Autore: Redazione
25/09/2017

Upgrade Academy svela i segreti dei big data e del programmatic advertising

La prima edizione del format di Upgrade Italia si è tenuta giovedì scorso a Milano. Una giornata di approfondimento su alcuni dei temi più caldi dell’industry con esperti del settore che hanno portato il proprio contribuito da insider e un nutrito pubblico di player del settore invitati a incontrarsi e confrontarsi

Upgrade Academy svela i segreti dei big data e del programmatic advertising

di Anna Maria Ciardullo

Grande successo giovedì scorso a Milano per la prima edizione della Big Data Academy, il format di Upgrade Italia nato per fornire a manager, senior account, imprenditori, responsabili d’azienda, nozioni e competenze pratiche utili a comprendere alcuni tra i fenomeni più attuali del mondo digitale come i big data e il programmatic advertising. “Siamo già avviati oltre i big data. Dati e profilazioni si sono evoluti fino a diventare ‘smart’, ossia capaci di guidare i marketer alla comprensione profonda delle intenzioni degli utenti. Questo, dimostra l’estrema e costante evoluzione della tecnologia a supporto della pubblicità digitale e l’importanza, per i player del settore, di aggiornarsi e confrontarsi per affrontarne la complessità. Lo scopo di Upgrade è proprio questo, contribuire a diffondere la cultura della digital trasformation”, spiega Aureliano Roio, founder di Upgrade Italia.

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Aureliano Roio introduce i lavori  

Protagonisti sul palco dell’Academy sei illustri relatori: Riccardo Polizzy Carbonelli e Oliver Kanders, rispettivamente VP Publisher & Adv Partnership e Director Market Building & Marketing della data platform globale zeotap, Paolo Serra, Programmatic Expert e Co Founder di Kahuna, Gaetano Polignano, Country Manager della programmatic platform Tradelab,Riccardo Guggiola, Digital Media and Big Data Consultant e Roberto Carnazza, Ceo di Weborama.

Kanders descrive la rivoluzione dei dati al pari di quella industriale con la sostanziale differenza che la vede evolversi in modo enormemente più veloce e complesso. Il 90% dei dati mondiali sono stati creati solo negli ultimi 2 anni, ricorda infatti Polignano. Quali sono, dunque, i dati più utili e importanti? Come riconoscerne la qualità e quale provenienza preferire? “La risposta non è sempre a senso unico, la vera sfida posta oggi di fronte alle aziende è quella di studiare il funnel in modo approfondito per comprendere come mixare dati di prima, seconda e terza parte affinché il loro utilizzo risulti strategico per gli obiettivi specifici di ciascun business” spiega ancora Kanders.

Il nuovo petrolio

La complessità di raggiungere questo scopo è evidente anche dal numero dei dati disponibili che, oggi, è cresciuto in maniera esponenziale fino a raggiungere volumi davvero inimmaginabili. Si parla di oltre cinque quintilioni di bytes di dati al giorno provenienti da circa 60 trilioni di pagine presenti sul web. Le potenzialità che offrono li ha trasformati a tutti gli effetti, in termini di valore, “nel nuovo petrolio” ha commentato Serra nel suo intervento. “Il dato e la tecnologia sono come un mirino che ci permette di sparare nel “mucchio di internet” senza sprecare le nostre cartucce a disposizione” aggiunge Polignano.

Ma, estrarre questo petrolio è ancora un’attività complessa e lo è ancor di più utilizzarlo, poiché ricostruire l’intera customer journey richiede competenze molto specifiche, investimenti mirati e un’ulteriore raffinazione della tecnologia che innalzi gli standard qualitativi.

Tuttavia, si può già fare molto e l’advertising è, senza dubbio, l’industry che può beneficiarne maggiormente, poiché, un utilizzo integrato dei big data permette di implementare il proprio business in real time e di conoscere la propria target audience come non era mai stato possibile. Facile, allora, comprendere perché il programmatic è una tecnologia in costante crescita, anche in Italia, dove è aumentato del 28% rispetto al 23% dell’anno scorso con un picco particolare nel comparto video. Persino l’Out of Home e la TV stanno diventando prodotti digitalizzati aprendo, quindi, nuove strade all’applicazione della tecnologia.  Per non parlare dell’imminente ondata di dispositivi dell’Internet of Things (IoT), o dei dispositivi domestici collegati, ulteriori canali di interconnessione tra brand e utenti.

Da Big data a Smart Data

Posto che tutti i dati possono essere importanti se utilizzati correttamente, quelli che fanno davvero la differenza, oggi, sono i cosiddetti dati “intenzionisti” ossia quelli che consentono di sapere cosa l’utente vuole e in quale preciso momento.

“È fondamentale trovare soluzioni verticali che rispondano alle problematiche degli inserzionisti e non più adagiarsi in soluzioni one-fits-all” spiega Polignano. Per questo, non si parla più solo di big data ma di smart data, dati raccolti in modo “intelligente, creativo e furbo” affinché il loro mix risulti profittevole.  “Un approccio verticale per settore è più complesso e più costoso, naturalmente, ma è probabilmente il futuro del programmatic e rappresenta la via più sicura per aumentare, non solo le performance, ma anche la forza di un’azienda che, beneficiando di segmentazioni customizzate, bidder personalizzati, modelli di attribuzione più raffinati può contare su risultati reali e misurabili” continua Polignano.  “Questi segmenti permettono di lavorare non solo sulla conversione e sul breve periodo ma anche sul branding e sul lungo periodo. Una volta creati profili completi utilizzando tutti i dati a disposizione si possono cercare gli utenti simili al modello creato per ingradire i cluster. I dati sono tutti utili, poiché, ogni livello del funnel ha bisogno del dato e, per funzionare al meglio, il mix di tutte e tre le tipologie”, aggiunge Carnazza.

Guggiola, nel suo intervento, ha dato un’infarinatura di come le aziende dovrebbero gestire il processo di segmentazione di un cluster e su quali professionalità puntare per avere un sistema aziendale efficiente in termini di data driven strategy. Non è mancato anche un accenno alla situazione normativa che regola l’utilizzo dei dati, come l’imminente GDPR che entrerà in vigore il prossimo 25 Maggio. Successivamente, è entrato nello specifico di cosa sia e come funziona una DSP o demand side platform, che permette di erogare campagne pubblicitarie in programmatic abilitando le connessioni con l’ad exchange e gestire la relazione tra bid request e bid response

I trend di settembre

Infine,  si è parlato dei tre trend più caldi del momento in tema di programmatic. Il primo vede le firme dell’ad tech fondersi per unificare i servizi di erogazione sia dalla parte buyer sia dalla parte seller nella cosiddetta formula “full stack”. Si sta diffondendo, poi, come risposta all’header bidding, il cosiddetto SPO o supply path optimization con l’intento da parte delle DSP di ottimizzare i bid e garantire maggiore trasparenza. Infine, il second price delle aste si sta trasformando in un first price, un’altra risposta all’header bidding che gli ad exchange (tutti gli ad exchange lo stanno testando escluso Google AdEx per il momento) stanno approcciando con l’intento di ottimizzare ulteriormente le aste. <