Spesso viste in antitesi, le due materie pubblicitarie trovano il loro punto d’incontro nell’elemento più importante per un brand: il suo storytelling. La combinazione tra dati, experience e tecnologia – spiega Belinda Rowe, global managing partner di Publicis Media al dmexco – è il modo più efficace per raggiungere i consumatori
dal nostro inviato a COLONIA, Francesco Lattanzio
Mettere d’accordo programmatic e creatività è una sfida che, prima o poi, si presenta a tutti i brand. Se n'è parlato a dmexco. Se “dietro ogni marchio c’è una storia”, come dice Yaron Galai, ceo e founder di Outbrain, per trovare il modo più adatto per raccontarla serve il supporto dei dati. Un errore comune è considerare allo stesso modo programmatic e contenuti, ma la tecnologia “è solo il modo per accompagnare gli utenti al contenuto”, aggiunge.
Programmatic + creatività = esperienze immersive
Gli stessi contenuti “devono essere pensati come esperienze immersive, e per la loro produzione è fondamentale la mano dei brand, che più di ogni altro hanno coscienza delle sensazioni da trasmettere. L’advertising può risultare fastidioso agli occhi degli utenti, e per questo bisogna avere i dati e la tecnologia necessari a raggiungere le persone giuste con la giusta frequenza. La creatività programmatica è un equilibrio tra questi tre elementi”, spiega Belinda Rowe, global managing partner, Publicis Media.
L’esperienza, per essere efficace, deve avvenire su un contesto che sia credibile e coinvolgente. Per questo motivo, editori come Forbes, si propongono di dare “una voce ai marketer e un ambiente autorevole”, accostando i contenuti branded a quelli dei giornalisti della redazione, racconta Charles Yardley, general manager del publisher. Ma allo stesso tempo deve spiegarsi su touchpoint diversi, sull’intero customer journey, “e per questo proposito i dati sull’audience sono un supporto irrinunciabile, non fa differenza se l’esperienza avviene in-store o online”, aggiunge Rowe.
Sincronia tra team creativo e tecnologico
Dati e insight però non bastano. L’empatia e il coinvolgimento non possono essere creati da algoritmi, o forse non ancora. “I creatori di contenuti più abili sanno trasformare gli informazioni sull’audience in vere e proprie esperienze coinvolgenti”, introduce Galai, ma per mettere insieme i data scientist, i team di programmatic e i creativi è necessario “sviluppare una comunicazione diversa da quella di 5 anni fa”, continua Sven Becker, strategist di justfrank. La velocità con cui vengono raccolti gli insight e la loro elaborazione sono supportati dalla tecnologia, “che riduce alcune complessità di alcune operazioni e velocizza la produzione e l’esecuzione delle campagne. Specialmente se queste attività vengono svolte sulla stessa piattaforma”, conclude Karin Hennessey, senior product manager di Google. “Dare ai team maggiori responsabilità e assegnarli continuativamente allo stesso cliente - dice Becker - aumenta la conoscenza dei suoi valori, e di conseguenza la potenza dei messaggi proposti”.