Autore: Redazione
24/05/2017

ComScore, dati e misurazioni: «I marketer optano troppo spesso per la scelta più facile. Che è anche quella sbagliata»

Il digitale si evolve a grande velocità e la fretta spinge a scegliere di compiere pratiche che guidano a insight ingannevoli, a volte deleteri per il business. Deduplicazione degli utenti cross platform e un frequency capping accurato sono due punti focali su cui concentrarsi secondo l’intervento di Gian M. Fulgoni, Co-founder e Ceo di comScore

ComScore, dati e misurazioni: «I marketer optano troppo spesso per la scelta più facile. Che è anche quella sbagliata»

Anche nell’advertising, molto spesso «si preferisce la riposta semplice e sbagliata a quella difficile, ma giusta. Il digital è il media più misurabile, ma attenzione, è ancora lontano dall’essere perfetto. Il computer restituisce cosi tante metriche che è difficile dire quali sono appropriate, quali corrette, e quali ingannevoli».

Gian M. Fulgoni, Co-founder and Ceo di comScore, ha puntato il faro dello IAB Interact di Amsterdam sulle bad practise dei marketer quando si tratta di digital measurement, per riportare l’attenzione sulla necessità di rivedere le metriche utilizzate per la valutazione e il planning delle campagne. «Ogni 1.000 impression raccolgono da 1 a 4 clic, un numero troppo esiguo per farci dei ragionamenti di performance. Considerare il ctr come una metrica che indichi il successo di una campagna è ingannevole», e in Italia, il ctr medio si attesta allo 0,15%, il tasso più basso nei primi 5 Paesi europei dopo la Gran Bretagna (0,11%).

Le company indicono poi le loro online survey, ma i panel scelti sono composti per la maggior parte da heavy user del web. Questi non rappresentano la vera usage media dell’utenza online, sovrastimano le ore passate su internet al giorno (dalle 3,7 reali alle 5 riportate) e sottostimano quelle davanti alla tv. Allo stesso modo, i consumatori digitali USA dichiarano, in media, di effettuare online il 42% della loro spesa totale, mentre l’US Department of Commerce svela che la spesa online media è solo del 14% sul totale.

La precisione del cookie based targeting è piuttosto critica: «le impression digitali consegnate al targeting di riferimento sono, nelle prime 4 aree europee, tra il 39% (Francia) e il 47% (Italia). Il resto finisce nello schermo di utenti che molto probabilmente non ne sono interessati», continua Fulgoni.

Digital media e misurazioni devono continuare il loro processo evolutivo, questo significa non sedersi su standard acquisiti, ma mettere questi continuamente in discussione, in modo da scegliere sempre quelli più utili a raggiungere i risultati prefissi. «Abbiamo reso gratis la misurazione della viewability perchè credamo che questa sia necessaria, ma non sufficiente e vogliamo spingere a cercare di integrare nuovi strumenti. Dalla risposta che abbiamo avuto, ci sembra di offrire un servizio di cui la industry aveva bisogno».

Fulgoni è convinto che i cambiamenti nelle misurazioni dovranno svilupparsi attraverso sei driver. Il primo è la deduplicazione delle misurazioni dell’audience sulle diverse piattaforme a livello granulare. «Questo vuol dire interpretare il time shift viewing e la digital consumption di un network tv show. Dobbiamo migliorare le misurazioni attraverso le piattaforme, sviluppare le capacità di deduplicazione e capire la reach effettiva di una campagna cross-device», dice Fulgoni citando Irwin Gotlieb,  chairman di GroupM.

Importante, poi, «individuare il frequency capping effettivo nelle campagne multipiattaforma. Molte persone ricevono poche impression, altre ne ricevono troppe». Sottoforma di dati, questo si esprime nel 75,4% degli utenti che fruiscono del 23,7% delle ads, e di uno 0,8% che viene esposto al 33,3% delle inserzioni consegnate. «Un vero spreco se si pensa che dopo la 20 esposizione allo stesso messaggio l’efficacia dell’adv crolla, impression dopo impression, molto velocemente».

L’allineamento delle metriche tv con quelle del digital video è un altro punto focale, che si potrebbe superare calcolando l’audience media al minuto per un video in rapporto al numero di video digitali fruiti.

Anche i social media, poi, devono essere soggetti a una deduplicazione, così da poter individuare una reach reale dei messaggi.

Misurazioni più strette sulle campagne cross-platform possono mostrare la reale efficacia di un investimento spalmato su più media. «Nei beni di largo consumo il sales lift in negozio conferito da una campagna tv è l’8%, quello dell’addressable tv è +6,8% e il non targeted digital il +3,6%. Investendo in una campagna cross channel che comprenda tv e digital si ottengono i risultati migliori ottenendo un ROI del 60%. È il media mix più efficace».

A tutto questo però va unito un atteggiamento collaborativo da parte della industry. «Mi riferisco in particolare ai walled garden». Bisogna fare sistema per vincere questa sfida, ma bisogna farlo subito. Oppure è una partita che saremo destinati a perdere.