Autore: Redazione
05/07/2017

Iab Seminar 2017, Programmatic Advertising e Marketing Automation: ci sono potenzialità, ma le aziende devono osare

Si è tenuto ieri a Milano l'evento organizzato da IAB Italia dedicato ai temi Data Strategy e Quality & Trasparency con interventi di peso da parte di diversi protagonisti dell'industry

Iab Seminar 2017, Programmatic Advertising e Marketing Automation: ci sono potenzialità, ma le aziende devono osare

Articolo a cura di Antonella Rocca e Francesco Lattanzio

Il programmatic resta un driver importante di crescita con molto potenziale ancora inespresso nel nostro Paese, ma le aziende italiane devono avere il coraggio di rischiare. Con queste parole il presidente di IAB Italia, Carlo Noseda, e i due consiglieri Sebastiano Cappa e Michele Marzan, hanno aperto i lavori dello IAB Seminar di ieri dedicato a Programmatic Advertising e Marketing Automation. La mattinata si è focalizzata sui temi Data Strategy, e Quality & Trasparency con interventi di peso da tutta la industry.

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A cominciare da Oliver Kanders, director Market Building & Marketing zeotap, che ha affrontato gli otto trend del data-driven marketing: primo, gli ampi margini di crescita del programmatic, al 28% in Italia e al 78% in Usa; secondo, cambiano le regole del gioco dell’advertising e il mercato da media centrico si fa “people centric”; terzo, il mobile è il media più personale di tutti, con un +40% di crescita prevista nelle revenue nel 2017, contro un desktop praticamente fermo, e il 64% di time share; quarto, il funnel si sviluppa lungo l’AIDA model (Attention, Interest, Desire, Action); quinto, sacrificare l’economia di scala a vantaggio della qualità; sesto certificare la trasparenza; settimo, optare per una misurazione che vada oltre il click through rate; ottavo, lavorare sulla qualità dei dati, che siano di prima, seconda o terza parte.

Nuove professionalità

Gianmario Verona, rettore dell’Università Bocconi di Milano, ha spiegato come le nuove tecnologie stiano dando accesso a informazioni impensabili fino a pochi anni fa. «Il mondo accademico è cambiato radicalmente e oggi è molto più pragmatico - ha detto -. Per scalare le classifiche dei ranking internazionali è necessario avere professori di pratica, esperti tecnicamente della materia. Teorici applicativi in grado di sviluppare modelli. Da settembre, inoltre, tutti i bocconiani avranno l’obbligo di seguire corsi di Python. Il mondo sta evolvendo su traiettorie impensabili e quindi si rende necessario un percorso di formazione continuo. L’Italia deve far fronte a un problema culturale per far sì che i processi aziendali funzionino attraverso i nuovi strumenti. C’è sensibilità nei confronti della tecnologia e si stanno facendo investimenti, ma se non si cambia la cultura aziendale…Vanno messi in campo i quattrini per trattenere i talenti nel nostro Paese. E quella che oggi serve di più alle aziende è una figura capace di far dialogare tutte le varie professionalità del marketing e che sappia lavorare con il Data Science».

Oltre il dato

Giovanna Loi, managing director [m]PLATFORM, GroupM Italia, ha portato la propria esperienza su come mettere il consumatore al centro della comunicazione in una campagna attiva su diversi media, misurandone l’efficacia in real-time. «Oggi essere data driven significa organizzare e comprendere i dati dei diversi touch point del costumer journey per ricavarne insight. Bisogna capire quali siano i dati più rilevanti per il brand in funzione degli obiettivi di business e essere così in grado di adattare la comunicazione tempestivamente in funzione del comportamento dei consumatori». Ogni business è diverso ma necessità di una visione unificata del consumatore. La tecnologia abilita una strategia in cui il consumatore è al centro con insight specifici: profilo sociodemo, tecnologico, comportamentale; di geo-localizzazione e d’acquisto. I benefici che ne derivano sono: affinità massima con il target e dispersione ridotta; maggiore conoscenza del consumatore; migliori performance degli indicatori; corretta attribuzione del budget speso e del roi. Erik Rosa, managing director di Xaxis Italy ha presentato poi una ricerca relativa alle cinque tipologie del viaggiatore moderno.

