Autore: Redazione
23/11/2017

Unilever punta sull’influencer marketing e “dimezza” i rapporti in essere con le agenzie tradizionali

Per tagliare i costi, l’inserzionista sta utilizzando gli influencer più famosi per lanciare campagne ad alto impatto, mentre i microinfluecer per l’engagement quotidiano, utilizzando come metrica di misurazione il cost per engagement

Unilever punta sull’influencer marketing e “dimezza” i rapporti  in essere con le agenzie tradizionali

Più grande non significa sempre meglio per Unilever quando si tratta degli influencer con cui lavora. Secondo Madeleine Boulton, assistant brand manager di Unilever, l’azienda si sta rivolgendo meno agli influencer meno noti, puntando molto sui cosiddetti micro-influencer, persone con un numero di seguaci inferiore a quello delle più grandi star dei social media, ma in grado di offrire un engagement migliore a una frazione del costo. La mossa, rientra in un progetto più ampio di Unilever, che è alla ricerca di alternative alle costose agenzie. Più influencer, meno agenzie Lavorando con il network d’influencer Tribe, l’inserzionista ha iniziato a trattare gli influencer come vere e proprie agenzie, affidandosi meno a queste ultime. “Precedentemente, abbiamo usato le agenzie anche per lavorare con gli influencer, ma l’intermediazione diventa più distaccata”, ha spiegato Boulton. “Preferisco controllare gli influencer autonomamente”. Mentre Unilever si avvicina maggiormente agli influencer, dunque, si allontana sempre più dal lavorare con le agenzie tradizionali. L’inserzionista sta tagliando metà delle 3.000 agenzie che impiega in tutto il mondo, con un risparmio che si aggira intorno al miliardo di euro che spera di poter accumulare entro il 2019. Un esempio L’uso più degno di nota per Unilever dei micro-influencer di Tribe, fino ad oggi, è avvenuto in estate, quando ha condotto una campagna per il suo marchio di margarina Stork. Dopo aver pubblicato un breve messaggio che chiedeva agli influencer immagini di cibi che avevano cotto utilizzando ingredienti Stork, Unilever ha scelto i 21 post dei creator più interessanti. Questi hanno poi pubblicato le loro immagini su Instagram, raggiungendo circa 436.000 views tra i loro seguaci. Metriche Unilever usa il CPE (cost per engagement) per valutare i risultati delle campagne all’interno della rete Tribe piuttosto che come parametro per pagare gli influencer. Invece, l’inserzionista paga all’influencer una tassa fissa per post, che varia da 66 dollari a 132 dollari per gli influencer che hanno tra 3.000 e 10.000 seguaci. Gli inserzionisti come Unilever stanno sempre più applicando modelli di pricing basati sulle performance come CPE alle loro campagne di influencer, considerando questa misurazione come un modo per mantenere i costi delle campagne legati a ciò che gli influenzatori offrono in termini di like e azioni. Criticità e strategia Il problema, tuttavia, è che gli influencer potrebbero giocare con il modello CPE e concentrarsi sui numeri dell’engagement a scapito della creazione di contenuti di qualità. Il CPE rappresenta, dunque, un passo verso metriche più qualitative per le campagne di influencer marketing, e pone ancora molte sfide. Mentre gli influencer più grandi non sono così “autentici” come le loro controparti più piccole, Boulton ha spiegato che c’è ancora un ruolo per loro nei piani di Unilever. La miscela perfetta tra i due gruppi, consisterebbe nell’utilizzare gli influencer più noti per lanciare campagne ad alto impatto, mentre i microinfluecer per l’engagement quotidiano.