Autore: Redazione
20/07/2017

GEN Summit: Facebook e Google (insieme?) alla conquista degli editori

“Dovremmo collaborare per il bene del giornalismo”, ha affermato Campbell Brown, head of News Partnerships di Facebook, all’appuntamento andato in scena di recente a Vienna. Intanto, dagli Stati Uniti parte la crociata contro i giganti del tech con la News Media Alliance

GEN Summit: Facebook e Google (insieme?) alla conquista degli editori

Articolo a cura di Claudio Semenza

Ora che la News Media Alliance statunitense ha dichiarato ufficialmente guerra al duopolio Google-Facebook, la pace globale tra i colossi del tech e gli editori diventa una chimera. La richiesta avanzata al Congresso Americano dall’associazione che raccoglie oltre duemila testate tra Usa e Canada, compresi New York Times, Wall Street Journal e Washington Post, è di quelle che non lasciano margini di trattativa tra le parti in lotta: vengano sospese le norme antitrust per i media. Ovvero quei vincoli che di fatto danneggiano gli editori e impediscono loro di associarsi per combattere sul mercato pubblicitario un mostro a due teste capace di controllare, secondo il Pew Research Center, il 70% dell’advertising digitale statunitense. E il 50% di quello globale. L’Alliance chiederà, poi, che gli editori partecipino in misura maggiore alla spartizione dei ricavi realizzati da Google e Facebook grazie ai loro contenuti, che le piattaforme aiutino le testate a incrementare gli abbonamenti, che condividano i dati sugli utenti e che sostengano i brand, informando in modo più chiaro i lettori su quale sia la fonte di ogni notizia. A muso duro, insomma.

Il tentativo del GEN Summit di Vienna

Eppure di recente, a Vienna, in occasione del GEN Summit organizzato dal Global Editors Network, Google e Facebook avevano provato a seppellire l’ascia di guerra davanti a oltre 750 tra giornalisti e operatori dell’informazione provenienti da tutto il mondo. Il tema della tre giorni era caldissimo: “From post-truth to virtual reality: navigating media’s future”. Sul tavolo c’erano le fake news, le notizie false che hanno messo in seria difficoltà Facebook e Google, accusati di avere (seppur involontariamente) agevolato il business di improvvisati pseudo-editori senza scrupoli, capaci di fare soldi a palate grazie alle pseudo-notizie amplificate dalle condivisioni social e monetizzate spesso con AdSense.

Ma a Vienna si è parlato molto anche di innovazione, cavallo di battaglia di Google e Facebook, che hanno di fatto deciso di proporre una “alleanza riparatrice” agli editori per aiutarli a evolversi e a monetizzare meglio. Ciascuno con la propria formula, certo, ma l’obiettivo dei due è identico. E urgente. Anche perché nella nobile Aula der Wissenschaften, dove si sono tenute le sessioni principali del GEN Summit, aleggiava spesso lo spettro di una “Regolamentazione” con la “R” maiuscola: possibili nuove norme per riequilibrare una situazione assai sbilanciata a svantaggio dei publisher: “Se le piattaforme non raggiungono un accordo con gli editori, se non accettano di sottostare alle leggi dei media che già esistono, prima o poi i governi e le istituzioni entreranno in campo e imporranno nuove leggi - ha detto Grzegorz Piechota, Research Associate presso l’Harvard Business School - e a quel punto perderemo tutti. Ogni volta che sento parlare di nuove leggi sui media mi si gela il sangue. Ma in assenza di un accordo andremo a finire là”.

