorassero la pertinenza e il tono di voce. Il bot di Vodafone è felice di aiutare, consapevole dei suoi limiti e ironico poiché ha l’obiettivo di creare un word of mouth positivo.

I successi di We Are Social

We Are Social vanta oggi un team di oltre 600 specialisti che lavorano negli 11 uffici attivi, presenti in 5 continenti. Un’azienda in continua espansione, forte di un successo dopo l’altro e di una crescita costante anno su anno. Il più recente dei successi, commentato ancora dai suoi tre giovani managing director, li vedrà alla guida della strategia editoriale di Samsung. «È stata una gara lunga, sicuramente impegnativa, però davvero molto interessante e stimolante. L’incarico prevede la gestione dei canali social, della strategia editoriale e la produzione di contenuti di Samsung Italia e di tutte le sue divisioni quindi, chiaramente, dà anche spazio al lavoro su un piano di lanci di prodotto che per Samsung sono all’ordine del giorno e offre, dunque, molte opportunità in termini di campagne. Inoltre Samsung è sponsor di Juventus che è già nel nostro portfolio clienti, potrebbe essere una buona occasione per creare ulteriori sinergie».

Una sfida importante per l’azienda che potrà applicare il suo nuovo orientamento all’innovazione per migliorare anche i servizi ai suoi clienti; «quello che ci ha chiesto Samsung è un po’ di rivoluzionare la loro strategia soprattutto a livello editoriale e di produzione di contenuti e sicuramente ha apprezzato il nostro impegno nel campo dell’innovazione che si sposa bene con la filosofia e gli intenti del marchio» continuano Nava, Maggi e Cucinella.

«I nostri progetti a livello più ampio mirano sicuramente a crescere sempre di più continuando a ottenere clienti che contribuiscano a rendere sempre più stimolante il nostro operato. Speriamo che la disciplina di cui ha iniziato a occuparsi il nostro innovation manager diventi un servizio molto centrale per i nostri clienti attuali e futuri stimolandoli a capire cosa vuol dire fare innovazione oggi trasformandolo in un arma di business per l’agenzia che ci aiuti anche ad allargare i nostri confini per fare marketing anche al di fuori delle aree più tradizionali. Stiamo cercando di avere un maggiore controllo di tutto il nostro impianto strategico e dei media che possiamo intersecare nelle strategie di comunicazione dei nostri clienti».