Autore: Redazione
10/05/2017

Festival of Media Global: P&G e Unilever/Beintoo protagonisti a Roma

Nel secondo giorno della kermesse capitolina spazio all’esperienza di alcuni dei più importanti inserzionisti

Festival of Media Global: P&G e Unilever/Beintoo protagonisti a Roma

 Dall'inviato a ROMA, Francesco Lattanzio

P&G: “Chi gestisce budget adv da miliardi di dollari non può prescindere da misurazioni esterne e verification”

Sul palco del Festival of Media, il global media director di P&G, Gerry D’Angelo, rinnova la posizione della multinazionale: standard condiviso per la viewability, misurazioni di terze parti, analisi dei contratti con le media agency partner e prevenzione dell’ad fraud sono i punti su cui lavorare per ripulire il digital adv

Alla fine dello scorso gennaio, Marc Pritchard, chief brand officer di Procter & Gamble (P&G), aveva espresso tutto il suo disappunto per le oscurità presenti nelle pratiche pubblicitarie di agenzie e centri media, proponendo contestualmente alcuni punti che la holding ritiene imprescindibili per lavorare con gli ad player.

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Il tema è tornato attuale ieri, dopo che la holding ha ufficializzato un importante passaggio di testimone tra i suoi partner ad tech. Sono stati interrotti i rapporti con AudienceScience, e Neustar sarà il nuovo player a fornire la DMP al gigante. Lo stesso Pritchard ha annunciato che P&G non collaborerà più con agenzie che non siano certificate dal Media Rating Council e che soddisfino i suoi requisiti di trasparenza.

«Ci sono delle condizioni che la industry non può ignorare per migliorarsi. È fondamentale adottare uno standard condiviso da tutta il mercato per determinare la viewability, implementare le misurazioni di terze parti, analizzare i contratti con le media agency per renderli il più chiaro possibile e prevenire l’ad fraud in ogni modo possibile», conferma Gerry D’Angelo, global media director di P&G. «Per alzare l’asticella dell’ad industry ci vogliono tempo, sforzi e investimenti. La presa di posizione vuole essere una chiamata alle armi, a non perdere tempo e risorse per stimolare l’ambiente pubbicitario a diventare un territorio migliore su cui crescere».

«Pritchard non ha fatto una sparata casuale. P&G ha obiettivi chiari e vuole lavorare nella chiarezza. Noi, come ogni altra azienda, abbiamo bisogno di sapere per davvero quante persone entrano in contatto con l’adv, quali sono i ritorni sugli investimenti e così via», continua.

Tom Denford, chief strategy officer, ID Comms, ricorda che Pritchard aveva dichiarato “You can’t let the fox guard the henhouse” (non puoi dare le tue chiavi di casa a un ladro), rivolgendosi proprio all’ “opaco” mondo dei centri media e delle ad tech. «Quando spendi miliardi di dollari hai bisogno di una verifica esterna. Questo non vuol dire che non crediamo a centri media e fornitori tecnologici, ma solo che abbiamo la necessità di accertarci di come vengono spesi i nostri soldi. Marc ha parlato molto della maturità di digital space e degli editori, e pratiche come le misurazioni di terze parti e verification sono una parte fondamentale di questo processo», aggiunge ancora D’Angelo.

«Prima che entrassi in P&G il problema sembrava irrisolvibile, poi si è fatto gruppo e le cose si stanno iniziando a muovere. Le pretese che abbiamo avanzato non sono state certo imprevedibili. Chiediamo che ci si impegni per andare oltre certi limiti. Chiunque abbia un budget da investire ha anche la responsabilità di dettagliare le allocazioni e spiegare le sue mosse», continua.

Ma quali sono le mosse di P&G? Di preciso, vuole sapere Denford, come sono concepite le strategie di marketing? Sono dirette alla massa o sono personalizzate sull’utente? «Decliniamo su massa e utenti allo stesso tempo. Dobbiamo far crescere il business, ma contemporaneamente dobbiamo parlare con più categorie di persone possibili. Abbiamo un ramo a cui ci riferiamo, e questo è molto grande e inclusivo, ma è anche segmentabile in centinaia di parti. Il targeting è molto utile per definire i messaggi, ma la personalizzazione è restrittiva se poi dimentichi la massa. Non dobbiamo dimenticarci che ci rivolgiamo a una mole enorme di persone», conclude D’Angelo. 

