Autore: Redazione
28/06/2017

UPA presenta il Libro Bianco sul programmatic, all’insegna della trasparenza dell’advertising digitale

L’opera fa chiarezza sulla filiera della comunicazione online; faro puntato sugli OTT, Sassoli de Bianchi: «Accordo di massima su molti punti ma non sulla dichiarazione dei fatturati pubblicitari»

UPA presenta il Libro Bianco sul programmatic, all’insegna della trasparenza dell’advertising digitale

UPA auspica di trovare prima o poi un accordo sul tema della trasparenza sugli investimenti pubblicitari con gli over the top digitali, Google e Facebook. Lo ha detto ieri il presidente dell’associazione degli utenti della pubblicità Lorenzo Sassoli de Bianchi, presentando a Milano il primo Libro Bianco sulla comunicazione digitale prodotto in collaborazione con tutte le associazioni di categoria del settore. Il Libro Bianco si occupa soprattutto di programmatic, delineando tutte le criticità di questo sistema di vendita di pubblicità e cercando di dare alcune linee guida per la creazione di buone pratiche nel suo utilizzo. Su molti punti c’è già un accordo di massima con i responsabili italiani delle due piattaforme, cui Sassoli de Bianchi ha già illustrato i contenuti del Libro, ma resta il nodo delle informazioni su quanto raccolgono in termini di adv, informazioni che attualmente non vengono rilasciate. «Conto però sul fatto che a breve la questione si risolverà - dice Sassoli -, è di loro interesse perché gioverebbe molto al rapporto con gli investitori pubblicitari. Ma bisogna tenere conto che noi siamo associazioni, mentre loro sono aziende». Sempre ieri, l’Antitrust europeo ha inflitto a Google una multa di 2,42 miliardi di euro per abuso di posizione dominante da parte del suo servizio di comparazione degli acquisti. «Il tema non ci riguarda nello specifico, non stiamo parlando di disparità fiscale (che, insieme alla remunerazione dei contenuti di terzi, è il tema più gettonato al momento, ndr) ma mi sembra un bel segnale il fatto che la UE si stia muovendo in modo unitario e non lasci la questione ai singoli Stati». In ogni caso Google e Facebook sono i “convitati di pietra” a questo tavolo che tenta di mettere un po’ di ordine nel far west della pubblicità digitale. «Grazie al Libro Bianco oggi sappiamo tutto sulla filiera del digital advertising - sottolinea il presidente UPA - e sui flussi finanziari che la alimentano». “Trasparenza” è la parola chiave: «Il nostro obiettivo era illuminare un territorio opaco. Questo Libro è un atto di responsabilità e un gesto concreto che fornisce una mappa in costante aggiornamento destinata alla industry, anche se rimangono ancora delle questioni irrisolte come quella della viewability sulla quale bisogna trovare accordi vantaggiosi ».
I contenuti del Libro Bianco
Alla redazione del Libro Bianco oltre a UPA, hanno partecipato alla stesura AssoCom, FCP, FIEG, IAB, Fedoweb, Netcomm, Unicom. Il lavoro, durato dieci mesi, parte da alcuni temi già enucleati in passato come la viewability che è il primo argomento trattato. Le criticità riguardano gli standard (secondaggio e pixel percentuali) e i criteri di certificazioni, le regole di ingaggio e soprattutto la misurazione per la quale si auspica la costituzione di un certificatore indipendente italiano o europeo. Centrale è la trasparenza della filiera, dei flussi finanziari, dei modelli di acquisto bundled e unbundled, dei rapporti tra editori e concessionarie, della reportistica. Altri temi affrontati sono quelli dell’ad fraud e della brand safety, ossia del controllo del sito di destinazione della campagna in termini di legalità e di coerenza con i valori del brand. Un altro tema centrale è quello dell’ad blocking: una ricerca prodotta da alcune delle associazioni che aderiscono al Libro evidenzia in Italia una penetrazione relativamente contenuta, pari al 13% degli utenti complessivi, al 15% delle pagine su pc e all’8% dell’utenza mobile.
La trasparenza degli investimenti
