Autore: Redazione
15/05/2017

DSP e SSP, il mercato chiede trasparenza e qualità

AdExchanger ripercorre le ultime evoluzioni del programmatic: come si stanno evolvendo le modalità d’asta alla luce delle pressanti esigenze degli advertiser attraverso la testimonianza di diversi protagonisti

DSP e SSP, il mercato chiede trasparenza e qualità

La pressione da parte delle Demand-side platforms (DSP) sulle sulle Supply-side platforms (SSP) sta aumentando al fine di migliorare la qualità e mettere fine ai ‘giochetti’ di quest’ultime nell’ambito dell’esecuzione di un’asta in modalità second-price, un modello standard che assegna al primo offerente il prezzo del secondo, al secondo quello del terzo, e così via. A riferirlo sono diversi professionisti del settore ad AdExchanger, che ha dedicato un lungo articolo al tema, richiamando in qualche modo il report sulla mancanza di trasparenza tra marketer e agenzie pubblicato l’anno scorso dalla Association of National Advertisers americana.

Alcune DSP hanno tagliato i rapporti con diversi fornitori lato offerta, finché questi non faranno pulizia tra l’inventory commercializzata. Tale pressione, secondo AdExchanger, potrebbe portare un beneficio tangibile a tutto l’ecosistema. E nonostante le varie DSP non stiano pensando a un’azione combinata, è possibile che gli effetti di un comportamento del genere costringano l’offerta a tentare di fare di più, in particolare chi offre inventory di scarso livello e chi ha fee molto elevati.

Sono tre i fattori di questa ultima evoluzione del programmatic: la stretta del mercato, l’header bidding e i costi crescenti, prosegue AdExchanger. A pochi anni di distanza dall’affacciarsi di problematiche quali bot, frodi e ad blocking, la frustrazione comincia a farsi sentire, soprattutto a causa della mancanza di trasparenza e di strumenti adeguati per garantire la brand safety. Le ultime vicende riguardanti YouTube, poi, non hanno fatto altro che alimentare le preoccupazioni esistenti tra gli advertiser.

Sul fronte tecnologico, per l’offerta le cose non sembrano andare meglio: l’header bidding semplifica alle DSP il processo di riallocazione dei bid su altri exchange. In passato, il ‘taglio’ di un exchange avrebbe provocato la perdita all’accesso a inventory di publisher premium. Oggi le stesse inventory possono essere trovate dovunque. Inoltre l’header bidding crea un incentivo finanziario alla diminuzione delle risorse di inventory. Questa tecnica, infatti, ha fatto crescere i costi per analizzare la qualità dell’inventory. E mentre la lotta alle frodi costa milioni alle DSP, un’inventory pulita ottimizza gli investimenti marketing.

“Manterremo sotto controllo i nostri costi infrastrutturali nella misura in cui possiamo eliminare i ‘cattivi’ attori”, ha dichiarato provocatoriamente Shawn Riegsecker, ceo di Centro. L’header bidding rende più trasparente un marketplace e le DSP possono analizzare i meccanismi di asta e le fee di ciascun exchange: se una medesima impression appare su più fonti a prezzi differenti, i buyer possono cominciare a tagliare le collaborazioni con i partner meno affidabili. “Potendo comprare la stessa impression da cinque differenti partner, sceglierei quella di chi è in grado di garantirmi la maggior trasparenza - ha dichiarato Tim Sims, VP of inventory partnerships di The Trade Desk -. Esiste un rischio significativo per i partner supply che non forniscono il medesimo livello di trasparenza”.

I motivi alla base della fine dei rapporti commerciali sono dovuti alla scarsa chiarezza nelle aste alla qualità del marketplace.

Il processo di asta

Con l’obiettivo di massimizzare il rendimento, molti exchange sono in grado di aumentare il prezzo nella second-price auction. “C’è una gran quantità di giochetti nel mercato che conosciamo, e ce ne sono altri di cui non sappiamo alcunché. Non li tollereremo così come nemmeno i nostri clienti”, ha detto Jacob Ross, chief product officer di MediaMath.

Uno dei comportamenti scorretti individuati dalle DSP riguarda un exchange dotato di un meccanismo in grado di mostrare una singola impression con lo stesso ID utente allo scopo di accrescere i prezzi. Le impression duplicate, infatti, incrementano le revenue sfruttando alcuni intoppi delle DSP: in questo modo ne confondono l’algoritmo restituendo offerte con prezzi molto diversi tra loro, penalizzando le DSP.

Un’altra tecnica molto discussa ha a che fare con l’utilizzo di first-price auctions o first-price auctions parziali. In questo caso gli algoritmi operano sapendo che anche a fronte di un bid molto elevato, sarà poi commissionato quello del secondo offerente. Ma gli exchange, per compensare gli editori, variano i floor price per guadagnare parzialmente quello che gli advertiser sembravano disposti a pagare.

A volte, un exchange sostiene di aver concluso un’asta second-price, ma il suo prezzo di equilibrio spesso si attesta leggermente al di sotto del bid: ciò significa che l’exhange ha scelto il floor price dopo il bid. Quando è successo, le DSP hanno chiuso le relazioni con i partner o li hanno costretti a terminare tale pratica. “Questo gioco è qualcosa di simile alla caccia tra gatto e topo nel mercato delle aste - ha spiegato l’amministratore delegato di DataXu, Mike Baker -. Ma se stai dicendo una cosa e ne fai un’altra, allora ti diamo una chance di cambiare, altrimenti ti tagliamo fuori”, ha ammonito.