Unilever: «In Italia, il CTR di una campagna raddoppia se si analizzano le preferenze degli abitanti di ogni regione»

Beintoo ha supportato la holding in diverse attività di marketing attraverso i suoi strumenti geo-behavioural per mobile e ha ottimizzato i messaggi pubblicitari in base alla recettività degli utenti di ogni area geografica. L’azienda ha aggiunto da poco l’Attribution ai suoi pilastri teorici e sta adottando un approccio consulenziale

«Ogni giorno, in media, l’utente smartphone intrattiene 76 sessioni al giorno, che si traducono in due ore complessive di utilizzo. Il mobile è diventato un ponte tra online e offline, che consegna agli advertiser la possibilità di raccogliere una grande mole di informazioni. Tra queste ci sono le più precise possibili: i geo-data». È difficile obiettare a quanto ha dichiarato Andrea Campana, ceo di Beintoo, sul palco del Festival of Media di Roma. I geo-behavioural data, l’incrocio tra le azioni online e offline, consegnano, infatti, un profilo molto preciso dell’utente da cui è stato ricavato, aumentando le opportunità di conversione delle aziende che vogliono raggiungerli attraverso la pubblicità.

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Tra quelle che hanno deciso di puntarci, e di puntare su Beintoo, c’è Unilever. Paola Saggese, media director Southern Europe & CEE della holding, ha infatti dichiarato di aver applicato i servizi offerti dalla struttura di Campana per alcuni suoi prodotti e ne ha raccontato i campi applicativi per raggiungere i suoi obiettivi: «si può pensare a strategie di comunicazione di ogni tipo, ma alla fine l’obiettivo di ogni azienda è vendere i suoi prodotti. Attraverso le tecnologie di Beintoo, abbiamo scoperto che in Italia i target a cui ci rivolgiamo sono molto diversi da regione a regione. È molto diverso anche il modo di declinare i messaggi in relazione alla diversità degli store dove i prodotti sono venduti. Noi abbiamo marche che vanno dalla farmacia al supermercato, e così via. Abbiamo scelto di utilizzare mobile e geolocalizzazione, e questi strumenti sono stati fondamentali per capire le reazioni dei vari utenti nelle diverse aree della nazione. Facendo qualche test siamo riusciti a definire le reazioni e a costruire messaggi pubblicitari efficaci per ogni regione e per i diversi tipi di utenti al loro interno. Il click through rate è raddoppiato».

L’approccio di Beintoo si divide in cinque pilastri strategici: Data, creatività, Geolocation, Drive to store e Attribuzione. «Quest’ultimo è stato aggiunto da poco, ed è il pezzetto che ci mancava», commenta a margine dell’intervento Marilena Pellegrini, vp Sales Italia. I dati sono il fondamento del marketing contemporaneo e «raccogliendo le informazioni geobehavioural attraverso il device ID, disponiamo di informazioni molto fresche. Vengono conservate per massimo 30 giorni e ci permettono di essere sempre aggiornati sui comportamenti dell’utente». A questi si aggiunge una forza creativa «che risiede in un team dedicato composto da sei persone. Siamo capaci di sviluppare internamente creatività di qualunque tipo, anche interattive, che in alcuni casi hanno generato interazioni molto prolungate da parte degli utenti. Queste sono tutte concepite per il device». Il Drive-to-store è una conseguenza della natura mobile: “consiste nella capacità di inviare messaggi pubblicitari puntuali, che tengano conto della posizione e della disposizione dell’utente». Un elemento coordinato con l’Attribution, ovvero «la possibilità di capire qual è stata l’efficacia pubblicitaria attraverso l’individuazione degli utenti che si sono effettivamente recati al negozio fisico o hanno acquistato sui canali digitali. Attraverso questo servizio siamo in grado di monitorare non solo le campagne mobile o desktop, ma anche quelle condotte su altri media”, spiega ancora Pellegrini.

A questi pilastri si aggiunge un servizio supplementare. «Spesso i clienti ci richiedono report di insight sulle audience, sulle reazioni alla campagna anche in relazione all’area geografica. Sono analisi reportistiche qualitative, che conduciamo con approccio consulenziale. I clienti sono disposti ad allorare anche budget più grandi se hanno più info su quello che generano i loro investimenti», conclude.