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Giovanna Loi ed Erik Rosa
Spazio alla creatività

Andrea Campana, ceo di Beintoo, ha raccontato l’importanza di unire la grande mole di informazioni oggi disponibili sui consumatori alle tecnologie di proximity marketing per veicolare messaggi creativi coerenti e ad alto tasso di attenzione. «In uno scenario in cui siamo ogni giorno bersagliati da migliaia di impression su un numero crescente di device e touchpoint, la memorabilità di un messaggio dipende in gran parte dai reali interessi delle persone e dal contesto fisico in cui agiscono. È importante raccogliere e analizzare le informazioni sulle azioni online che gli utenti fanno quando si trovano presso specifici luoghi di interesse, creando cluster di comportamento. E a questo punto interviene la creatività, che, se ben ottimizzata con un approccio data driven, è in grado di rendere il messaggio davvero memorabile e vincere sul sovraccarico informativo cui ogni persona è sottoposta quotidianamente», ha concluso Andrea Campana.

Premium video

Il tema Quality & Trasparency è stato introdotto da Luca Morpurgo, senior regional director Southern Europe FreeWheel, che ha dato la sua visione sugli elementi fondamentali per far evolvere il mercato in termini di qualità e trasparenza. «Non possiamo farne a meno per avere un ritorno sugli investimenti adeguato - ha detto Morpurgo -. L’analisi è uno degli aspetti fondamentali della qualità. Non si può prescindere dal cambiamento dell’audience e delle sue abitudini di fruizione dei contenuti. Che cosa, dove e a chi comunicare? Dobbiamo essere in grado di dare una risposta a queste domande per permettere alle aziende di raggiungere la loro audience. E il premium video è l’unico ambiente che può rispondere queste esigenze di comunicazione: garantisce la brand safety e aumenta l’engagement dell’audience».

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Marco Montemagno e Luca Morpurgo
Il valore dei dati

Christina Lundari ha fatto una sintetica introduzione su Oath, di cui è general manager in Italia e i cui brand raggiungono complessivamente un miliardo e 200mila persone nel mondo con l’obiettivo di salire a 2 miliardi entro il 2020. «La missione di Oath - ha spiegato - è di costruire “brands people love”, con contenuti di alto livello, piattaforme trasparenti e la migliore targetizzazione. Oath significa “giuramento” e l’azienda ha chiesto a ogni suo impiegato di formulare il proprio». Quello di Lundari è “Always be authentic”. Andrew Weston, director EMEA Region Exponent (società che fa capo a Oath), ha illustrato come analizzare una mole importante di dati, facendo sempre attenzione all’etica. «Location e Behavior costituiscono la formula vincente per colpire i clienti giusti con le giuste offerte». Weston ha poi parlato di Mobile Marketing Intelligence, un’audience intelligence platform che offre una strada veloce alla monetizzazione dei dati mobile consegnando audience rilevanti e insight di comportamento per guidare le decisioni di marketing.

Tavola rotonda

Bruno Maggioni, direttore commerciale area digital PubliAdige, Michele Marzan, chief strategy officer MainAd, Simone Pepino, sales director Ligatus Italia, e Stefano Spadini, ceo Havas Media Group, hanno dibattuto sul tema della qualità dei contenuti e dei modelli di acquisto in ambito programmatic durante la Tavola Rotonda “Qualità, opportunità e modelli d’acquisto: le nuove tecnologie”. In particolare, Marzan ha parlato d’intelligenza artificiale e machine learning e del loro apporto al marketing predittivo. Pepino, invece, ha descritto il “paradigma della qualità” che coinvolge sia i publisher sia gli advertiser, oltre a contesto, contenuto e format. Ma soprattutto garantisce la brand safety in ambito native. Il 25% in più dei consumatori guarda in feed native adv, rispetto ai banner. La pubblicità native porta un incremento del 18% in più nelle intenzioni all’acquisto rispetto ai banner. I consumatori guardano il native adv il 26% in più rispetto ai contenuti editoriali e il 63,2% di tutta la display su mobile sarà native entro il 2020.

