Autore: Redazione
23/06/2017

I video non sono tutti uguali: quali sono le differenze tra contenuti online e tv? Se n'è discusso ai Cannes Lions 2017

Attraverso diversi elementi è possibile mantenere elevata la concentrazione dell’utente quando guarda un filmato da mobile, in modo da condurlo a completare la view. La distribuzione è un altro fattore da tenere a mente

I video non sono tutti uguali: quali sono le differenze tra contenuti online e tv? Se n'è discusso ai Cannes Lions 2017

dal nostro inviato a CANNES, Francesco Lattanzio

Content is the king è un mantra che non accenna a tramontare, ma il trono su cui questo re si siede sta cambiando. Il consumo dei video televisivi avviene per il 41% da mobile, un device che necessita di una produzione ad hoc perché le dinamiche di utilizzo e le modalità di fruizione sono molto diverse dal piccolo schermo. La diffusione dello stesso filmato sui diversi media può avere effetti molto diversi e quindi i produttori devono utilizzare approcci diversi quando pensano al concept e al suo sviluppo.

Gli elementi del video: televisione vs. digital

La lunghezza è stata sempre indicata come un fattore differenziante tra i video online e quelli della tv lineare. Il fruitore medio dei primi spesso cerca contenuti corti e di rapida fruizione perché si trova in mobilità o perché ha poco tempo. Questo ha aspettative diverse dallo spettatore televisivo, e per soddisfarle ci si può avvalere dell’aiuto di elementi esterni allo storytelling utili a mantenere l’utente concentrato fino alla fine del contenuto. «I concept e i materiali che applichiamo alla costruzione di un video dipendono dalla piattaforma. Abbiamo declinato alcune serie create per il digitale anche in tv, ma ci siamo resi conto che non sono molto adatte. Utilizziamo un approccio specifico per ogni piattaforma, ovvero quando ci troviamo a sviluppare un contenuto partiamo dalle caratteristiche della destinazione dove verrà diffuso. Un filmato creato per YouTube non è uguale a uno che utilizzeremo su Facebook», spiega Dawn Ostroff, presidente di Condé Nast Entertainment, in una conferenza nel Palais dove si stanno assegnando i Cannes Lions. «In un video digitale non bisogna solo pensare alla storia da raccontare, ma anche a elementi capaci di catturare l’attenzione dell’utente minuto dopo minuto. Il pubblico televisivo è mediamente più vecchio di quello digitale, e per arrivare a quest’ultimo servono modi di girare e di fare storytelling particolari», continua Ostroff. «I giovani hanno più coraggio nel provare e nell’utilizzare tecnologie nuove», aggiunge Russell Simmons, storico fondatore della Def Jam e di All Def Digital, che tra le altre cose produce contenuti per YouTube Red.

La distribuzione

La differenza sta negli elementi con cui costruire i contenuti, ma anche nella distribuzione. Se la televisione raggiunge audience molto vaste, imponendo, nonostante l’esistenza dei canali tematici, una produzione a largo raggio, il digitale ha un’efficacia maggiore quando l’argomento viene diffuso nella piattaforma più adatta. «La distribuzione è la chiave. I network digitali sono allo stesso tempo stretti ed enormi: sono specifici, legati a un tema, ma non vogliono parlare a tutti. Si rivolgono invece a tutti gli interessati. Nonostante questo, i contenuti di qualità raggiungono audience molto vaste. Scegliere i canali giusti diventa quindi fondamentale», afferma Simmons. «I contenuti e le piattaforme che li ospitano devono essere sulla stessa lunghezza d’onda», conferma Ostroff.

Il fattore “rischio”

L’ambiente digitale ha una terza caratteristica che lo differenzia rispetto alla tv: il continuo cambiamento. «Tre mesi del mondo digitale corrispondono a due anni in quello tradizionale. I cambiamenti che avvengono in questo lasso di tempo sono così tanti da obbligare i produttori di contenuti a prendere dei rischi. Le informazioni sui viewer arrivano nell’immediato, e questo ci mette di fronte a un modo completamente nuovo di vedere i consumatori», dice Ostroff. La cartina tornasole per capire se il rischio è valso la candela sono i feedback. «Nel digital ci vuole un minuto per diventare virali, ed è con i feedback che si capisce se si è presa la giusta strada. Anche se l’audience non è subito enorme, da questi si può avere un’idea sul futuro successo del proprio contenuto. Bisogna prendere una strada e continuare a seguirla». È convinto Van Toffler, ceo e co-founder di Gunpowder & Sky.