Dato che l’header bidding rende più semplice rintracciare queste pratiche, AppNexus sostiene che gli exchange stanno cominciando a rendere più chiaro il processo terminando gli ‘auction games’, come li definisce Adexchanger. “La mia opinione è che questo gioco stia finendo. Le DSP stanno facendo progressi e ciascuno ha alzato il livello di guardia”, ha detto Patrick McCarthy, product management SVP di AppNexus.

Lato supply, Index Exchange sta promuovendo il passaggio a first-price auction trasparenti, legittimando una condotta spesso non gradita agli acquirenti. Ma le first-price auction sono una cosa sensata per l’header bidding, perché l’offerta più alta probabilmente vincerà una volta arrivata all’ad server, Google DFP. Una volta nell’ad server, il bid dell’exchange può competere l’ultima volta con uno spazio direct o Google AdX.

“Per competere in modo effettivo per l’inventory di un editore, e non accedere alle rimanenze, devono pagare dei compensi adeguati ai fini della vittoria”, sostiene Drew Bradstock, product SVP di Index Exchange. E alcune DSP, tra le quali AppNexus stanno sperimentando nuove vie d’asta in first-price, mentre MediaMath (DSP) e Rubicon Project (Exchange) mantengono un approccio più conservativo prediligendo un modello second-price.

“L’integrità del [modello] second-price deve assolutamente essere protetta - ha precisato Tom Kershaw, product head di Rubicon Project -. Ci sono exchange che si stanno muovendo verso un modello first-price auction, e questo potrebbe danneggiare l’industry”. Google, invece di abbandonare il second-price auction, ha migliorato le modalità di settaggio dei floor price per gli editori utilizzando dati storici (e non creando un floor price dopo aver visto un bid). “Le aste second-price hanno sempre rappresentato uno scambio tra la fornitura di incentivi per i buyer a biddare al giusto prezzo, ma sono anche risultate in un divario tra il prezzo più alto e il prezzo di chiusura che rappresenta un’opportunità perduta per il publisher,” dichiara Jonathan Bellack, director of product management di Google.

I modelli commerciali potrebbero cambiare a causa dell’esigenza di maggiore trasparenza da parte del mercato? “Pensiamo che le aste dinamiche saranno la fase finale per portare valore a buyer e seller. E potrebbero esserci differenti modelli per raggiungere quest’obiettivo”, ha concluso Bellack.

La qualità dei marketplace

L’header bidding fornisce al mercato programmatic anche la possibilità di evitare traffico fraudolento. E anche in questo campo le divergenze tra domanda e offerta affiorano allo scoperto: le DSP si lamentano ancora a causa dei troppi exchange attraversati da problematiche di questo genere. Gli exchange che hanno ripulito l’inventory invece non sono contenti del livello di remunerazione degli spazi.

MediaMath, che di recente ha lanciato Curated Market con l’obiettivo di controllare i costi infrastrutturali e aumentare la brand safety dei suoi partner, sta pensando di ripulire in modo importante l’inventory, acquistando solo quella di più elevata qualità. “Continuare a cambiare di continuo partner non è una strategia efficace a lungo termine - ha aggiunto Ross -. Invece di passare da 100 a 97 collaborazioni, cominciamo con un ristretto gruppo di grandi partner, aprendo a chi altro soddisfi i requisiti. La nostra priorità è la riorganizzazione della supply chain”.

L’header bidding consente ad AppNexus di identificare quali exchange hanno rapporti diretti con i publisher e quali invece potrebbero rivendere l’inventory. E se un exchange comincia ad aumentare i volumi di vendita di un publisher che invece è partner diretto di un concorrente, qualcosa potrebbe bollire in pentola, qualcosa come l’offerta della medesima impression in più aste. Se una SSP non ha un contratto diretto con un editore, non resta altro che terminare la collaborazione. “I buyer stanno conducendo ricerche e interrompendo gli scambi con quegli operatori che non riescono a dimostrare un rapporto diretto con l’editore”, ha dichiarato Bradstock di Index Exchange.

The end game

I prossimi diciotto mesi vedranno gli exchange andare verso il consolidamento, così com’è accaduto agli ad network nel 2009, prova a prevedere Ross di MediaMath. “Gli ad network che portavano valore erano in crescita ed evoluzione. Gli altri sono svaniti”. E solo alcuni exchange sopravviveranno, lasciando un settore forse più sano e prezzi più consistenti. “Se avessimo solo pochi exchange, allora le dinamiche d’asta sarebbero le stesse per tutti”, ha detto McCarthy di AppNexus.

Nonostante le DSP stiano con il fiato sul collo delle SSP per spingerle a migliorare la qualità dei marketplace e il processo di compravendita, l’industry troverà un suo equilibrio”, sostiene Bellack. “Un mercato sostenibile è equo sia per gli acquirenti che per i venditori, il modello specifico è meno importante di come il meccanismo raggiunga tale obiettivo”, ha affermato. E le pratiche scorrette e le frodi spariranno man mano che lo spazio competitivo maturerà. “Questo è un fenomeno a breve termine associato al cambiamento del panorama dell’industry – ha detto Kershaw -. Una volta chiuse le scappatoie, avremo delle basi molto più stabili per crescere e rinstaurare fiducia e integrità operativa”. <