Autore: Redazione
20/06/2017

Vivendi fa ricorso al Tar contro la delibera Agcom; Mediaset torna ad avere il 100% di Premium

Il gruppo francese ha presentato ricorso al Tar del Lazio contro la delibera del 18 aprile con cui l’Authority gli aveva concesso un anno di tempo per ridurre entro il 10% la quota in Telecom Italia o nella stessa Mediaset

Vivendi fa ricorso al Tar contro la delibera Agcom; Mediaset torna ad avere il 100% di Premium

Vivendi, come da attese, ha presentato ricorso al Tar del Lazio contro la delibera Agcom dello scorso 18 aprile con cui l’Authority aveva concesso al gruppo un anno di tempo per ridurre entro il 10% la partecipazione in Telecom Italia  (23,9%) oppure quella detenuta in Mediaset  (29,9%), avendo violando il cosiddetto Tusmar. Alla mezzanotte di ieri scadeva il termine entro cui Vivendi avrebbe dovuto comunicare all’Agcom il percorso della sua riduzione nel capitale del Biscione che, in base alle ricostruzioni circolate in questi giorni negli ambienti finanziari, dovrebbe avvenire attraverso il congelamento dei diritti di voto eccedenti il 9,9% in Mediaset con il trasferimento in un trust.

Vivendi, fino a poco prima della scadenza di mezzanotte di ieri, non ha commentato le anticipazioni. Intanto, si avvicina la data dell’assemblea degli azionisti di Mediaset, in programma mercoledì 28 giugno, che prevede all’ordine del giorno l’approvazione della delega al consiglio di amministrazione per l’esecuzione di un buyback fino al 10% del capitale. Attualmente le azioni proprie rappresentano il 3,795% del capitale totale della società.

Le prossime mosse di Vivendi e Mediaset

Le azioni per partecipare all’assemblea dovevano, come detto, essere depositate entro la giornata di ieri e quindi oggi si dovrebbe conoscere con quale quota si presenterà Vivendi e se il flottante presente in assemblea sarà superiore al 10%, con la possibilità, quindi, di approvare il buyback inserendo la cosìddetta clausola “whitewash” che permette di non escludere dal capitale sociale ordinario le azioni proprie acquisite; tutto questo, ovviamente, se la delega verrà approvata in assemblea dalla maggioranza dei soci diversi dal socio di riferimento e se sarà presente in assemblea almeno il 10% del flottante (attualmente il flottante di Mediaset  è il 30%).

Nel caso la delibera venisse approvata con il voto favorevole di almeno il 50% dei soci di minoranza, ad esclusione, quindi, di Mediaset  e Vivendi, sopra al 10% del capitale, Mediaset potrebbe, allora, procedere al buyback senza far scattare l’obbligo di opa né per Fininvest né per la conglomerata francese. Nel caso in cui Mediaset ottenesse il voto favorevole dei soci di minoranza e acquisisse azioni proprie fino al 10% del capitale, Fininvest raggiungerebbe il 43,92% dei diritti di voto, mentre Vivendi sarebbe al 32%. A quel punto, Fininvest potrebbe procedere ad acquisti fino al 5% del capitale entro maggio 2018, raggiungendo il 48,9% dei diritti di voto senza far scattare l’obbligo di opa. L’eventuale approvazione del buyback rappresenterebbe, secondo gli analisti, una notizia potenzialmente positiva per il titolo Mediaset, che al momento, in Borsa, viene scambiato a quota 3,448 euro (+0,41%). Proprio ieri Equita ha ribadito il rating “hold” e il target price a 3,9 euro per azione, Banca Akros ha sancito “neutral”, con un prezzo obiettivo a 4 euro, lo stesso giudizio di Mediobanca  Securities, che però allinea un target price a 4,20 euro.

Mediaset rilancia, ora ha il 100% di Premium

Intanto, Mediaset torna ad avere in mano il 100% di Premium: ieri, infatti, la tv del Biscione ha annunciato di essere tornata in possesso di tutta la pay.tv. “Rti-Mediaset ha acquisito la partecipazione pari all’11,1% di Mediaset Premium Spa in capo all’operatore spagnolo Telefónica - si legge nel comunicato rilasciato dalla stessa Mediaset -. Al termine dell’operazione Rti-Mediaset detiene il 100% del capitale sociale di Mediaset Premium Spa”. Mediaset aveva ceduto la quota a Telefónica nel gennaio 2015, per un corrispettivo di 100 milioni di euro. La stessa Telefónica, inoltre, non era intervenuta nell’aumento di capitale dello scorso maggio per circa 142 milioni, da utilizzare per riportare il segno positivo nel patrimonio netto dopo il rosso da 384 milioni di euro del bilancio 2016.