Oggi solo le concessionarie che aderiscono a FCP-Assointernet dichiarano i propri fatturati. Dei ricavi pubblicitari degli over the top non è dato sapere. Nielsen stima che il mercato digitale valga 2,28 miliardi di euro, l’Osservatorio Internet Media di Politecnico di Milano e IAB Italia ipotizzano 2,36 miliardi di euro. Il Libro Bianco sottolinea che la trasparenza non può prescindere dalle dichiarazioni di fatturato da parte di editori, concessionarie, piattaforme e OTT. Il web rappresenta il 28% degli investimenti totali in pubblicità, ricorda il presidente di FCP Massimo Martellini, in crescita dell’8% in un mercato che otto anni fa valeva 10 miliardi di euro e oggi ne vale 6,5. Nello stesso periodo la stampa ha perso il 60% dei fatturati adv, e anche quest’anno si avvia verso un calo a doppia cifra. «Il 25% degli investimenti pubblicitari digitali vanno agli over the top» ricorda il presidente Fieg Maurizio Costa, «che godono di un vantaggio improprio quando guadagnano sui contenuti prodotti da altri, e quando si avvalgono di un bacino di conoscenze e dati raccolti grazie alla navigazione sui siti degli editori. Questi aspetti, insieme alla disparità fiscale di cui beneficiano nel nostro, devono essere risolti a breve, abbiamo 6-9 mesi di tempo per aprire un dialogo con gli OTT che gli accordi tra Fieg e Google dimostrano essere possibile».
La qualità deve essere remunerata
Per Costa la qualità è l’elemento che fa la differenza in un contesto come quello digitale troppo spesso teatro di fake news e comunicazione ingannevole. «Nel mondo dominato dall’algoritmo si creano enormi discontinuità, la cui risposta è la qualità. E’ una sfida che l’editore deve affrontare continuamente». Ma il mercato non è disposto a remunerarla. «Gli investitori non riconoscono il valore della qualità. Ne parliamo da tanto ma non è successo niente» dice Giancarlo Vergori, presidente di Fedoweb che ricorda l’appello di Carlo De Benedetti, a indire gli Stati Generali dell’editoria «per portare al tavolo gli OTT e condividere i costi». Il tema della qualità riguarda anche la necessità di individuare chiaramente il messaggio pubblicitario, anche sul web. «Nel mondo digitale l’adv deve essere esplicitato anche quando indossato da qualche famoso blogger - dice Sassoli de Bianchi -, è una questione di responsabilità e credibilità degli investitori».
IAB: investire sullo sviluppo di tecnologia
Per ogni euro investito in adv online si crea un indotto di 25. Il digitale è un settore in continua crescita, sul quale lo Stato dovrebbe investire per lo sviluppo di un ecosistema tecnologico e normativo adeguato e in grado di competere con i mercati esteri attraverso sgravi fiscali e incentivi. «La guerra agli OTT, l’uso politico della Google Tax sono insensati. Si faccia loro pagare il giusto e si cerchi di creare valore per le aziende italiane» dice il presidente di IAB Italia, Carlo Noseda. Lo IAB ha anche recentemente attivato azioni di lobbying presso le istituzioni per includere le aziende digitali tra i destinatari del credito di imposta sugli investimenti incrementali che la legge appena varata riserva agli editori di carta stampata, e radio-tv locali. «Il Libro Bianco è un punto di partenza» per mettere ordine in un sistema in costante crescita, e sempre in evoluzione «come una start up».
La fiducia come volano dello sviluppo
La trasparenza genera fiducia, e valore economico. Lo sottolinea Emanuele Nenna, presidente di AssoCom: «Con il Libro Bianco abbiamo voluto restituire fiducia al rapporto tra operatori e investitori: su questo punto noi associazioni dobbiamo lavorare alacremente». Lo stesso tema è fondamentale per l’e-commerce, che insiste su coerenza e trasparenza della comunicazione «altrimenti abbiamo un crollo di fiducia e delle vendite» dice il presidente di Netcomm, Roberto Liscia. In Italia nel 2017 l’e-commerce vale circa 23 miliardi; gli italiani che vi fanno ricorso sono 21 milioni, «di cui il 28% usa l’ad blocking. Ecco perché la trasparenza è fondamentale». Il 35% delle vendite online transitano dal mobile così come il 70% del traffico web: «Un tema a cui prestare molta attenzione» sottolinea Giorgio Galantis, presidente di FCP-Assointernet, nel ricordare che quello della trasparenza sembra essere un tema relativamente nuovo: «Siamo partiti da una situazione polarizzata tra investitori, da un lato, le concessionarie, dall’altro, e le società di misurazione nel mezzo» che spesso non riescono a garantire omogeneità di risultati. Alessandro Ubertis, presidente di Unicom, ha affrontato il tema dal punto di vista della creatività: «Bisogna parlare di branding, e di rappresentazione della realtà delle aziende. La creatività ha bisogno di regole per farlo».