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Un momento della tavola rotonda

Maggioni ha introdotto le opportunità del programmatic su locale: ottimo impatto a livello di fatturato: scarso impatto a livello di clienti diretti; inventory con potenzialità extra locali; accesso a clienti “qualificanti”; yeld management. Le sfide, invece, consistono nel fatto che: anche i clienti locali cominciano a conoscere il RTB; c’è una tendenza all’affollamento (soprattutto su pc); c’è il rischio di malvertising; diminuisce il RTB e crescono i private deal. Spadini ha descritto la “Media Storm”, che le agenzie si trovano a dove affrontare ogni giorno e che coinvolge temi come engagement, transparency e trust. «Continuiamo a investire per creare valore e permettere ai clienti di avere massima visibilità e controllo su tutto il processo di acquisto. Sta poi alla bravura dell’agenzia e al suo ruolo di consulente stabilire se il programmatic funziona o è meglio farne meno per quel determinato investimento».

Trasparency is the new black

Ha concluso la mattinata Domenico Pascuzzi, direttore national marketing di Italiaonline, che ha sottolineato l’importanza della trasparenza con particolare riferimento a viewability e brand safety. «Per l’advertiser trasparenza significa brand safety, planning e filiera trasparenti; mentre per il publisher è chiarezza su bidding process, misurazioni e creatività di qualità. Qualità e trasparenza sono obiettivi comuni per tutti gli attori della filiera. È necessario creare cultura e consapevolezza sul tema, oltre a investire nella qualità del media, nei contenuti, nelle inventory e nelle audience. L’approccio integrato prodotto-offerta pubblicitaria deve mantenere una bassa pressione pubblicitaria e il più possibile l’esclusiva nello scroll. I modelli di planning devono essere accurati, efficienti, sinergici con gli altri media e il più possibile rispettosi nei confronti dell’utente, cui bisogna offrire forti garanzie di trasparenza sul posizionamento degli annunci. All’interno dello sviluppo di programmatic e marketing automation i private deal registrano un Cagr 2015-2017 del 90%». In generale, ha concluso Pascuzzi, è necessario trovare le giuste regole per sostenere la crescita del mercato, internazionalizzando le esperienze.

EY: «La marketing automation non è solo un tool, ma una trasformazione aziendale»

I comportamenti dei consumatori continuano a cambiare, e le tecnologie sono un forte supporto per abilitare le nuove capacità di interazione con i consumatori.  «Alcuni progetti che sfruttano il machine learning hanno lacune gravi, e queste sono piuttosto ricorrenti. Manca una chiara visione su gonvernance e skills, la capacità di capire come implementare le macchine e un’idea chiara su come monetizzare attraverso di esse», spiega Fabio DottiEY Advisory. Le aziende che adottano queste tecnologie devono lavorare, in particolare, su tre aree per raccoglierne dei vantaggi: «Per quanto riguarda i processi, bisogna lavorare sulla fase di planning e sul processo di definizione della campagna, poi ripensare l’impostazione della user experience, capire il miglior metodo d’implementazione e imparare come utilizzare gli strumenti di test e monitoring, che sono flessibili e permettono di aggiustare il tiro delle campagne in base agli insight; è necessario, poi, portare nuove competenze in azienda e creare nuove figure professionali, come il customer journey strategist, il customer journey builder, risorse ibride a cavallo tra IT e marketing (gli IT PMO), e data analyst capaci di ricevere gli insight e ricalibrare le campagne; è fondamentale, infine, rivedere l’effective governance model, definendo una struttura precisa a cui interfacciarsi, valutare se conviene avere la tecnologia in casa o prenderla in outsourcing», aggiunge Dotti. «La marketing automation non è solo un tool, ma una trasformazione aziendale», conclude.

