Autore: Redazione
27/03/2017

Viticoltura sostenibile: tra le aziende italiane c’è anche la Cantina di Venosa

L’azienda ha deciso di adottare i principi della sostenibilità ambientale così da produrre vini di qualità e garantire alle nuove generazioni un territorio ancora pieno di risorse

Viticoltura sostenibile: tra le aziende italiane c’è anche la Cantina di Venosa

In Italia tra i rappresentanti della viticoltura sostenibile una menzione particolare va fatta alla Cantina di Venosa, in Basilicata, che, nata nel 1957, attualmente conta più di 500 soci. Oggi la sostenibilità è un tema molto importante a livello globale, da non sottovalutare e necessario, a cui il settore agricolo e in particolare vitivinicolo non può sottrarsi.  Negli ultimi anni anche i consumatori italiani, oltre che i viticoltori, sono diventati consapevoli dell’impatto ambientale che la produzione enoica ha sul territorio e hanno mostrato sempre più interesse per i vini sostenibili.

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Il percorso di salvaguardia ambientale

Il progetto di sostenibilità è stato fortemente voluto dal presidente Francesco Perillo per valorizzare un territorio, quello lucano, pieno di storia e tradizione enoica. Parte dai vigneti e arriva alla cantina: fra i filari viene infatti praticata la lotta integrata contro i parassiti mentre in cantina l’impianto fotovoltaico di 200 kw permette all’azienda di azzerare le emissioni di anidride carbonica. Viene utilizzato vetro riciclato al 70% e, grazie a un moderno sistema di imbottigliamento, si limitano al massimo gli sprechi. L’uso di colle vegetali per il confezionamento finale chiude il percorso di salvaguardia ambientale attuato dalla cantina lucana, il cui vino è così prodotto nel rispetto delle logiche della sostenibilità.

Vini come il Carato Venusio, Terre di Orazio – Aglianico e Terre di Orazio – Dry Muscat, molto apprezzati dalla nascente classe di consumatori sostenibili, sono il prezioso frutto degli investimenti realizzati dalla Cantina di Venosa per tutelare la terra che li produce e per far sì che quest’ultima possa essere ereditata dai figli di quelle 500 famiglie che attualmente se ne prendono cura.