“Non siamo media company”, ma…

“Non siamo una media company”, ha ribadito decisa Campbell Brown, head of News Partnerships di Facebook. “È vero, però, che negli ultimi anni il comportamento dei nostri utenti è cambiato”, ha ammesso. Ovvero: meno gattini, meno amarcord, meno foto del liceo. Ora i due miliardi di persone che affollano le bacheche del social network di Mark Zuckerberg “vogliono sempre più condividere le news”, ha spiegato Brown. “Questo significa, per Facebook, essere una parte importante dell’ecosistema dell’informazione. E significa anche avere una grande responsabilità sulle spalle”. Responsabilità che si sente addosso anche Google: “Sulle fake news dobbiamo lavorare con i giornalisti - ha detto Richard Gingras, vice president e head of News di Google -; dobbiamo creare una nuova architettura che raccolga dati, che sia in grado di controllare le notizie con più efficacia e, di conseguenza, consenta di dare vita a un’informazione sana, della quale l’utente possa fidarsi. Dobbiamo, però, stare attenti a cosa chiediamo ai governi di fare - ha ammonito Gingras -. Il web non si sarebbe evoluto senza la libertà di espressione. E le democrazie si affermano grazie alla capacità di dare voce a punti di vista differenti”.

Richard Gingras
Prima viene la monetizzazione

Ma quali sono le armi messe in campo da Google e Facebook per provare a conquistare gli editori? Da una parte, il Facebook Journalism Project, coordinato da Campbell Brown, offre alle media company la possibilità di partecipare direttamente allo sviluppo dei nuovi prodotti news di Facebook (“Collaborative Development of News Products”). “La priorità numero uno per gli editori è la monetizzazione - ha ribadito Brown -. Abbiamo lavorato con alcuni di loro sulla monetizzazione di video e ci sono progetti comuni per sostenere l’informazione locale: mi aspetto di vedere molti progressi su questo fronte già dal prossimo anno”. Per quanto riguarda l’innovazione digitale, Google agisce, invece, con il progetto DNI (Digital News Initiative), e con un approccio diverso: il funding. Mountain View ha messo a disposizione 150 milioni di euro e li sta distribuendo tra gli editori europei a supporto di progetti innovativi. Per ora 70 milioni hanno finanziato 350 progetti in 29 paesi. E a settembre ci sarà un nuovo round.

Giornalisti (in)formati

C’è poi tutto il filone della formazione per giornalisti. Per Facebook si chiama “Training and tools for journalists” e consiste in corsi gratuiti online e workshop nei vari paesi per aiutare gli operatori delle news a sfruttare al meglio le potenzialità offerte dal social network. Sull’altra sponda c’è il Google News Lab, che agisce su più fronti: “Siamo attivi in quattro aree - ha spiegato al GEN Summit Isabelle Sonnenfeld, News Lab Lead in Germania -. ‘Trust&Verification’ si mette al fianco degli editori per trovare soluzioni comuni al problema delle fake news e della disinformazione, ‘Data Journalism’ favorisce l’utilizzo degli strumenti di analisi di Google nel giornalismo, ‘Immersive Storytelling’ è a supporto al progetto Journalism 360 sulla realtà virtuale. Mentre ‘Inclusive Storytelling’ si pone come un aiuto concreto alle media company perché attraverso le tecnologie facciano emergere voci e prospettive meno rappresentate”.

Isabelle Sonnenfeld
Facebook: “Collaborare con Google”

Le iniziative per convincere gli editori che Facebook e Google non sono nemici, ma amici, si moltiplicano da una parte e dall’altra. “Io non vedo questa come una competizione - ha sentenziato Campbell Brown, nel suo speech conclusivo al GEN Summit -. La mia speranza è che noi possiamo sostenere gli sforzi l’uno dell’altro, e che, ad esempio, possiamo intervenire nelle aree nelle quali loro, magari, non sono del tutto focalizzati. Noi vogliamo imparare dalle iniziative di successo di Google, così come da quelle che invece non hanno funzionato. Credo che dovremmo collaborare con Google allo stesso modo in cui vogliamo collaborare con gli editori”. Ma di questo passo, per assurdo, potrebbe essere più facile un accordo tra Facebook e Google che non tra loro e le media company.