Teads, uno scorcio sul video advertsing: nel futuro ads conversazionali e auto-assemblate

Il video advertising sta ampliando i suoi orizzonti abbracciando formati nuovi legati alle dinamiche che caratterizzano il mondo digitale contemporaneo. «I nuovi formati, alla cui base ci sarà l’artificial intelligence, dovranno essere interattivi, mobile, data driven e conversazionali. Devono coinvolgere l’utente chiedendogli di scegliere tra un set di opzioni capaci di condurre la creatività in direzioni diverse. Una campagna di questo tipo, #BodyAsABand, ha portato a casa anche un premio a Cannes. I contenuti pubblicitari vanno pensati, poi, sulle caratteristiche del device, mantenendo così una fruizione naturale. È possibile comunque riadattare le creatività pensate per media diversi: la piattaforma Teads Studio, ad esempio, offre strumenti per aggiungere elementi interattivi e ridimensionare i video. I dati, di prima e terza parte, potranno svolgere funzioni differenti. Oltre alla costruzione di segmenti sempre più precisi, permetteranno la costruzione di video personalizzati. Registrando piccole clip video ad hoc, meccanismi di AI saranno in grado selezionare alcune e comporre creatività in tempo reale, regolandosi sulle preferenze dell’utente che ne fruisce. L’elemento conversazionale, infine, vuole proporre un dialogo diretto col brand. Un esempio è l’inserimento di chat all’interno delle ads; Teads propone già questa soluzione e abbiamo registrato un livello di engagement più alto della media», racconta Dario Caiazzo, managing director Italia di Teads.

Digital Out Of Home, il tavolo di lavoro presenterà un white paper entro fine anno

«Da circa un anno sono attive sperimentazioni  sull’ooh digitalizzato in ottica data driven, con modalità vicine al web. È attivo un tavolo di lavoro per produrre una guida che racconti cos’è l’out of home e come si aggancia al digitale, fino ad arrivare all’erogazione in programmatic. Lavoriamo con l’obiettivo di presentare il white paper per la fine dell’anno», dichiara Marco Valenti, co-founder e ceo di Moving Up. Le modalità in cui si declina il digital out of home sono diverse, come testimoniano i protagonisti del panel sul palco dello Iab Seminar Programmatic: «in Class lavoriamo attraverso Telesia, e ci stiamo preparando al people counting per gli schermi outdoor. Una volta stabiliti gli standard sarò possibile integrare i dati di prima parte con quelli di terzi per portare la logica one-to-one anche alla go-tv e alla tabellare», spiega Andrea Salvati, vice president for sales coordination and digital development di Class Pubblicità e senior consultant for Digital Transformation di Class Editori: «Grandi Stazioni Retail vende campagne adv nelle stazioni attraverso trading desk, e i clienti ci richiedono dati sempre più precisi. Ci stiamo agganciando a dsp digital per dare ai marketer la possibilità di ampliare il ventaglio della proposta digital adv», afferma Marco Orlandi, media & advertising operations & product innovation di Grandi Stazioni Retail.

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«In 8 anni e mezzo, in UK, sono state consegnate 6 milioni di creatività uniche su tabelloni tradizionali, nell’ultimo anno e mezzo, invece, i tabelloni digitali ne hanno consegnate 9 milioni. In Gran Bretagna, il 50% del fatturato di Clear Channel proviene già da impianti digitali; in Italia è il 20% ma ci sono tutte le premesse per colmare il gap», dice Paolo Dosi, ceo di Clear Channel Italia; «Il segmento programmatic dooh è ancora immaturo, ma il mercato spinge. È molto importante fare attenzione alla pertinenza. Non si possono portare creatività desktop e mobile nell’outdoor, ma anche l’attenzione alla creatività stessa. Se fa freddo, per esempio, un’immagine di un ragazzo in maniche corte non avrebbe senso. I dati aiutano in questo. Non bisogna dimenticare che è comunque un media fisico, e in quanto tale non va confuso con logiche digital only. Essendo però la vendita degli spazi in programmatic, è possibile frazionare le audience, e questo apre le porte del dooh anche a inserzionisti con budget minori», conclude Michele Casali, marketing manager di IGPDecaux.